Decreto Cura Italia: inadempimento per sopravvenuta impossibilità
di Alessandro CarlesimoIl D.L. 18/2020 pubblicato il 17.03.2020 in Gazzetta Ufficiale, tra le altre misure di misure di contenimento degli effetti legati alla diffusione epidemica del Covid-19, prevede dei rimedi per la gestione di determinati rapporti contrattuali nei quali non risulta più possibile procedere all’adempimento della prestazione.
Come è facile intuire, gli scenari attuali e prospettici renderanno oggettivamente difficoltosa l’esecuzione completa di svariati negozi, sollevando non pochi problemi laddove il sinallagma contrattuale non si sia ancora verificato o, per meglio dire, quando una delle due parti abbia adempiuto alle proprie obbligazioni e sia ancora in attesa della controprestazione cui ha diritto. In tal caso, un contraente si trova in una posizione di credito nei confronti dell’altra ed esige un’apposita tutela al fine di non vedere pregiudicati i propri interessi patrimoniali.
La disciplina generale dei contratti mette a disposizione degli operatori vari strumenti giuridici atti a governare ipotesi simili. Questi, talvolta, possono anche essere previsti ex ante ed operare senza che sia necessaria una apposita pronuncia giudiziale (si pensi, ad esempio, all’eventualità che nel contratto sia stata inserita una clausola risolutiva espressa).
In linea di principio, in circostanze calamitose entra in gioco l’articolo 1463 cod. civ., in forza del quale i contratti a prestazioni corrispettive non più eseguibili a causa di una sopravvenuta impossibilità, si risolvono ipso iure e la parte liberata dalla sopravvenuta impossibilità della prestazione deve restituire quella che abbia già ricevuto.
La situazione contingente, a ben vedere, integra tutti i presupposti elaborati a livello giurisprudenziale affinché possa configurarsi la risoluzione di diritto per sopravvenuta impossibilità: l’impedimento è infatti oggettivo, definitivo, improvviso e imprevedibile (Corte di Cassazione, sentenza n. 20811/2014).
Su questa falsariga muovono le recenti previsioni legislative trasfuse nel Decreto Cura Italia. Ad esempio, l’articolo 88, comma 2, dedica una specifica menzione ai contratti di acquisto di biglietti per la partecipazione agli eventi che sono stati oggetto di sospensione su tutto il territorio ad opera del D.P.C.M. 08.03.2020, nonché ai titoli di accesso a musei e agli altri luoghi della cultura.
Più in dettaglio, la norma prevede che ricorra “la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura”.
Più precisamente, in pendenza delle misure restrittive vige l’impossibilità assoluta di adempimento e si prescrive, a fronte di ciò, l’obbligo per il venditore di emettere un voucher di importo corrispondente al titolo acquistato.
Il perimetro di applicazione della norma citata è piuttosto ampio e ricomprende manifestazioni di vario genere, indipendentemente dal luogo in cui si tengono (suolo pubblico o privato), ivi compresi i biglietti di accesso ai luoghi della cultura diversi dai musei, quali aree archeologiche, biblioteche, archivi, parchi archeologici e complessi monumentali.
Il contratto stipulato tra venditore e acquirente viene quindi a cessare.
Tecnicamente il Decreto individua nel caso descritto una particolare attuazione dell’articolo 1463 cod. civ., annoverando tra le cause di forza maggiore anche le recenti restrizioni governative volte a fronteggiare l’emergenza epidemiologica.
Tuttavia, a differenza di quanto previsto dalla disciplina ordinaria, la cui applicazione determinerebbe direttamente il rimborso del corrispettivo percepito dal cedente, in questo caso si fa luogo alla ripetizione mediante l’attribuzione di un buono per l’acquisto di una prestazione di valore equivalente (ciò anche al fine di non aggravare la delicata situazione finanziaria degli operatori del settore).
In base alla novella, il titolare del biglietto deve attivarsi per ricevere il voucher presentando, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto, apposita istanza di rimborso al venditore ed allegando il relativo titolo di acquisto. Il venditore, entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta, provvede al rilascio del voucher. L’articolo 88 prevede altresì che il titolo sostitutivo possa essere utilizzato entro un anno dall’emissione.
Analoga sorte è stata prevista per i contratti di soggiorno e di viaggio. L’articolo 88, comma 1, D.L. 18/2020 e l’articolo 28 D.L. 9/2020 prevedono la risoluzione di questi contratti a seguito delle conseguenze (amministrative, organizzative o sanitarie) derivanti dal perdurare della pandemia ed il contestuale obbligo di rimborso del biglietto o di emissione un voucher di ugual valore utilizzabile entro un anno dall’emissione.
Si ritiene che la soluzione prescritta dal legislatore nelle due tipologie di negozi possa rappresentare la naturale evoluzione di molteplici fattispecie contrattuali parzialmente eseguite.
Ovviamente, resta fermo che, in alcuni casi potrebbe essere preferibile ricondurre le fattispecie nell’alveo delle ipotesi di impossibilità temporanea (ammessa all’articolo 1256 cod. civ.), nel qual caso l’esecuzione del contratto è sospesa senza che il ritardo possa essere in alcun modo imputato alla condotta dell’obbligato.
25 Marzo 2020 a 9:42
buongiorno, in merito ai viaggi organizzati all’estero nessuno degli articoli citati può essere invocato per le partenze successive al 3/4, in quanto i Tour Operator ribadiscno che le partenze sono bloccate dal DPCM fino al 03/04 (a nulla vale il fatto che il paese straniero abbia bloccato gli ingressi “perchè non c’è una data di fine blocco”), di conseguenze le partenze si ritengono confermate e l’eventuale recesso anticipato da parte del turista è soggetto a penali.