Esenzione Iva per vaccini e tamponi
di Roberto CurcuCon la Legge di Bilancio per il 2021 (L. 178/2020), ed in particolare con i commi 452 e 453 dell’articolo 1, è stato introdotto il regime di esenzione, con diritto alla detrazione, per le cessioni di vaccini e tamponi per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Covid-19.
Nel dettaglio, come si ricorderà, il D.L. 34/2020 aveva introdotto un regime di esenzione, con diritto alla detrazione, per le cessioni di una serie di beni detti “anti Covid-19”.
Tale regime di esenzione era destinato a durare solo per il 2020, in funzione di articolate regole comunitarie.
Infatti, i beni elencati nell’articolo 124 D.L. 34/2020, a decorrere dal 1° gennaio 2021, sono assoggettati ad Iva con aliquota del 5%, ossia la più bassa che può essere applicata dagli Stati membri, fatta eccezione per il mantenimento di aliquote Iva ancora più basse già esistenti.
Per molti operatori il regime di esenzione con diritto alla detrazione poteva sembrare una novità, e la sua gestione poteva apparire complessa; in realtà, l’ordinamento già conosceva tale regime, riservato ad esempio alle cessioni di beni per i quali non era stata detratta l’Iva in sede di acquisto, o alle prestazioni di servizi finanziari, relative a beni da esportare fuori dalla UE.
Come ora emerge dalle bozze del modello Iva, pubblicate il 23.12.2020, le cessioni dei predetti beni sono da ricomprendere nel rigo VE33, destinato ad accogliere tutte le operazioni esenti poste in essere, e devono poi essere nuovamente inserite nel rigo VF34, nel nuovo campo 9, utilizzato per espungere il valore di dette cessioni dal calcolo della formazione del pro-rata di detraibilità. In tale modo viene quindi garantito il diritto alla detrazione dell’Iva sugli acquisti, pur in presenza di operazioni esenti.
Con riguardo al codice informatico da indicare nella fattura elettronica, Assonime, con propria circolare n. 32 del 22.12.2020, propendeva per l’utilizzo del codice N2 (operazioni escluse), o N2.2 seguendo le nuove specifiche tecniche, pur evidenziando che tale suggerimento non trovava conferme dall’Amministrazione finanziaria.
Alla luce delle istruzioni alla dichiarazione, pubblicate il giorno successivo alla circolare Assonime, chi scrive ritiene invece che fosse corretto utilizzare il codice N4, dedicato appunto a tutte le operazioni esenti che poi confluiscono nel rigo VE33.
Tali chiarimenti, con riferimento ad operazioni che dal 1° gennaio 2021 non sono più esenti, si rivelano utili in quanto, con i commi 452 e 453 della Legge di Bilancio, sono state introdotte due nuove tipologie di esenzioni con diritto alla detrazione, a seguito di una modifica della normativa comunitaria avvenuta pochi giorni prima.
La Direttiva 2020/2020, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea il giorno 11.12.2020, inserendo nella Direttiva Iva 112/2006 il nuovo articolo 129-bis, permette infatti agli Stati membri di introdurre aliquote ridotte o il regime di esenzione con diritto alla detrazione, per la fornitura di vaccini e di dispositivi medico-diagnostici, nonché dei servizi strettamente connessi a tali vaccini e dispositivi.
A tale riguardo, il comma 452 esenta, dal 1° gennaio 2021, le cessioni della strumentazione per diagnostica per Covid-19 che presentano i requisiti previsti dalla Direttiva 79/1998 e dal Regolamento 745/2017, nonché le prestazioni di servizi strettamente connesse a tale strumentazione.
Il comma 453, esenta, a decorrere dal 20 dicembre 2020, le cessioni di vaccini anti-Covid approvati dalla UE o dagli Stati membri, nonché le prestazioni di servizi strettamente connessi.
Chi scrive ritiene quindi che le cessioni di detti beni debbano essere fatturate in esenzione, e che il codice da utilizzare in fattura elettronica sia N4.
Un problema che si presentava per le cessioni effettuate nel 2020 ai sensi del D.L. 34/2020, e che si rischia quindi di riproporre anche con riferimento alla cessione di vaccini e tamponi, è la sorte del credito Iva che si può generare in capo al cedente.
Infatti, salvo la sussistenza di specifici requisiti raggiunti in altro modo dall’impresa (la quale, ad esempio, è allo stesso tempo esportatrice abituale), tali crediti sono rimborsabili solo dopo 4 anni (cioè con il requisito della minore eccedenza del triennio); infatti, le operazioni esenti non concorrono al calcolo dell’aliquota media, requisito che invece potrebbe garantire il rimborso annuale o anche trimestrale.
Il fatto che nelle bozze di dichiarazione Iva tali operazioni siano state inserite insieme alle altre operazioni esenti, e non invece insieme a quelle “effettuate in applicazione di determinate norme agevolative nei confronti dei terremotati e soggetti assimilati” che invece concorrono al calcolo dell’aliquota media, lascia propendere per una risposta negativa.
È quindi opportuno che, con una modifica alle bozze di dichiarazione Iva, o in via interpretativa, la cosa venga chiarita.