Indagini finanziarie e movimentazioni su conti correnti di società terze
di Euroconference Centro Studi TributariLe movimentazioni dei conti correnti di società terze possono assumere rilievo, nell’ambito dell’accertamento, soltanto se sussistono elementi indiziari che ne fanno emergere la riferibilità alla società: è questo il principio che è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 26768, depositata ieri, 25 novembre.
Il caso riguarda un contribuente esercente attività di parrucchiere, il quale veniva raggiunto da un avviso di accertamento, emesso nei suoi confronti tenendo conto delle indagini bancarie svolte anche in relazione ai conti correnti di due società (una S.n.c. e una S.r.l.).
Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento, ricostruendo analiticamente le movimentazioni in uscita riscontrate dalla Guardia di finanza e individuando singolarmente i soggetti beneficiari dei prelevamenti per ciascun conto corrente.
La Corte di Cassazione, con la sua ordinanza, ha ritenuto fondati i motivi di impugnazione da parte dello stesso.
Sul punto ha ricordato che, in tema di accertamento fondato sulle verifiche di conti correnti, l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto attraverso i dati risultanti dai conti correnti: si determina, quindi, un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, analiticamente, per ogni versamento bancario, che il movimento non può essere ricondotto ad operazioni imponibili.
Se il contribuente fornisce la prova analitica delle singole movimentazioni, il giudice è tenuto ad effettuare una valutazione altrettanto analitica: voce per voce, senza poter giungere a conclusioni riguardanti interi gruppi di movimenti.
L’Amministrazione finanziaria, poi, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, può legittimamente estendere le indagini bancarie anche ai congiunti del contribuente persona fisica, come anche agli amministratori della società contribuente: possono, in altre parole, essere effettuate indagini anche sui conti correnti bancari formalmente intestati a soggetti terzi, ma che si ritengono connessi ad inerenti al reddito del contribuente.
Contrasti giurisprudenziali esistono però sull’onere probatorio imposto in questi casi all’Amministrazione finanziaria.
Secondo alcune pronunce, infatti, le presunzioni in esame si estendono ai soggetti “collegati” per il semplice fatto che i conti siano riferibili al contribuente accertato (Corte di Cassazione, n. 15172/2009, n. 1898/2016, n. 3628/2017, n. 20118/2018).
Ad esempio, con la sentenza n. 20118/2018 i Giudici della Suprema Corte hanno ritenuto utilizzabili i dati bancari dei soci e degli amministratori “ove risulti la sostanziale riferibilità all’ente dei conti o di singoli elementi di essi, trattandosi di elementi anche indiziari che possano far ritenere la riferibilità dei movimenti bancari all’impresa. La qualifica di soci determina un legame talmente stretto da realizzare una sostanziale identità di soggetti, tale da giustificare automaticamente, salvo prova contraria, l’utilizzazione dei dati raccolti. Una volta accertata, anche tramite presunzioni, la riferibilità dei conti correnti dei terzi alla società, operano, senza alcuna limitazione, i criteri, anche di natura presuntiva, stabiliti per tale modalità di accertamento”.
In altre pronunce, invece, è emersa la diversa tesi che collega la possibilità di estendere le presunzioni alla dimostrazione, da parte dell’Agenzia delle Entrate, della riconducibilità del conto al soggetto accertato (Corte di Cassazione, n. 17390/2010, n. 17387/2010, n. 12817/2018, n. 23859/2019).
La pronuncia in esame accoglie questa seconda interpretazione, stabilendo che “solo se vi è la dimostrazione della concreta riferibilità delle movimentazioni bancarie alle operazioni societarie trova applicazione l’articolo 32, comma 1, n. 2 e 7, D.P.R. 600/1973, che, attribuendo all’ufficio delle imposte il potere di procedere a accertamenti bancari, prevede espressamente una presunzione legale a carico del contribuente, ciò che comporta una vera e propria inversione dell’onere della prova in forza della quale egli è tenuto a giustificare i vari movimenti bancari e dimostrare che gli stessi sono estranei al reddito non essendo a lui di fatto riferibili, senza che rilevi, in senso contrario, la regolarità formale della documentazione aziendale (Cass. Civ., 7 febbraio 2008, n. 2843)”.
È dunque incorso in violazione di legge e ha omesso di esaminare tale fatto decisivo, il giudice di appello che ha consentito l’utilizzazione, ai fini probatori, delle movimentazioni dei conti correnti di società terze, senza valutare la sussistenza di elementi indiziari che ne facessero emergere la riferibilità alla società.