Le note di variazione Iva in caso di procedure concorsuali tra prassi e giurisprudenza
di Luca MambrinL’articolo 26, comma 2, D.P.R. 633/1972 prevede, tra le altre, la possibilità di rettificare la base imponibile Iva a seguito di annullamento, recesso, risoluzione o mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.
Nel caso di procedure concorsuali, l’Agenzia delle entrate, in vari documenti di prassi (circolari 77/E/2000 e 8/E/2017) ha chiarito quali sono i requisiti per avvalersi della facoltà di emettere note di variazione anche trascorso più di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, ovvero:
- l’avvenuta emissione della fattura (la variazione in diminuzione è, innanzitutto, condizionata, analogamente alle altre fattispecie disciplinate dall’articolo 26, comma 2, D.P.R. 633/1972 al presupposto che per l’operazione posta in essere sia stata emessa e registrata la relativa fattura),
- l’avvenuta insinuazione del creditore nel passivo fallimentare e comunque la partecipazione dello stesso alla procedura.
Nel caso, quindi, sia stata emessa la relativa fattura e si sia provveduto alla successiva registrazione, è necessario accertare il momento in cui l’ ipotesi di insolvenza considerata, quale il mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali, venga giuridicamente ad esistenza, ovvero, come ulteriormente chiarito dall’Agenzia anche nella recente risposta all’Interpello n. 33/2020 “allorquando il soddisfacimento del creditore attraverso l’esecuzione collettiva sul patrimonio dell’imprenditore viene meno, in tutto o in parte, per insussistenza di somme disponibili, una volta ultimata la ripartizione dell’attivo…“.
Il citato documento di prassi rileva come “il verificarsi di tale evento postula, quindi, in via preventiva, da un lato l’acclarata insolvenza dell’importo fatturato e l’assoggettamento del debitore a procedura concorsuale, dall’altro – si sottolinea in modo inequivoco – la necessaria partecipazione del creditore al concorso…“.
Definita preliminarmente nella necessaria partecipazione alla procedura il presupposto che legittima, in astratto, il creditore alla variazione in diminuzione, viene messo in evidenza che il diritto alla variazione è subordinato all’ “infruttuosità” delle procedure esecutive concorsuali, e non al mero avvio delle stesse, condizione di infruttuosità che può essere realizzata in tempistiche diverse a seconda della procedura considerata.
Fallimento
La norma di riferimento individua quali momenti di certezza giuridica:
- la scadenza dei termini per proporre osservazioni al decreto con il quale il giudice rende esecutivo il piano di riparto;
- la scadenza del termine per proporre reclamo al decreto di chiusura del fallimento stesso.
Liquidazione coatta amministrativa
Per l’individuazione dell’infruttuosità in tale procedura occorre aver riguardo al decorso dei termini previsti per rendere definitivo il piano di riparto predisposto dall’Autorità competente.
Concordato fallimentare
Occorre attendere il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato stesso, atteso che, solo da tale momento, discendono in modo definitivo gli effetti sia sostanziali che processuali del concordato.
Concordato preventivo
Si può parlare di infruttuosità della procedura solamente per i creditori chirografari per la parte percentuale del loro credito che non trova accoglimento con la chiusura del concordato. Per accertare la predetta infruttuosità occorre aver riguardo, oltre che alla sentenza di omologazione divenuta definitiva, anche al momento in cui il debitore concordatario adempie agli obblighi assunti in sede di concordato. Nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento nel corso della procedura in conseguenza del mancato adempimento degli obblighi assunti o alla luce di comportamenti dolosi da parte del debitore concordatario, la rettifica in diminuzione, ricadendo nell’ipotesi di procedura fallimentare, va operata solo dopo che il piano di riparto dell’attivo sia divenuto definitivo ovvero, in assenza di un piano, a chiusura della procedura fallimentare.
Nella sentenza relativa alla causa C-246/2016 del 23.11.2017 la Corte di Giustizia Europea ha ritenuto incompatibile con il diritto comunitario subordinare la rettifica della base imponibile e dell’Iva alla conclusione di una procedura concorsuale che può essere sproporzionata a causa della durata di tale procedura che può concludersi anche dopo più di dieci anni.
La normativa italiana sarebbe viziata anche sotto il profilo della neutralità fiscale e della proporzionalità: secondo i giudici comunitari, l’obiettivo di subordinare la variazione in diminuzione alla definitiva irrecuperabilità del credito potrebbe essere parimenti perseguito accordando il diritto alla variazione quando sussista una “ragionevole probabilità” che il debito non venga saldato, senza dunque dover attendere la chiusura della procedura.
Infine, nella recente sentenza relativa alla causa C-146/2019 dell’11.06.2020 i Giudici comunitari hanno inoltre stabilito che è contraria alla normativa europea la normativa di uno Stato membro che rifiuta, a un soggetto passivo Iva, il diritto alla riduzione dell’Iva assolta e relativa a un credito non recuperabile qualora egli abbia omesso di insinuare tale credito nella procedura fallimentare instaurata nei confronti del suo debitore.
Se il fornitore dimostra che l’importo non sarebbe stato comunque riscosso alla conclusione del procedimento deve essere ammessa la detrazione e il recupero dell’Iva non incassata, anche se il credito non è stato insinuato nella procedura.