Confermata l’impugnabilità dell’avviso bonario
di Gioacchino De PasqualeLa Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22536 depositata ieri, 15 ottobre, in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, ha confermato che la comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis D.P.R. 600/1973, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario
Si premette che, ai fini delle imposte sui redditi, ai sensi dell’articolo 36-bis D.P.R. 600/1973, l’Amministrazione finanziaria, avvalendosi di particolari procedure automatizzate, può procedere, entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta (ai fini Iva, il controllo automatico delle dichiarazioni trova la sua fonte normativa nell’articolo 54-bis D.P.R. 633/1972).
L’autonoma impugnabilità delle comunicazioni di irregolarità (c.d. avvisi bonari) inviate a seguito dei controllati automatizzati ai sensi dell’articolo 36-bis D.P.R. 600/1973 non è stata sempre considerata possibile.
A tal proposito si segnala che l’articolo 19 D.Lgs. 546/1992 illustra un elenco tassativo degli atti impugnabili in sede giurisdizionale, tra cui non figura l’avviso bonario (comunicazione di irregolarità) emanato in esito al controllo automatico delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e ai fini Iva.
In base all’interpretazione letterale della citata disposizione sembrerebbe non ammissibile presentare ricorso tributario avverso l’avviso bonario ricevuto da parte dell’Amministrazione finanziaria. Questo è stato l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 110/E/2010 nella quale, richiamando l’orientamento espresso alle sezioni unite della Corte di Cassazione, con le sentenze n. 16293 del 24.07.2007, e n. 16428 del 26.07.2007, ha chiarito che le comunicazioni di irregolarità (c.d. “avvisi bonari”) non sono immediatamente impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie, in quanto “costituiscono … un invito a fornire eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi. Quindi manifestano una volontà impositiva ancora in itinere e non formalizzata in un atto cancellabile solo in via di autotutela (o attraverso l’intervento del giudice)”.
Infatti, ai fini dell’accesso alla tutela giurisdizionale innanzi ai giudici tributari è essenziale che il tenore dell’atto manifesti – circostanza che non si verifica con i c.d. “avvisi bonari” – una “pretesa tributaria compiuta e non condizionata, ancorché accompagnata dalla sollecitazione a pagare spontaneamente per evitare spese ulteriori …”.
L’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate è stato sconfessato dalla stessa Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25297/2014, nella quale è stata sancita l’autonoma impugnabilità delle comunicazioni di irregolarità emesse a seguito del controllo automatico.
Nello specifico, gli Ermellini hanno affermato che in tema di impugnazione di atti dell’amministrazione tributaria, “nonostante l’elencazione degli atti impugnabili contenuta nell’articolo 19 del D.lgs. n. 546 del 1992, i principi costituzionali di buon andamento della p.a. (articolo 97 Cost.) e di tutela del contribuente (articoli 24 e 53 Cost.) impongono di riconoscere l’impugnabilità di tutti gli atti adottati dall’ente impositore che portino, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dalla norma su richiamata, e tale impugnazione va proposta davanti al giudice tributario, in quanto munito di giurisdizione a carattere generale e competente ogni qualvolta si controverta di uno specifico rapporto tributario”.
Tale orientamento è stato successivamente ribadito, tra l’altro, nella sentenza n. 15957 del 28/07/2015 e nell’ordinanza n. 3315 del 19.02.2016.
Con la sentenza n. 22536 depositata ieri, 15.10.2020, la Suprema Corte ha confermato tale orientamento, ribadendo che anche la comunicazione di irregolarità ex articolo 36-bis D.P.R. 600/1973, portando a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta, è immediatamente impugnabile innanzi al giudice tributario