18 Settembre 2020

Disciplina Iva dei riaddebiti

di Roberto Curcu
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La scheda di FISCOPRATICO

Con due risposte ad interpello riguardanti la fiscalità dei voucher, l’Agenzia delle Entrate ha dato delle indicazioni sulla disciplina Iva dei contratti di mandato, con particolare riferimento al caso di riaddebiti di servizi in esenzione (ad esempio servizi medici).

I cosiddetti “riaddebiti” sono il frutto di un contratto di mandato, con il quale una parte (mandatario) si è impegnata a compiere atti giuridici per conto di un’altra parte (mandante). Al mandatario può essere conferita anche la rappresentanza del mandante, ed in tale caso gli atti che compie riverberano i propri effetti giuridici direttamente nei confronti del mandante.

Quando non c’è la rappresentanza, il mandato comporta che il mandatario si trova ad acquistare e vendere lo stesso bene o lo stesso servizio.

La norma comunitaria, molto più chiara del relativo recepimento nazionale, prevede infatti che “qualora un soggetto passivo che agisca in nome proprio ma per conto terzi partecipi ad una prestazione di servizi, si ritiene che egli abbia ricevuto o fornito tali servizi a titolo personale.”

Sulla base di tale assunto, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente chiarito che il trattamento agli effetti dell’Iva delle prestazioni di servizi ricevute (da un soggetto terzo) dal mandatario e di quelle effettuate dal mandatario nei confronti del proprio mandante, che configurano agli effetti dell’imposta due distinte operazioni entrambe rilevanti ai fini dell’imposta, sarà identico (imponibilità, esenzione, esclusione) in ragione della stessa natura delle prestazioni”.

Tale affermazione potrebbe portare a pensare che in ogni caso il regime fiscale del riaddebito effettuato dal mandatario, sia identico a quello del servizio che gli è stato fatturato; in particolare, nelle risposte alle istanze di interpello n. 10/2020 e n. 338/2020 l’Agenzia delle Entrate si è occupata anche di riaddebiti di servizi in esenzione effettuati dai mandatari senza rappresentanza, lasciando intendere che gli stessi devono essere sempre assoggettati al regime di esenzione.

I chiarimenti sono giunti da quesiti aventi ad oggetto l’emissione di voucher monouso, attraverso i quali la società che li emette riceve i servizi dai soggetti convenzionati, per poi “vendere” il voucher che dà diritto ad usufruire di detti servizi; con l’emissione di voucher monouso, infatti, la situazione di chi li emette è quella del mandatario senza rappresentanza, che quindi acquista e rivende il servizio inglobato nel voucher.

I quesiti avevano ad oggetto la rilevanza di tali riaddebiti nel calcolo del pro-rata del soggetto che cede questi voucher, posto che, evidentemente, se dovessero rilevare, ci si troverebbe nella anomala situazione per la quale un soggetto che emette voucher le cui operazioni sottostanti sono soggette ad Iva avrebbe un diritto alla detrazione maggiore del soggetto che emette voucher le cui operazioni sottostanti sono esenti Iva.

La anomalia è stata percepita con la risposta ad interpello n. 10/2020 (per la quale tale esenzione non va ad incidere sul pro-rata), ma non evidentemente dal redattore della risposta n. 338/2020, il quale è giunto a risposta esattamente contraria.

Ad avviso di chi scrive, tuttavia, prima di capire se il riaddebito in esenzione del servizio incorporato nel voucher concorra o meno a formare il pro-rata, sarebbe necessario capire cosa ne pensa l’Agenzia delle Entrate, riguardo al fatto che un servizio ricevuto con il titolo di esenzione vada per forza addebitato in esenzione Iva.

A tale riguardo, si deve segnalare che con risposta ad interpello n. 132/2020 la stessa Agenzia ha chiarito che il riaddebito, con mark-up, di un servizio sanitario, ricade nel regime di esenzione.

Premesso che dalla risposta non si capisce se chi fa il riaddebito può definirsi un esercente la professione sanitaria, le argomentazioni alla base della risposta sono contrarie ad un orientamento manifestato dalla Corte di Giustizia Europea con la sentenza C-224/11.

In tale sentenza la Corte ha statuito che, nei casi di mandati senza rappresentanza, l’omologazione della prestazione ricevuta dal mandatario, e quella riaddebitata dal mandante, è in linea di principio applicabile anche nel caso di operazioni esenti; tuttavia, la Corte rileva che tale ragionamento è applicabile solamente quando viene riaddebitato l’esatto costo sostenuto, e non nel caso in cui venga applicato un mark-up.

Il fatto che alcune prestazioni di servizi esenti, ricevute dal mandatario, possano essere riaddebitate sempre con il titolo di esenzione, è un orientamento che non sembra inoltre conforme alle discussioni che stanno emergendo in sede comunitaria.

Infatti, nel working paper n. 983 del 13.11.2019, la Commissione Europea ha aperto una discussione riguardante l’interpretazione di alcuni Stati membri, secondo cui il trasferimento di un voucher monouso che incorpora una prestazione di servizi esente, deve essere in automatico assoggettato a regime di esenzione.

Sul punto, la Commissione Europea, ricordando che la situazione di chi cede voucher monouso è analoga a quella di chi opera come mandatario senza rappresentanza, e ricordando altresì l’omologazione tra le prestazioni ricevute e quelle rese dal mandate, evidenzia che tale omologazione non può superare il fatto che alcune prestazioni di servizi possono essere assoggettate al regime di esenzione solo se il soggetto che le pone in essere ha determinati requisiti soggettivi.

A tale riguardo, riporta il caso del dentista che fattura in esenzione l’emissione di un voucher monouso alla società di welfare, la quale non può fatturare la cessione del voucher monouso al proprio cliente con lo stesso regime, posto che il regime di esenzione è limitato alle prestazioni rese nell’esercizio delle professioni ed arti sanitarie.

Nel working paper n. 993 del febbraio 2020, peraltro, sono riemerse le differenze di vedute tra la Commissione Europea ed alcuni Stati membri.