14 Ottobre 2020

Tasso di interesse moratorio e usura: dettate le linee guida

di Francesca Dal Porto
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La questione della rilevanza degli interessi di mora ai fini del superamento del tasso soglia di usura è di grande importanza nell’ambito del contenzioso bancario: nel corso degli ultimi anni si sono susseguite pronunce diverse ed orientamenti dottrinali contrastanti.

In particolare, si possono citare due orientamenti principali.

Un primo orientamento è quello secondo cui, sulla base della lettera delle norme, la verifica di usurarietà sembra riferirsi ai soli interessi corrispettivi.

L’articolo 644, comma 1, c.p. si riferisce a chi si fa “dare o promettere” interessi usurari “in corrispettivo di una prestazione di denaro”.

Anche il D.L. 185/2008, convertito dalla L. 2/2009, nel dettare disposizioni sulla c.m.s., all’articolo 2-bis, comma 2, ha affermato che, ai fini delle norme civili e penali sull’usura, rilevano solo “(g)li interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente“, riferendosi chiaramente agli interessi corrispettivi, remunerazione rispetto all’utilizzo dei fondi concessi.

Altro argomento a sostegno di tale tesi deriva dalla funzione stessa degli interessi: gli interessi corrispettivi hanno funzione remunerativa, i moratori, invece, risarcitoria. Vi è, dunque, una chiara differenza di causa e di funzione tra interesse corrispettivo ed interesse moratorio: l’interesse corrispettivo costituisce la remunerazione concordata per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta, mentre l’interesse di mora rappresenta il danno conseguente all’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria.

 Anche il fatto che gli interessi moratori non siano presi in considerazione nella rilevazione del tasso medio effettuata ogni tre mesi dalla Banca d’Italia (TEGM) su cui si basa l’individuazione del tasso soglia (TSU) pubblicato nei Decreti Ministeriali, rappresenta un fatto a sostegno della tesi che ritiene non estensibile la verifica di usurarietà all’interesse moratorio: i due dati, TEG del singolo rapporto da verificare e TEGM rilevato da cui si determina il tasso soglia, devono essere omogenei.

Sulla base di tale tesi, se l’interesse moratorio non è conteggiato nel TEGM rilevato dalla Banca d’Italia da cui si ricava il TSU, così non dovrà essere considerato nel calcolo del TEG del singolo rapporto da confrontare con il TSU.

Secondo altro orientamento, invece, la verifica di usurarietà dovrebbe coinvolgere anche l’interesse moratorio oltre che quello corrispettivo.

A sostegno di tale tesi, ancora una volta può essere citata la lettera della norma: l’articolo 1815, comma 2, cod. civ., l’articolo 644, comma 4, c.p. e l’articolo 2, comma 4, L. 108/1996 non distinguono tra tipi di interessi e, anzi, in alcuni casi parlano espressamente di pattuizione “a qualsiasi titolo”.

A dirimere la questione è intervenuta la Sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 19597 del 18.09.2020, chiamata a decidere, tra le altre cose, se anche gli interessi di mora siano soggetti, o meno, alla normativa antiusura.

Le Sezioni Unite, dopo aver offerto un excursus delle contrapposte tesi, si sono espresse nel senso di abbracciare la tesi che vuole anche il tasso di mora assoggettato alla normativa antiusura.

Il Collegio ha ritenuto che il concetto di interesse usurario e la relativa disciplina repressiva non possano dirsi estranei all’interesse moratorio, affinché il debitore abbia più compiuta tutela.

Le Sezioni Unite hanno quindi enunciato una serie di principi di diritto.

Tra questi, in particolare, il principio secondo cui la disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria dovuta in relazione al contratto concluso.

In secondo luogo, la Corte si è espressa anche sulla questione della mancata indicazione dell’interesse di mora nell’ambito del TEGM rilevato dalla Banca d’Italia: secondo le Sezioni Unite tale mancanza non preclude l’applicazione dei tassi medi indicati nei decreti ministeriali.

Nel caso in cui i decreti ministeriali di riferimento contengano anche la rilevazione del tasso di mora medio praticato dagli operatori professionali, statisticamente rilevato in modo oggettivo ed unitario, anche se indicato in modo separato dal TEGM, di questo tasso di mora si dovrà tenere conto nell’individuazione della soglia limite per gli interessi moratori.

Ove i decreti ministeriali non rechino l’indicazione della maggiorazione media dei moratori, ai fini dell’individuazione del tasso soglia per la verifica di usurarietà del TEG del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, resterà il termine di confronto rappresentato dal  TEGM così come rilevato, con la maggiorazione ivi prevista. Si legge nella pronuncia che, in questo caso, “sarà il margine, nella legge previsto, di tolleranza a questo superiore, sino alla soglia usuraria, che dovrà offrire uno spazio di operatività all’interesse moratorio lecitamente applicato”.

Altro principio di grande interesse enunciato nella pronuncia si riferisce alla sanzione prevista nel caso in cui il tasso di interesse moratorio risulti usurario.

Si legge che, nel caso di accertamento di avvenuto superamento da parte del tasso moratorio della soglia antiusura, si applica l’articolo 1815, comma 2, cod. civ., onde non sono dovuti gli interessi moratori pattuiti, ma rimane in vigore l’articolo 1224, comma 1, cod. civ., con la conseguente debenza degli interessi nella misura dei corrispettivi lecitamente convenuti.

Tale ultimo principio scioglie un nodo di non poco conto: la sanzione prevista, nel caso in cui l’interesse moratorio pattuito risulti usurario, è rappresentata dalla ripetibilità dei soli interessi moratori pattuiti e versati, non travolgendo invece quelli corrispettivi lecitamente convenuti.

Una volta riscontrata l’usurarietà degli interessi moratori, il solo patto relativo è inefficace.

Altro principio enunciato nella sentenza che si vuole richiamare si riferisce al caso in cui il contratto preveda un tasso di mora sopra soglia, ma la banca applichi, a tale titolo, al momento dell’inadempimento, un tasso di misura inferiore.

In questo caso, il mutuatario vanta comunque l’interesse ad agire ex articolo 100 c.p.c per far accertare la nullità ed inefficacia della clausola, in quanto ciò risponde ad un bisogno di certezza del diritto che le convenzioni negoziali siano accertate come valide ed efficaci, oppure no, e l’interesse ad agire in un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attualità della lesione di un diritto, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva.