17 Febbraio 2021

La definizione della lite per sgravio legittima il rimborso delle sanzioni agevolate

di Angelo Ginex
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Qualora sia intervenuta la definizione della lite in virtù dello sgravio della pretesa tributaria disposto dall’amministrazione finanziaria, sussiste in capo a tale ente l’obbligo giuridico di rimborsare le sanzioni, richieste nei termini per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, anche se versate in via agevolata ex articolo 17 D.Lgs. 472/1997. È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 3984, depositata ieri 16 febbraio 2021.

La vicenda trae origine dalla notifica di un avviso di liquidazione dell’imposta sulle successioni con contestuale irrogazione delle sanzioni ad una associazione. Quest’ultima proponeva ricorso, ritenendo di poter usufruire delle agevolazioni di cui all’articolo 3 D.Lgs. 346/1990, che esenta dall’imposta sulle successioni le associazioni senza scopo di lucro, e chiedeva contestualmente, nei termini per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, il rimborso delle sanzioni versate in via agevolata ex articolo 17 D.Lgs. 472/1997.

La competente Commissione tributaria provinciale dichiarava cessata la materia del contendere con riferimento al diritto alle agevolazioni, riconosciuto dall’amministrazione finanziaria che, nelle more del giudizio, aveva provveduto allo sgravio a seguito della modifica di cui all’articolo 8 L. 161/2014, e accoglieva la domanda di rimborso delle sanzioni pagate dall’ente.

L’Agenzia delle entrate impugnava la decisione di primo grado, lamentando l’insussistenza del diritto al rimborso delle sanzioni versate. La Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava il gravame evidenziando che, sulla base di quanto disposto dall’articolo 19 D.Lgs. 472/1997, «se in esito alla sentenza la somma corrisposta eccede quella che risulta dovuta, l’ufficio deve provvedere al rimborso entro novanta giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza».

Per tale ragione, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso in Cassazione, censurando la sentenza per violazione degli articoli 3 e 17 D.Lgs. 472/1997 e dei principi espressi dalla Corte di giustizia UE sull’applicazione delle sanzioni (cfr., CGUE sent. Equoland C-273/13 pubblicata il 17/07/2014).

In particolare, essa deduceva che i giudici di appello avessero ignorato il disposto degli articoli sopra citati, che, se, da un lato, ammettono la definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad un terzo delle sanzioni irrogate, dall’altro, invece, prevedono che, se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo, il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato.

L’Agenzia delle entrate rilevava altresì che, una volta aderito alla definizione agevolata delle sanzioni, il rapporto controverso sulle sanzioni si esaurisce e diventa intangibile rispetto alla posteriore abrogazione della norma impositiva o all’esito favorevole per il contribuente del giudizio di impugnazione dell’atto impositivo.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha ammesso che le norme richiamate dall’Agenzia delle entrate escludono la ripetibilità delle sanzioni quando il contribuente abbia aderito alla definizione agevolata.

Sul punto, è infatti noto il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui: «In materia di sanzioni amministrative per violazione delle norme tributarie, il versamento della somma notevolmente inferiore a quella concretamente irrogabile, effettuato ex articolo 17, comma 2, D.Lgs. 472/1997, definisce irrevocabilmente ogni questione inerente l’aspetto sanzionatorio del rapporto tributario in contestazione, precludendo all’amministrazione finanziaria di irrogare maggiori sanzioni ed al contribuente di ripetere quanto già pagato (cfr., Cass. n. 25577/2017; Cass. n. 18740/2015; Cass. n. 26740/2013)».

Tuttavia, nel caso di specie, così come evidenziato dalla Suprema Corte, la definizione della lite non è avvenuta in virtù della definizione agevolata prevista dall’articolo 17 D.Lgs. 472/1997, ma sulla base dello sgravio della pretesa tributaria disposto dalla medesima amministrazione finanziaria, la quale aveva riconosciuto che la natura di associazione di diritto austriaco esonerava l’ente ricorrente dall’obbligo di versare l’imposta sulle successioni.

Conseguentemente, è stato sottolineato che: «l’obbligo giuridico dell’ente finanziario di rimborsare le somme versate a titolo di sanzioni origina dall’annullamento della pretesa tributaria».

Detto in altri termini, secondo il ragionamento della Corte di Cassazione, la richiesta di rimborso delle sanzioni agevolate è legittimo in quanto la definizione della lite si fonda sull’intervenuto sgravio della pretesa impositiva, circostanza che “supera” la precedente definizione ai sensi del citato articolo 17.

Sulla base di tali argomentazioni, quindi, i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate.