Chiarimenti dell’Agenzia sulla flat tax del 7% per i titolari di pensione estera
di Ennio VialL’articolo 24 ter Tuir ha introdotto, a partire dal 2019, un nuovo regime fiscale, per i titolari di pensione estera che trasferiscono la loro residenza nel Mezzogiorno, che consiste nell’applicazione della di un flat tax del 7% su tutti i redditi prodotti all’estero. L’opzione dura 10 anni ma può essere revocata anticipatamente dal contribuente.
L’Agenzia è intervenuta sul tema con la circolare 21/E/2020. Alcuni chiarimenti hanno ad oggetto casistiche particolari, come quella del decesso del neo residente, che non è il caso di approfondire in questa sede.
In linea di massima i chiarimenti forniti non affrontano particolari dubbi interpretativi e, tutto sommato, potevano già essere desumibili dalla lettura della norma e della circolare 17/E/2017 che ha, a suo tempo, affrontato il “regime dei paperoni” di cui all’articolo 24 bis e, più in generale, i vari regimi degli impatriati.
Il recente intervento, tuttavia, non manca di offrire qualche passaggio degno di approfondimento. In passato ci si chiedeva se il regime fosse fruibile dai titolari di pensione estera che, in aggiunta a questa, percepissero anche una pensione italiana. Ovviamente la pensione italiana non avrebbe potuto beneficiare della flat tax ma l’opzione per il regime sembrava possibile.
Invero, la circolare appare molto meno permissiva sul punto, laddove, riferendosi all’ambito soggettivo, precisa che si tratta di soggetti destinatari di trattamenti pensionistici di ogni genere e di assegni ad essi equiparati erogati esclusivamente da soggetti esteri. Sono esclusi dal regime in esame, invece, i soggetti non residenti che percepiscono redditi erogati da un istituto di previdenza residente in Italia.
Il passaggio, invero, non brilla per chiarezza, in quanto potrebbe essere inteso nel senso ovvio di escludere il pensionato residente all’estero titolare esclusivamente della pensione italiana. Forse, però, si vuole precludere l’accesso al regime anche al caso del soggetto con la pensione estera e con la pensione italiana.
Una ulteriore questione sollevata dalla circolare, ma già evidente dalla lettera della norma, attiene al fatto che, siccome il regime è ammesso se il soggetto non era fiscalmente residente in Italia, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, ciò che rileva è il “solo dato dell’iscrizione nell’Anagrafe della Popolazione Residente”. Pertanto “il soggetto che non si sia mai cancellato da tale registro non può esercitare l’opzione in esame”. Ciò significa che, a differenza di altre situazioni, non è possibile superare il problema della mancata iscrizione all’Aire invocando l’applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Altro aspetto da valutare è se possa essere accettato un trasferimento di residenza solo formale. Ad esempio potrebbe accadere che il pensionato si trasferisca al Sud iscrivendosi all’anagrafe della popolazione residente di un piccolo comune ma che poi scelga di vivere sempre al nord, ad esempio in un appartamento locato.
La risposta negativa era già desumibile dalla circolare 17/E/2017. La tesi viene assolutamente confermata laddove si legge che “Giova ricordare che il requisito formale dell’iscrizione nelle anagrafi della popolazione residente è soggetto a controlli da parte delle autorità comunali competenti, come disciplinato ai sensi del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223”.
Interessante appare anche il passaggio in cui si conferma che il contribuente che fruisce del regime di cui all’articolo 24-ter Tuir può godere delle deduzioni dell’articolo 10 del TUIR e delle detrazioni concesse dagli articoli 12, 13, 15, 16 e 16-bis del medesimo Tuir, previste dall’ordinamento interno, se funzionalmente collegate ai redditi, italiani o esteri, assoggettati a ordinaria imposizione in Italia.
Rimangono, invece, escluse le deduzioni e le detrazioni connesse ai redditi esteri assoggettati a imposizione sostitutiva. Ciò dovrebbe significare che non è possibile beneficiare delle deduzioni o detrazioni per lavoro dipendente in relazione alla pensione estera in quanto soggetta alla flat tax del 7%.
Viene anche confermata l’applicabilità dell’istituto della remissione in bonis che, tuttavia, non è consentito laddove il contribuente abbia omesso di versare in tutto o in parte l’imposta sostitutiva relativa al primo periodo d’imposta entro il termine ordinario di esercizio dell’opzione, non configurandosi, in tale evenienza, il “comportamento concludente” necessario per avvalersi del citato istituto.
La circolare contiene, infine, una utile tabella recante esempi di redditi esteri che, per effetto del valido esercizio dell’opzione per il regime di cui all’articolo 24-ter Tuir, non sconteranno più la “ritenuta d’ingresso” prevista dalla vigente normativa domestica.
Si tratta, ad esempio, dei dividendi soggetti alla tassazione sostitutiva del 26%. Ciò in ragione del fatto che in luogo di questa imposta sui redditi finanziari si applica la nuova imposta sostitutiva del 7%. Se, per caso, queste ritenute dovessero essere applicate da una fiduciaria, le stesse costituiranno un credito che tuttavia il contribuente non potrà compensare con l’imposta sostitutiva del 7%.
La circolare ricorda, infine, che la compilazione del quadro RW ed il versamento di Ivie ed Ivafe sono dovuti solamente in relazione ai Paesi esteri che il neo residente ha scelto di escludere dall’imposta forfetaria. In questi casi egli potrà beneficiare anche di un credito a fronte delle imposte pagate all’estero.