La causa di forza maggiore vale per tutti tranne che per il Fisco
di Giancarlo FalcoIn questi giorni infernali del “Covid 19” è stato evidenziato da più parti come una situazione del genere possa rappresentare una causa di forza maggiore tale per cui il debitore non possa essere considerato responsabile del mancato assolvimento dei propri obblighi.
D’altronde è stato lo stesso Governo a dichiarare lo stato di emergenza per un periodo di sei mesi con la delibera del Consiglio dei ministri dello scorso 31 gennaio (che ha fatto seguito alla dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus dell’Organizzazione mondiale della sanità del 30 gennaio 2020) e, successivamente, ad aver inserito nel decreto “Cura Italia” l’articolo 3 D.L. 6/2020 il comma 6 bis che prevede quanto segue: “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 cod. civ., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Lo scenario è dunque abbastanza chiaro e si presta a poche interpretazioni.
Tuttavia, purtroppo, come spesso accade, tali situazioni determinano conseguenze concrete in tutti i rapporti del mondo tranne che in quelli tra il Fisco e i contribuenti.
Ad oggi infatti i contribuenti italiani che non hanno adempiuto ai versamenti dovuti alle scadenze previste rischiano di ricevere – subito dopo il periodo di sospensione previsto dal “Cura Italia” – le richieste di pagamento dei tributi (attraverso i ben noti avvisi bonari, ingiunzioni di pagamento e/o cartelle di pagamento) “regolarmente” aggravate delle sanzioni amministrative previste nel nostro ordinamento nei casi di mancato versamento.
Tale problematica non è di poco conto, in considerazione della grossa mole di contribuenti che fino ad oggi non hanno avuto alcuna proroga dei versamenti (ovvero tutte le imprese che hanno avuto al 31.12.2019 ricavi superiori a due milioni di euro) ma che rischia di coinvolgere anche tutti gli altri con riferimento a quei specifici tributi che, comunque, non sono rientrati, ad oggi, in alcuna sospensione (ad esempio accise, ritenute su redditi da lavoro autonomo, ecc.).
Sul punto è stata già più volte sottolineata la presenza, nell’ordinamento tributario, di una norma che potrebbe essere applicata nelle attuali circostanze: è il D.Lgs. 472/1997 (“Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie”), infatti, a prevedere, all’articolo 6, le cause di non punibilità ed in particolare al comma 5 prevede testualmente che “non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore”.
Ora sul punto abbiamo un riscontro diretto anche da parte dell’Agenzia delle entrate.
Tra i vari quesiti a cui ha dato risposta nella circolare 8/E/2020 – nel rispondere ad una problematica relativa all’emissione di una fattura elettronica – l’Agenzia delle entrate, infatti, ha pubblicato un quesito in cui si chiedeva appunto se fosse “invocabile nel caso specifico l’esimente prevista dall’articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 in quanto si è in presenza di causa di forza maggiore che impedisce di assolvere correttamente all’obbligo”.
La risposta fornita, benché non favorevole al contribuente, ci dona un minimo di speranza: dopo una attenta dissertazione giurisprudenziale (sia nazionale che unionale) l’Amministrazione finanziaria conclude sul punto ritenendo che “con riferimento all’esimente di cui all’articolo 6, comma 5, del D.Lgs. 472/1997, la stessa può trovare applicazione in base ai principi di carattere generale prima richiamati, qualora l’Ufficio competente alla valutazione della ricorrenza degli elementi della forza maggiore ne ravvisi la sussistenza nel caso concreto”.
Ovviamente non potevamo aspettarci un accoglimento totale delle nostre tesi dall’ente preposto a comminare le sanzioni, ma possiamo vedere con ottimismo il bicchiere “mezzo pieno” ed accogliere dunque con favore quella che può considerarsi a tutti gli effetti un’importante apertura: ovvero il riconoscimento della forza maggiore nel caso in cui l’Ufficio ne ravvisi la sussistenza al caso concreto.
A tal fine è importante sottolineare che la nozione di forza maggiore, in materia tributaria e fiscale, comporta la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (si vedano come citate dalla stessa Circolare: Corte giust., C/314/06, punto 24, nonché Corte giust., 18 gennaio 2005, causa C-325/03 P, Zuazaga Meabe/UAMI, punto 25).
Riportando tutto all’attualità che stiamo vivendo appare evidente che tali requisiti siano presenti: con riferimento all’elemento oggettivo pare quasi superfluo soffermarsi (l’emergenza nazionale è, infatti, sotto gli occhi di tutti, oltre che formalizzata in delibere governative); dal punto di vista soggettivo, invece, come avrebbe potuto il contribuente “premunirsi” contro le conseguenze di tale improvviso disastro? Quali misure avrebbe dovuto adottare? Come si può sostenere che l’emergenza che stiamo vivendo non abbia determinato in modo necessario e inevitabile il comportamento del soggetto?
Riteniamo dunque che l’Agenzia delle entrate abbia riconosciuto un’apertura importante, con fattispecie concrete che sono dimostrabili dal contribuente.
Tuttavia rimane comunque auspicabile che sia il Legislatore a mettere la parola fine a tale questione, con un provvedimento normativo che possa evitare al contribuente, in questo difficile momento, quanto meno la beffa delle sanzioni amministrative.