Imu: fictio iuris sui terreni edificabili estesa a tutti i comproprietari
di Luigi ScappiniIl Ministero dell’economia e delle finanze, con la risoluzione n. 2/DF del 10 marzo 2020, offre un’interpretazione di favore per quanto riguarda il settore agricolo e la “nuova” Imu.
Come noto, ai fini Ici, e poi Imu, l’imprenditore agricolo che riveste la qualifica alternativamente di coltivatore diretto o Iap, ha sempre fruito di un regime di favore, confermato anche dalla recente L. 160/2019 con cui è stato rimodulato il tributo locale, per quanto riguarda l’imponibilità dei terreni edificabili dagli stessi posseduti.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 741, lettera d), L. 160/2019, infatti, “Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili, i terreni posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali …, iscritti nella previdenza agricola, comprese le società agricole …, sui quali persiste l’utilizzazione agrosilvo- pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all’allevamento di animali”.
In passato era conclamato che, nel caso di contitolarità di un terreno edificabile e presenza di comproprietari non rivestenti le qualifiche di cui sopra, anche per essi si rendesse applicabile la fictio iuris con cui, di fatto, tali terreni si considerano “temporaneamente” non edificabili ma agricoli.
La Legge di bilancio per il 2020, tuttavia, ha creato qualche perplessità in ragione del dettato di cui al successivo comma 743 in cui testualmente viene affermato che “In presenza di più soggetti passivi con riferimento ad un medesimo immobile, ognuno è titolare di un’autonoma obbligazione tributaria e nell’applicazione dell’imposta si tiene conto degli elementi soggettivi ed oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso, anche nei casi di applicazione delle esenzioni o agevolazioni”, ragion per cui l’analisi letterale del disposto portava a concludere per il venir meno dell’estensione della fictio iuris ai soggetti non rivestenti le qualifiche richieste di coltivatori diretti e Iap iscritti alla previdenza agricola.
Ribaltando tale interpretazione, il Mef, con la risoluzione n. 2/DF/2020, ritiene che tale impostazione non possa essere condivisa, confermando l’applicazione dell’agevolazione a tutti i comproprietari del fondo, a prescindere dalle loro qualifiche, fermo restando, ovviamente, la sussistenza di almeno un soggetto “regolarmente” fruitore della fictio iuris e l’utilizzazione agrosilvo- pastorale.
Il Mef evidenzia che la previsione di cui alla lettera d) “ha dato solo veste normativa a un principio di portata generale già presente nel regime dell’Imu, in virtù del quale gli elementi soggettivi ed oggettivi non potevano che essere riferiti ai titolari della singola quota di possesso”, proseguendo “E proprio in quest’ottica, si sono pronunciati i Giudici di Legittimità quando hanno attribuito “carattere oggettivo” alla qualificazione dell’immobile come terreno agricolo e non come area edificabile; ed è di questo elemento di carattere oggettivo di cui occorre tenere conto quando il comma 743 richiede l’applicazione degli elementi…oggettivi riferiti ad ogni singola quota di possesso”.
In tal modo il Mef può sostenere che, nella realtà, l’aver riconosciuto valenza normativa a tali principio non ha portato a un’innovazione della norma, di modo che si rende possibile estendere le conclusioni cui era approdata in passato la giurisprudenza di legittimità, nonché lo stesso Mef, con la circolare n. 3/DF/2012.
A supporto di tale interpretazione estensiva della fictio iuris gli stessi arresti giurisprudenziali evidenziano come, diversamente concludendo, si giungerebbe ad avere un terreno che, nello stesso tempo, avrebbe sia veste edificabile sia agricola, in ragione dei requisiti soggettivi del titolare del rapporto di imposta.
A chiusura, la risoluzione n. 2/DF/2020 evidenza che, quasi a sopprimere sul nascere eventuali e comunque probabili contestazioni da parte dell’Anci, se si sposasse la tesi restrittiva “si arriverebbe comunque, in virtù dell’applicazione dei criteri di cui ai commi 741, lett. d) e 746, ad un’imposizione identica a quella conseguente l’applicazione della rendita catastale, se non addirittura a valori nettamente inferiori o prossimi allo zero, dal momento che, come chiarito dalla Corte di Cassazione, i comproprietari non qualificati “si trovano in una situazione d’impossibilità di sfruttamento edificatorio dell’area”. Circostanza quest’ultima che appare vieppiù avvalorata dalla stessa definizione generale di area fabbricabile di cui al comma 741, lett. d), laddove si riferisce “alle possibilità effettive di edificazione”.”.
Pur accettando, soprattutto in questo momento, con piacere un’interpretazione a favore del contribuente, non si può non evidenziare come questa posizione non convince, soprattutto per quanto attiene il requisito soggettivo richiesto dal comma 743, lettera d), L. 160/2019.
Inoltre, se tale estensione della fictio iuris si può condividere per quanto riguarda le molteplici situazioni del comparto agricolo in cui vi sono soggetti che si ritrovano comproprietari di terreni ereditati, altrettanto non può dirsi per tutte quelle costruzioni giuridiche tese a eludere un prelievo giusto.
In realtà, l’occasione è stata persa con la Legge di bilancio per il 2020, con la quale si poteva intervenire in tal senso.