Decreto rilancio: Iva ridotta (a zero) per i beni anti-Covid19
di Roberto CurcuIl D.L. 34/2020, all’articolo 124, ha apportato delle modifiche al regime Iva di quei beni che si stanno rendendo particolarmente importanti per fronteggiare l’emergenza Covid-19.
In particolare, il comma 1 ha inserito nei beni soggetti ad aliquota del 5% una serie di prodotti, tra i quali troviamo apparecchiature mediche tipo ventilatori polmonari, ecotomografi ed elettrocardiografi, mascherine, articoli di abbigliamento protettivo per finalità sanitarie, detergenti disinfettanti per mani, attrezzature per ospedali da campo, ecc..
Il comma 2, inoltre, ha previsto che, fino al termine dell’anno 2020, le cessioni di tali beni sono esenti, con diritto alla detrazione.
La norma si presta a qualche problema interpretativo e di applicazione pratica.
Partiamo dall’aspetto temporale: nonostante la norma faccia riferimento al regime di esenzione per il 2020, è evidente che la stessa, salvo diversa indicazione, non può avere efficacia che per il futuro.
Il D.L. è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19 maggio in prossimità della mezzanotte, e quindi è entrato in vigore in tale data e solo da tale data può essere applicato il nuovo regime. Logica normativa vuole che per le fatture già emesse con Iva il 19 maggio, per operazioni effettuate lo stesso giorno, sia emessa nota di variazione.
Per quanto riguarda il regime applicabile fino a fine anno, in Italia non è la prima volta che ci troviamo ad affrontare una “esenzione” con diritto alla detrazione: non pregiudicano il diritto alla detrazione, ad esempio, le operazioni bancarie effettuate nei confronti di soggetti stabiliti fuori della Comunità, alcune cessioni di oro da investimento, le cessioni di beni per i quali non è stata operata in sede di acquisto la detrazione dell’imposta. Tali operazioni le troviamo elencate al rigo VF34 della dichiarazione Iva, in quanto devono essere espunte dal calcolo del pro-rata.
In realtà, nella terminologia comunitaria, la parola “esenzione” sta a significare semplicemente che non viene applicata l’imposta, e quindi si fa una distinzione tra le operazioni esenti che non danno diritto alla detrazione (che sono le “nostre” operazioni esenti indicate nell’articolo 10 del Decreto Iva), e le operazioni esenti che danno diritto alla detrazione, tra le quali, in Europa, considerano ad esempio le operazioni non imponibili, quelle escluse, quelle ad aliquota zero.
L’utilizzo di terminologia comunitaria sembrerebbe forse uno sforzo di ammodernamento del nostro sistema, ma in realtà si scontra con tutte le norme già in vigore, sconosciute, per lo meno con le nostre complicazioni, negli altri Stati membri: cosa metto in fattura elettronica? In che rigo dovrò inserire tale importo nella dichiarazione Iva? Mi modificherà l’aliquota media delle operazioni attive, per poter chiedere il rimborso dell’Iva?
Di sicuro conviene istituire una nuova causale nei software contabili, in modo da avere agevolato l’aspetto dichiarativo di fine anno; ad oggi non possiamo sapere se andranno dichiarate insieme alle altre operazioni esenti e scorporate dal calcolo del pro-rata, se verrà istituita una nuova “aliquota zero”, se verrà istituito un nuovo rigo o utilizzato quello che oggi è il quello impiegato per le cessioni ad imposta verso i terremotati (VE36).
Per quanto riguarda la causale della fattura elettronica, se si seguisse l’aspetto letterale della norma, sarebbe da utilizzare il campo N4.
Nonostante la norma non richieda l’obbligatorietà, è quanto mai opportuna l’indicazione in fattura del riferimento normativo, ossia l’articolo 124 D.L. 34/2020.
Problema non indifferente riguarda l’individuazione dei beni oggetto della nuova norma: in alcuni casi il legislatore ha utilizzato una terminologia tecnica: ad esempio, con riferimento alle mascherine, facendo riferimento a quelle chirurgiche ed a quelle ffp2 e ffp3, è da ritenere che le cosiddette “mascherine filtranti”, cioè quelle non dotate di certificazione e quindi diverse dalle chirurgiche che sono considerate dispositivi medici, non possono usufruire dei nuovi regimi di esenzione.
In altri casi, il legislatore ha inserito delle attrezzature che effettivamente possono avere un impiego terapeutico, ma potrebbero altresì avere impieghi “domestici”: i sistemi di aspirazione e gli umidificatori, quali sono? Con riferimento a queste attrezzature, non è richiesto uno specifico uso, e quindi l’applicazione del regime agevolato sembrerebbe oggettiva (ma non è da escludere una interpretazione “forzata” del testo letterale che circoscriva l’esenzione).
Un terzo caso è quello degli articoli di abbigliamento protettivo per finalità sanitarie, dove poi viene riportata una elencazione di beni dai molteplici usi: guanti in lattice, visiere ed occhiali protettivi, tute di protezione, ecc..
Anche in questo caso c’è da chiedersi se l’esenzione sia di tipo oggettivo, ed in caso contrario come fare a certificare le finalità “sanitarie”, e se tra queste ultime possono essere comprese anche quelle delle aziende che acquistano tali beni per evitare la diffusione del contagio tra i loro collaboratori.
Ultimo problema, ma non per importanza, è l’individuazione tecnica dei beni; sul punto, il decreto riprende spesso i nomi di prodotti citati nell’elenco di beni ammessi all’importazione in esenzione da dazio, pubblicato dalla Commissione Europea e disponibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/taxation_customs/sites/taxation/files/03-04-2020-import-duties-vat-exemptions-on-importation-covid-19-list-of-goods.pdf.
Dove esiste coincidenza terminologica tra quanto riportato nel decreto e quanto riportato in tale documento (che ha un elenco di beni più esteso), potrebbe essere opportuno fare riferimento alle relative nomenclature combinate.