15 Dicembre 2020

Il consumatore e la procedura di ristrutturazione dei debiti nel CCII

di Francesca Dal Porto
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La scheda di FISCOPRATICO

Un apposito capo del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza è riservato alle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, attualmente disciplinate nella L. 3/2012.

In particolare, tale ultima Legge prevede per il consumatore (intendendosi come tale il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta) la possibilità di ricorre, a sua discrezione, in caso di sovraindebitamento, a due diverse procedure:

Trattasi di due istituti molto diversi: in particolare, nel primo la proposta è sottoposta a votazione dei creditori e deve raggiungere determinate maggioranze per essere omologata (articoli 1012 L. 3/2012).

Nella seconda procedura, invece, il piano è omologato dal giudice, una volta che questi abbia effettuato una valutazione di meritevolezza in ordine al comportamento tenuto dal consumatore (articolo 12 bis L. 3/2012), senza alcuna votazione dei creditori.

Nel codice della crisi di impresa e dell’insolvenza il consumatore ha solo una strada da percorrere, in caso di sovraindebitamento: la procedura di ristrutturazione dei debiti disciplinata dagli articoli 67  e ss. CCII.

Tale procedura, come il piano del consumatore della L. 3/2012, non è sottoposta alla votazione dei creditori; presenta però significative differenze rispetto all’analogo istituto.

Per quanto riguarda i requisiti soggettivi per l’accesso alla procedura, l’articolo 69 CCII richiede che il consumatore, in stato di sovraindebitamento:

  • non sia già stato esdebitato nei 5 anni precedenti la proposta;
  • non abbia già beneficiato dell’esdebitazione per due volte;
  • non abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

L’articolo 7, comma 2, L. 3/2012 prevede invece che la proposta non sia ammissibile quando il consumatore:

  • abbia fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui alla stessa L. 3/2012 (con il codice della crisi si chiede invece che ci sia stata esdebitazione);
  • abbia subito, per cause a lui imputabili impugnazione, risoluzione, revoca o cessazione degli effetti dell’accordo;
  • abbia fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.

L’articolo 67, comma 2, CCIII prevede, inoltre, che la domanda di ristrutturazione dei debiti sia corredata da tutta una serie di documenti e informazioni:

  • elenco dei creditori con evidenza delle somme dovute e delle cause di prelazione;
  • consistenza e composizione del patrimonio del consumatore;
  • atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi 5 anni;
  • dichiarazione dei redditi degli ultimi 3 anni;
  • indicazione di tutte le entrate del debitore e del suo nucleo familiare, con specificazione della cifra necessaria al mantenimento della famiglia.

L’articolo 9 L. 3/2012, nell’indicare i documenti necessari a corredo della proposta del consumatore, è meno dettagliato: per i creditori, non è prevista l’indicazione delle cause di prelazione, per il patrimonio del debitore si chiede di indicare solo quali siano i beni (senza precisazione della consistenza degli stessi), gli atti di disposizione da indicare sono generici (non si fa cenno al fatto che si tratti di atti di straordinaria amministrazione), non si chiede infine di indicare le entrate del nucleo familiare.

L’articolo 68, comma 2, CCII, prevede altresì che alla domanda debba essere allegata una relazione dell’OCC (organismo di composizione della crisi) che deve contenere:

  • l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni;
  • l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte;
  • la valutazione sulla completezza ed attendibilità della documentazione presentata;
  • l’indicazione presunta dei costi della procedura (novità).

Altra novità del CCII degna di nota è che è richiesto all’OCC di indicare, nella relazione suddetta, se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita.

L’articolo 9 L. 3/2012, nel caso del piano del consumatore, richiede, da parte dell’OCC, sia l’attestazione sulla fattibilità del piano, sia una relazione particolareggiata con tutta una serie di informazioni che, in parte, sono state riprese dall’articolo 68, comma 2, CCII.

Con il codice della crisi d’Impresa, nella procedura di ristrutturazione che interessa il consumatore, quindi, non è più richiesta all’OCC l’attestazione di fattibilità, presente invece nella L. 3/2012.

L’articolo 67, comma 3, CCII stabilisce che la proposta possa avere ad oggetto anche la falcidia e la ristrutturazione di debiti derivanti da contratti di finanziamento con cessione del quinto dello stipendio, del TFR o della pensione.

Tale possibilità non è espressamente contemplata dalla L. 3/2012, sebbene la giurisprudenza si sia espressa, in più occasioni, favorevolmente alla possibilità di stralcio del credito vantato dal cessionario del quinto dello stipendio, negli stessi termini previsti per gli altri creditori.

In altre parole, con il CCII è chiaramente precisato che il consumatore, con la proposta formulata, può prevedere uno stralcio del credito anche per il soggetto in favore del quale sia stato ceduto un quinto del proprio stipendio: ottenendo così di poter utilizzare pienamente la busta paga mensile, che sarà destinata ai creditori nel loro complesso, con parità di trattamento.

Altra novità degna di rilievo, rispetto alla procedura della L. 3/2012, è quanto stabilito dal comma 5 dell’articolo 67 CCII, ossia la possibilità di prevedere nella proposta che il debitore possa continuare a pagare, alle scadenze convenute, le rate del contratto di mutuo garantito da ipoteca iscritta sull’abitazione principale del debitore.

Questo sarà possibile quando il debitore, alla data del deposito della domanda, abbia adempiuto regolarmente le proprie obbligazioni (e quindi il contratto di mutuo non sia stato risolto per inadempimento) o se il giudice autorizza il debitore al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data.

Per quanto riguarda, infine, l’omologazione del piano, l’articolo 70, comma 7, CCII sembra circoscrivere il sindacato del giudice rispetto a quanto invece previsto dall’articolo 12 bis, comma 3, L. 3/2012.

L’articolo 70, comma 7, CCII prevede, infatti, che il giudice, verificata l’ammissibilità giuridica e la fattibilità economica del piano, risolta ogni contestazione, omologa il piano con sentenza.

L’articolo 12 bis, comma 3, L. 3/2012, richiede invece che il giudice per omologare il piano:

  • verifichi fattibilità del piano (già attestata dall’OCC);
  • verifichi l’idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili;
  • escluda che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere;
  • escluda che il consumatore abbia colposamente determinato il sovraindebitamento (anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali).