16 Luglio 2020

Solo gli elementi oggettivamente nuovi giustificano l’accertamento integrativo

di Stefano Rossetti
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La scheda di FISCOPRATICO

La possibilità di emettere degli avvisi di accertamento integrativi da parte dell’Agenzia delle Entrate è disciplinata, per le imposte dirette, dall’articolo 43, comma 3, D.P.R. 600/1973, in particolare la disposizione prevede che “fino alla scadenza del termine stabilito nei commi precedenti l’accertamento può essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi da parte dell’Agenzia delle entrate. Nell’avviso devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti attraverso i quali sono venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte”.

La stessa disposizione è prevista in tema di imposta sul valore aggiunto, ed è contenuta nell’articolo 57, comma 4, D.P.R. 633/1972.

Per effetto delle norme sopra citate, in materia di imposte sui redditi e di Iva, l’Agenzia delle Entrate, fino alla scadenza del termine di decadenza dell’azione accertatrice, può integrare ovvero modificare le rettifiche e gli accertamenti già effettuati mediante la notificazione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.

Nell’avviso di accertamento devono essere specificamente indicati, a pena di nullità, i nuovi elementi e gli atti o fatti venuti a conoscenza dell’Ufficio.

Quindi, la norma prevede la possibilità di integrare un avviso di accertamento precedentemente notificato a condizione che:

  • successivamente alla notifica dell’avviso di accertamento originario siano emersi nuovi elementi non conosciuti o non conoscibili in precedenza;
  • a pena di nullità, nell’avviso di accertamento integrativo vengano indicati gli elementi, gli atti o i fatti di nuova conoscenza.

In merito al requisito della sopravvenuta conoscenza di elementi legittimanti l’avviso di accertamento integrativo occorre sottolineare che, secondo la dottrina maggioritaria:

  • gli elementi nuovi devono essere tali al momento della notifica dell’accertamento, pertanto si deve trattare di documenti e informazioni successivi all’accertamento originario tali da incidere sul contesto accertativo;
  • le disposizioni contenute negli articoli del 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 e 57, comma 4, D.P.R. 633/1972 hanno una valenza oggettiva e non soggettiva. Se tali disposizioni avessero valenza soggettiva il verificatore che non utilizza la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico si troverebbe nella condizione perpetua di integrare gli avvisi di accertamento, in quanto, dal suo punto di vista, ogni fatto di cui viene a conoscenza successivamente assume il requisito della novità poichè in precedenza non ha operato in maniera tale da renderlo palese, apprezzabile e/o conosciuto.

Quindi è evidente che la diligenza utilizzata dagli organi verificatori assume un ruolo cruciale nella valutazione della legittimità dell’emissione di un accertamento integrativo.

Ad avviso della Corte di Cassazione (sentenza n. 19883/2015) una pubblica amministrazione agisce secondo la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico quando:

  • rispetta la legge (articolo 1, comma 1, L. 241/1990);
  • agisce in modo efficiente e senza inutili aggravi per i cittadini (articolo 1, commi 1 e 2, L. 241/1990);
  • non perde tempo, non si balocca e agisce a ragion veduta (articolo 97 Cost.);
  • è composta di funzionari preparati, efficienti, prudenti e zelanti (articolo 98 Cost.).

Quanto sostenuto dalla dottrina maggioritaria, in merito all’elemento della novità dei fatti posti a base dell’accertamento integrativo, è avvalorato anche da recenti sentenze della Suprema Corte. La Corte di Cassazione, infatti, ha avuto modo di affermare che:

  • in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il presupposto per l’integrazione o modificazione in aumento dell’avviso di accertamento, mediante notificazione di nuovi avvisi, è costituito, ex articolo 43, comma 3 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, sicché gli accertamenti integrativi non possono essere fondati sugli stessi elementi di fatto del precedente o dei precedenti accertamenti, e la conoscenza dei nuovi elementi deve essere avvenuta in epoca successiva a quella in cui l’accertamento originario è stato notificato” (Corte di Cassazione, ordinanza n. 26500 del 08.11.2017);
  • il contenuto preclusivo del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, articolo 43, deve essere limitato al divieto, rebus sic stantibus, di emettere un avviso di accertamento integrativo sulla base della semplice rivalutazione o maggiore approfondimento di dati probatori già interamente noti all’Ufficio al momento della emissione dell’avviso originario” (Corte di Cassazione, sentenza n. 576 del 15.01.2016).

In definitiva, sulla base di quanto sopra visto è possibile affermare che:

  • in linea generale, l’Amministrazione finanziaria può emettere un avviso di accertamento integrativo ai sensi dell’articolo 43, comma 3, D.P.R. 600/1973 e dell’articolo 57, comma 4, D.P.R. 633/1972, ma tale l’avviso di accertamento integrativo è legittimo solo se basato su elementi nuovi non conosciuti e non conoscibili da parte dell’Amministrazione finanziaria al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento originario;
  • l’avviso di accertamento integrativo non è legittimo se l’Amministrazione finanziaria era già in possesso dei dati posti a fondamento dell’atto impoesattivo integrativo, ovvero se utilizzando la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, tali elementi potevano essere conosciuti nell’ambito della verifica fiscale che ha condotto alla notifica dell’avviso di accertamento originario.