6 Agosto 2020

Prescrizione post cartella anche con impugnazione del diniego di sgravio

di Angelo Ginex
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La scheda di FISCOPRATICO

Nella ipotesi in cui il contribuente sia stato destinatario di una o più cartelle di pagamento (non impugnate nel termine di 60 giorni e relative a crediti tributari), alle quali però non abbia fatto seguito l’attività di esecuzione forzata nel termine di legge, né tantomeno un atto interruttivo della prescrizione, è possibile vagliare alcune diverse strategie difensive, che presentano risvolti differenti.

Innanzitutto, è d’uopo rammentare che, a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite con sentenza n. 23397/2016, si è affermato che la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’articolo 2953 cod.civ.

Tale principio si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extra-tributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione del citato articolo 2953, tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

Ciò detto, valutata l’intervenuta prescrizione post notifica della cartella, il contribuente potrà decidere o di procedere giudizialmente, impugnando la cartella di pagamento dinanzi al giudice ordinario, o di tentare in primis la via stragiudiziale, instando per lo sgravio del ruolo, al fine di giungere, in entrambi i casi, all’annullamento del debito ormai prescritto.

Per quanto concerne la prima ipotesi si evidenzia che le Sezioni Unite, con sentenza n. 34447/2019, hanno affermato che detta opposizione debba essere proposta dinanzi al giudice ordinario, osservando che: «ove, in sede di ammissione al passivo fallimentare, sia eccepita dal curatore la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, che segna il consolidamento della pretesa fiscale e l’esaurimento del potere impositivo, viene in considerazione un fatto estintivo dell’obbligazione tributaria di cui deve conoscere il giudice delegato in sede di verifica dei crediti e il tribunale in sede di opposizione allo stato passivo e di insinuazione tardiva, e non il giudice tributario».

Nel secondo caso, invece, il contribuente presenterà all’ente impositore, innanzitutto, istanza di sgravio del ruolo per intervenuta prescrizione del credito da esso portato successivamente alla notifica della cartella, e, poi, in caso di diniego, impugnazione dello stesso dinanzi al giudice tributario.

A tal proposito, con la recente sentenza n. 8719 dell’11.05.2020, la Corte di Cassazione ha affermato che è possibile far valere la prescrizione del credito tributario mediante l’impugnazione del diniego di sgravio in autotutela del ruolo, quale atto comunque incidente sul rapporto tributario tra Amministrazione finanziaria e contribuente, in grado di incidere negativamente sulla posizione giuridica di quest’ultimo.

Infatti, si legge testualmente che: «essendo strutturato il processo tributario come processo impugnatorio, l’impugnazione del divieto di sgravio di ruoli portanti crediti prescritti è il modo tipico per innestare, in tale tipo di processo, la domanda di accertamento dell’avvenuto compimento della prescrizione dei crediti il cui recupero sia stato affidato all’agente della riscossione».

Peraltro, è evidente come il contribuente, con l’impugnazione del diniego di sgravio, non intende far valere vizi propri della cartella o del procedimento impositivo, ma deduce semplicemente che sarebbe maturata la prescrizione per l’inerzia dell’agente della riscossione nel recupero di tali crediti.

Quanto poi all’individuazione del soggetto legittimato passivo dell’azione di annullamento, questo è solo l’ente impositore e non anche l’agente della riscossione, essendo l’atto impugnato un diniego di sgravio del ruolo, chiesto per l’avvenuta prescrizione del credito da esso portato (prima ancora che dalla cartella di pagamento emessa sulla base di quel ruolo).

Sul punto, infatti, nella medesima pronuncia si è precisato che non è sostenibile che l’ente impositore verrebbe a trovarsi in una situazione di minorata difesa, essendo eventuali atti interruttivi della prescrizione nella disponibilità dell’agente della riscossione.

Premesso che l’agente della riscossione è una sorta di mandatario senza rappresentanza, per cui l’ente impositore potrebbe sempre richiedere gli atti necessari per difendersi in giudizio, si è evidenziato che l’ente impositore, in virtù di quanto disposto dall’articolo 23, comma 3, D.Lgs. 546/1992, può sempre chiedere di chiamare in giudizio l’agente della riscossione.

In definitiva, quindi, ove vi sia stata notifica della cartella non impugnata nel termine di legge, in caso di intervenuta prescrizione della stessa, sarà possibile, prima, presentare istanza di sgravio del ruolo e, successivamente, impugnare l’eventuale diniego al fine di ottenere l’annullamento del debito.