È partita la riforma dello sport
di Guido MartinelliCon l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di cinque decreti è iniziato il percorso di approvazione dei decreti delegati di riforma dello sport che traggono origine dalla L. 86/2019.
L’originale bozza di testo unico sullo sport è stata suddivisa in sei decreti.
Il primo, quello su cui si sono concentrati fino ad ora le maggiori critiche da parte di tutte le componenti del mondo sportivo e che al momento è quello non ancora formalmente approvato, reca le misure in materia di ordinamento sportivo (quindi i compiti e le funzioni del Coni, del Cip, della società Sport e salute spa e del dipartimento sport presso la Presidenza del consiglio dei Ministri, delle Federazioni, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva, dei gruppi sportivi militari e di Stato); il secondo disciplina le associazioni e società sportive dilettantistiche e professionistiche, i tesserati e i rapporti di lavoro nello sport; il terzo i rapporti di rappresentanza degli atleti e delle società sportive e di accesso ed esercizio della professione di agente sportivo; il quarto la normativa in materia di ammodernamento o costruzione di impianti sportivi; il quinto la semplificazione degli adempimenti relativi agli organismi sportivi e l’ultimo, il sesto, reca misure in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali.
Impossibile, al momento, fare previsioni sulla tempistica della loro eventuale entrata in vigore. Possiamo solo ricordare come i testi già prevedono, per la parte sul lavoro sportivo, l’entrata in vigore a far data dal 1° settembre 2021.
Riservando un giudizio complessivo sulla riforma al momento in cui si conosceranno i testi definitivi che entreranno in vigore, lo scetticismo e la prudenza in questo momento sono d’obbligo.
Il mondo dello sport aveva, e ha avuto da sempre, un unico referente per le proprie attività. Sarà necessario a questo punto prendere atto (in parte già sta succedendo con i provvedimenti per lo sport della legislazione emergenziale) della suddivisione di compiti che si avrà tra Coni, Sport e salute e dipartimento della Presidenza del Consiglio del Ministri. Lo stesso “registro Coni delle società e associazioni sportive dilettantistiche” non sarà più tenuto dal Coni ma dal dipartimento sport, avvalendosi delle strutture di sport e salute.
Manca ogni norma di raccordo tra la situazione esistente oggi e quella che si avrà quando la riforma sarà a regime.
Un dato per tutte: salvo che non si tratti di “dimenticanza” (come crediamo) non sarà possibile più riconoscere ai fini sportivi le cooperative. Che fine faranno le numerose cooperative sportive dilettantistiche fino ad oggi costituite? Dovranno necessariamente trasformarsi in soggetti diversi? Quale sarà la ratio in forza della quale, invece, sarà possibile costituire anche società di persone sportive dilettantistiche, che a quel punto, saranno gli unici soggetti giuridici sportivi con la responsabilità illimitata dei soci?
Questo perché ci si augura, invece, che possa essere confermata la possibilità, per le Asd, di ottenere il riconoscimento della personalità giuridica con la mera iscrizione al registro delle associazioni, senza la dimostrazione di alcuna minima consistenza patrimoniale; norma che diventa ancora più favorevole di quella prevista dall’articolo 22 del codice del terzo settore per gli enti iscritti al Runts.
Il decreto sui sodalizi sportivi e sul lavoro è quello che contiene le maggiori novità a forte impatto per il mondo dello sport.
Per le Ssd viene introdotto un principio, mutuato dalla nuova disciplina sulla impresa sociale (D.Lgs. 112/2017), per il quale sarà possibile distribuire, con determinati limiti, ai soci il 50% degli utili prodotti. Questo potrebbe, in maniera molto parziale, aiutare a ricercare capitale privato disposto ad investire nello sport dilettantistico.
La parte che presenta, invece, indubbi profili di criticità è quella relativa al lavoro sportivo dilettantistico. La sensazione è che si sia passati da un regime in cui nessuno era tutelato ad uno in cui sono diventati tutti lavoratori (compresi i direttori di gara!).
Invece di procedere attraverso una tipizzazione del lavoro sportivo dilettantistico si è lasciato aperto il ventaglio di tutte le forme previste dalla nostra vigente legislazione (subordinato, autonomo, occasionale, collaboratore coordinato e continuativo) con aliquote previdenziali differenziate. Questo produrrà indubbi contenziosi dei quali, onestamente, il mondo sportivo non sentiva il bisogno.
Tolto alcune figure di dirigenti o di tecnici, rarissimi saranno gli atleti dilettanti che raggiungeranno, con i contributi versati per detta attività, un minimo “contributivo” accettabile per poter andare in pensione. Avremo contributi versati per atleti stranieri tesserati che non produrranno mai in loro favore un montante pensionistico. Nel frattempo i costi per i sodalizi sportivi saranno alti (con la presunzione legislativa di lavoro subordinato per gli atleti professionisti, e con il contratto di apprendistato, per i giovani sarà difficile inquadrare poi diversamente gli atleti dilettanti) tali da rendere insostenibile la gestione.
A meno che, alla fine, tutti “rimarranno in fascia esente” sotto i diecimila euro e, come nel gioco dell’oca, si dovrà ripartire dalla casella zero.