11 Giugno 2020

Commercio elettronico con Iva italiana per operazioni Ue fino a 10.000 euro

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
Scarica in PDF

I servizi elettronici e quelli telecomunicazione e teleradiodiffusione resi da soggetti Iva in Italia a soggetti privati stabiliti in altri Stati Ue sono soggetti ad Iva in Italia per un ammontare annuo non superiore ad euro 10.000.

È quanto stabilisce il nuovo articolo 7-octies D.P.R. 633/1972 inserito dall’articolo 1 D.Lgs. 45/2020 che ha recepito nell’ordinamento nazionale le disposizioni della Direttiva 2017/2455/Ue volte a semplificare gli adempimenti Iva nei confronti dei piccoli operatori economici che prestano servizi elettronici, di telecomunicazione e di teleradiodiffusione (c.d. servizi “TTE”) nei confronti di privati stabiliti in altri Stati membri.

Prima della suddetta modifica, in base all’articolo 7-sexies, lett. f) e g), D.P.R. 633/1972, i servizi elettronici e quelli “TTE” si consideravano effettuati in Italia se resi a soggetti privati ivi domiciliati o ivi residenti (senza domicilio all’estero). Ne conseguiva che laddove tali servizi fossero posti in essere nei confronti di committenti privati stabiliti in altri Stati, la territorialità si realizzava in detti altri Stati.

Con l’introduzione del nuovo articolo 7-octies D.P.R. 633/1972, le precedenti regole contenuti nelle citate lettere f) e g) dell’articolo 7-sexies D.P.R. 633/1972 sono state trasfuse all’interno di tale nuovo articolo, prevedendo tuttavia un’importante eccezione che consente di assoggettare ad Iva in Italia i servizi elettronici e quelli di “TTE” se di importo marginale.

Più nel dettaglio, il comma 3 dell’articolo 7-octies stabilisce, in deroga alla regola generale prima descritta, che per i servizi resi da soggetto passivo stabilito in Italia nei confronti di committenti stabiliti in altro Stato Ue, l’imposta è dovuta nel territorio dello Stato se sono presenti congiuntamente i seguenti requisiti:

  • il prestatore non è stabilito anche in un altro Stato membro della Ue;
  • l’ammontare complessivo (al netto dell’Iva) delle prestazioni di servizi rese nei confronti di soggetti “consumer” stabiliti in altri Stati Ue non ha superato nell’anno precedente la soglia di euro 10.000 e fino al raggiungimento di tale importo nel corso dell’anno.

Resta ferma la possibilità per il prestatore soggetto Iva in Italia di optare per l’applicazione dell’imposta negli Stati membri in cui sono stabiliti i committenti (quindi anche sotto la soglia indicata), nel qual caso l’opzione è vincolante fino a revoca e per almeno due anni (da esercitarsi nella dichiarazione annuale Iva).

Dal nuovo quadro normativo emerge quindi una semplificazione per gli adempimenti richiesti in capo al prestatore nazionale dei servizi elettronici (e di “TTE”), poiché, laddove l’importo di tali servizi resi in ambito Ue (ossia nei confronti di privati stabiliti in altri Stati membri) non superi la citata soglia di euro 10.000, non è richiesta alcuna identificazione Iva in detti Stati, in quanto l’imposta è dovuta in Italia.

Pertanto, se i servizi in questione sono resi a soggetti privati stabiliti in Italia (senza limiti di importo) o nei confronti di privati stabiliti nella Ue (fino alla soglia annua di 10.000 euro) il prestatore soggetto Iva in Italia non deve porre in essere alcun adempimento in altro Stato, in quanto l’imposta è dovuta in Italia.

Si segnala che l’articolo 2 D.Lgs. 45/2020 allarga l’ambito applicativo dell’articolo 74-quinquies D.P.R. 633/1972 (contenente le disposizioni del Moss) includendo anche i soggetti stabiliti in un Paese extraUe non stabiliti in uno Stato Ue anche se ivi identificati.

Ciò consente a tali soggetti di evitare l’identificazione in ogni Stato membro, potendo così adempiere a tutti gli obblighi presso una sola autorità fiscale della Ue in cui presentare le dichiarazioni ed eseguire i versamenti.