18 Dicembre 2020

La scissione e il riporto delle perdite fiscali

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Come noto l’articolo 84 Tuir ammette, in capo alle società, l’utilizzo di perdite pregresse nei limiti dell’80%, a riduzione del reddito imponibile.

Peraltro, nei primi tre esercizi di attività, e sempreché le stesse siano riferibili allo svolgimento di un’effettiva nuova attività produttiva, le perdite sono riportabili senza limiti di tempo ed in misura piena.

È lecito chiedersi cosa accade se una società con perdite pregresse iscritte a bilancio deve procedere con un’operazione di scissione.

Nell’operazione di scissione, infatti, la lettura dell’articolo 84 Tuir, va combinata con quanto previsto dall’articolo 173, che, al comma 10, stabilisce che “alle perdite fiscali delle società che partecipano alla scissione, si applicano le disposizioni del comma 7 dell’articolo 172, riferendosi alla società scissa le disposizioni riguardanti le società fuse o incorporate e alle beneficiarie quelle riguardanti la società risultante dalla fusione o incorporante (…)”.

In base al comma 7 dell’articolo 172 Tuir, “le perdite delle società che partecipano alla fusione, compresa la società incorporante, possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per la parte del loro ammontare che non eccede l’ammontare del rispettivo patrimonio netto quale risulta dall’ultimo bilancio o, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all’articolo 2501-quater cod. civ. senza tener conto dei conferimenti e versamenti fatti negli ultimi ventiquattro mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa, e sempre che dal conto economico della società le cui perdite sono riportabili, relativo all’esercizio precedente a quello in cui la fusione è stata deliberata, risulti un ammontare di ricavi e proventi dell’attività caratteristica, e un ammontare delle spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, di cui all’articolo 2425 cod. civ., superiore al 40 per cento di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori”.

Di fatto, pertanto, nell’operazione di scissione ci si comporta secondo le regole proprie della fusione.

Ipotizzando che la scissa abbia maturato perdite negli esercizi pregressi, la prima questione riguarda la ripartizione delle perdite fiscali. Le stesse, infatti, andranno ripartite in proporzione al patrimonio contabile che rimane in capo alla scissa o che verrà attribuito alla beneficiaria.

Inoltre, le perdite trasferibili non possono eccedere la proporzione di patrimonio contabile attribuito alla beneficiaria. La seconda osservazione riguarda il test di vitalità, che si basa sul confronto con una media dei due esercizi anteriori a quello precedente la delibera di scissione, rispetto la media dell’esercizio precedente la delibera.

La media di riferimento è relativa ai costi per il personale e i ricavi dell’attività caratteristica.

Come, infatti, prevede il comma 7 dell’articolo 172, detto test è superato, e pertanto le perdite diventano riportabili laddove sia dimostrato che:

  • i ricavi dell’esercizio anteriore alla delibera della scissione siano almeno pari al 40% della media dei due esercizi precedenti,
  • i costi del personale dell’esercizio anteriore alla delibera della scissione siano almeno pari al 40% della media dei due esercizi precedenti.

Sostanzialmente quindi, una volta soddisfatti questi due requisiti, si ritiene superato anche il test di vitalità.

La circolare 9/E/2010 e la risoluzione 168/E/2009 hanno avuto modo di chiarire che i test del patrimonio netto e della vitalità non trovano applicazione nei seguenti casi:

  • in relazione alla società scissa in qualsiasi caso;
  • in capo alla società beneficiaria neocostituita.

I test operano, nel caso della scissione, solamente in capo ad una beneficiaria qualora la stessa sia preesistente alla scissione: è infatti questo l’unico caso in cui può palesarsi la compensazione intersoggettiva delle perdite ed il commercio di bare fiscali.