30 Giugno 2020

Decreto Rilancio: la riapertura dei termini per la rivalutazione di terreni e partecipazioni

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

L’articolo 137 del Decreto Rilancio (D.L. 34/2020) ha previsto la riapertura dei termini per l’effettuazione della rivalutazione di terreni e partecipazioni.

Per fruire della norma agevolativa:

  • i terreni devono essere edificabili o con destinazione agricola;
  • le partecipazioni non devono essere negoziate nei mercati regolamentati (la norma non distingue tra partecipazioni qualificate e non);
  • i terreni e le partecipazioni devono essere posseduti da persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia alla data del 1° luglio 2020;
  • entro il 30 settembre 2020:
  • un professionista abilitato (ad esempio, dottore commercialista, geometra, ingegnere) deve redigere e asseverare la perizia di stima della partecipazione o del terreno;
  • il contribuente deve versare la prima o unica rata dell’imposta sostitutiva in misura pari all’11% del valore di perizia. Se il versamento dell’imposta sostitutiva viene effettuato in maniera dilazionata, fino ad un massimo di tre rate di pari importo (30 settembre 2020, 30 settembre 2021, 30 settembre 2022), dovrà essere applicato il tasso d’interesse del 3%.

Si sottolinea che, nell’ambito di questa misura agevolativa, l’imposta sostitutiva non deve essere calcolata sul differenziale tra il valore di perizia e il costo fiscalmente riconosciuto ma sull’intero valore di perizia.

Per quanto riguarda le partecipazioni societarie, la rivalutazione rappresenta un’opportunità per ridurre l’imposizione (o addirittura azzerarla) sull’eventuale realizzo della plusvalenza a seguito del trasferimento; tuttavia i contribuenti, alla luce di alcuni documenti di prassi emanati nel 2019, devono prestare attenzione quando la rivalutazione s’inserisce in una più complessa operazione contraddistinta da una serie di atti negoziali.

In particolare, con il principio di diritto n. 20/E/2020, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto abusiva l’operazione di merger leveraged cash out, in cui i soci persone fisiche di una società (target) hanno rivalutato le partecipazioni ai fini fiscali e le hanno cedute a un’altra società (veicolo), partecipata da uno dei quattro soci cedenti e dai suoi due figli (soci di maggioranza), successivamente incorporata dalla target.

Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate:

  • tale operazione consente di ottenere un vantaggio fiscale consistente nell’azzeramento della tassazione dell’incasso diretto degli utili da parte dei soggetti cedenti;
  • il vantaggio fiscale conseguito è da considerarsi indebito, in quanto le operazioni poste in essere sono prive di sostanza economica ed essenzialmente finalizzate al conseguimento del vantaggio fiscale limitatamente a uno dei genitori cedenti che conserva particolari poteri nella società target.

Con la risposta ad istanza di interpello n. 341/2019, invece, l’Amministrazione finanziaria ha fornito una particolare interpretazione di una riorganizzazione finalizzata ad assicurare il passaggio generazionale.

Le operazioni per favorire il passaggio generazionale sono le seguenti:

  • costituzione, con capitale sociale di euro 10.000, di una società a responsabilità limitata (newco), a cui parteciperanno, in egual misura, “Alfa” e “Beta” (che sono i genitori di “Gamma” e “Delta”);
  • cessione a newco, previa rivalutazione, delle partecipazioni della società “Zeta” detenute da “Alfa” e “Beta”;
  • cessione (in assenza di rivalutazione) a newco di una parte (7,5%) delle partecipazioni di “Zeta” detenute da “Gamma”;
  • fusione per incorporazione inversa di newco nella controllata “Zeta”, che sarà partecipata, all’esito della predetta operazione, unicamente dai soci “Gamma” e “Delta” (ciascuno con una percentuale del 50%).

In questo contesto, ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, grazie all’articolata serie di operazioni prospettata, i soci recedenti (“Alfa” e “Beta”) si precostituiscono le condizioni per porre in essere un recesso c.d. atipico idoneo a far conseguire loro un vantaggio fiscale.

Infatti, se si fosse seguita la via del recesso tipico, attuato tramite l’annullamento e il rimborso della partecipazione detenuta (in proporzione del patrimonio sociale e tenuto conto del valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso, ai sensi dell’articolo 2473 cod. civ.), le somme ricevute dai soci recedenti, per la parte eccedente il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione medesima, costituiscono utile, rientrando tra le fattispecie che danno luogo a redditi di capitale.

Nell’ipotesi, invece, di recesso cd. “atipico”, che si attua mediante la cessione a titolo oneroso della partecipazione agli altri soci ovvero a soggetti terzi estranei alla compagine sociale, le somme ricevute dal socio rientrano tra i redditi diversi di natura finanziaria (capital gain).

Secondo l’Agenzia delle Entrate l’operazione di rivalutazione delle quote unitamente all’operazione sopra descritta comporta un vantaggio fiscale rinvenibile nel risparmio d’imposta derivante dall’assolvimento di un’imposta sostitutiva sul valore di perizia delle partecipazioni in luogo della ritenuta a titolo d’imposta del 26% prevista ordinariamente sui redditi di capitale.

Il vantaggio fiscale è da considerarsi indebito in quanto conseguito in aggiramento delle disposizioni tributarie in materia di recesso tipico direttamente applicabili, per le quali non assume alcuna rilevanza la rivalutazione ai fini fiscali delle quote di partecipazioni possedute.