Commissioni Pos corrisposte a soggetti non residenti ed esterometro
di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi TributariLe commissioni pagate ad una società inglese da un soggetto passivo italiano per il servizio Pos sono servizi generici rilevanti ai fini Iva in Italia ai sensi dell’articolo 7-ter D.P.R. 633/1972 (esenti da Iva) e devono essere indicati nell’esterometro.
È quanto emerge dalla lettura della risposta n. 91 dell’Agenzia delle entrate, pubblicata ieri, 11 marzo, in relazione ad una società italiana che utilizza un servizio fornito da una società inglese che permette di effettuare transazioni elettroniche corrispondendo a tale società una commissione per il servizio stesso.
Due sono i quesiti posti all’Agenzia delle entrate: in primo luogo l’individuazione della natura del servizio, ed in secondo luogo se tali operazioni debbano essere indicate nell’esterometro.
In merito al primo quesito, è bene ricordare che i servizi in questione, rientrando tra quelli di natura finanziaria, rilevano territorialmente in Italia in base alle regole indicate nell’articolo 7-ter D.P.R. 633/1972, in forza del quale i servizi generici rilevano ai fini Iva in Italia, nei rapporti B2B, quando il committente è ivi un soggetto passivo d’imposta.
Tuttavia, come si legge nella risposta dell’Agenzia, i servizi in questione sono assimilabili alle fee pagate per i servizi di pagamento di cui all’articolo 135, par. 1, lett. d), della Direttiva 112/2006, ai sensi del quale sono esenti da Iva “le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero dei crediti”.
Pertanto, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972, il committente soggetto passivo d’imposta deve integrare la fattura della società inglese in regime di esenzione Iva, in quanto prestazioni di cui all’articolo 10, n. 1), D.P.R. 633/1972.
L’Agenzia ricorda opportunamente che, ai fini Iva, il Regno Unito rimane, di fatto, Stato membro della Ue, e solamente a partire dal 1° gennaio 2021 le operazioni in questione dovranno essere oggetto di autofatturazione ai sensi dello stesso articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972 (sempre in regime di esenzione).
Per quanto riguarda il secondo aspetto, si ricorda che il cd. “esterometro” è previsto dall’articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015, in base al quale tutti i soggetti passivi residenti o stabiliti nel territorio dello Stato devono trasmettere “telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle operazioni di cessione di beni e di prestazione di servizi effettuate e ricevute verso e da soggetti non stabiliti nel territorio dello Stato, salvo quelle per le quali è stata emessa una bolletta doganale e quelle per le quali siano state emesse o ricevute fatture elettroniche secondo le modalità indicate nel comma 3“.
Nel caso di specie, trattandosi di servizio ricevuto da soggetto passivo d’imposta non stabilito ai fini Iva in Italia, l’Agenzia delle entrate conferma che l’operazione deve essere indicata nella comunicazione di cui al riportato articolo 1, comma 3-bis, D.Lgs. 127/2015 (esterometro) a prescindere dal suo trattamento Iva (nel caso di specie, come detto, il servizio è esente da Iva).
L’Agenzia ricorda che la circolare 14/E/2019 aveva precisato che, laddove il contribuente invii l’autofattura tramite Sdi, può evitare di indicare l’operazione nell’esterometro.
Tuttavia, poiché nel caso di specie il committente nazionale integra la fattura del soggetto inglese (quale soggetto comunitario fino al prossimo 31 dicembre 2020) e non emette alcuna autofattura, non è possibile evitare l’esterometro.
Si ricorda, infine, che, in base alle modifiche introdotte dal D.L. 124/2019, a partire dal 2020 l’adempimento in questione non ha più cadenza mensile bensì trimestrale.