Spetta all’amministrazione dimostrare la pretesa su cui si fonda l’ingiunzione opposta
di Angelo GinexIn tema di opposizione ad ingiunzione, l’onere di provare la fondatezza della pretesa, che è posto a carico dell’amministrazione in quanto assume la posizione sostanziale di attrice, non può essere offerta mediante dichiarazioni della stessa parte, come quelle dei propri organi contabili, né può essere elusa rievocando la presunzione di legittimità degli atti amministrativi.
È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 9381, depositata ieri 8 aprile.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine da un’ingiunzione emessa nei confronti degli eredi di un soggetto per la restituzione, in favore della Provincia di Palermo, delle somme corrisposte al de cuius a titolo di indennità per le funzioni di amministratore riferite all’area metropolitana.
I due eredi proponevano opposizione al fine di far accertare l’illegittimità della pretesa che l’amministrazione faceva valere con l’ingiunzione. Essi deducevano, in particolare, l’inesistenza del credito restitutorio. Il Tribunale revocava il provvedimento sostenendo che l’ente locale non avesse provato il credito nella sua esatta determinazione, giudicando insufficiente la documentazione prodotta.
Tale decisione veniva riformata dalla Corte d’Appello, la quale, tra l’altro, osservava che fosse l’opponente attore a dover provare l’infondatezza della pretesa, a fronte della presunzione di legittimità derivante dagli atti amministrativi pretensivi e coerenti con i conteggi degli organi contabili.
I due eredi, pertanto, al fine di ottenere l’annullamento di quest’ultima sentenza, proponevano ricorso per cassazione, deducendo, tra gli altri motivi, la violazione e falsa applicazione degli articoli 112, 113, 114, 115 e 116 c.p.c., nonché del R.D. 639/1910.
In particolare, i ricorrenti si dolevano del fatto che la Corte d’Appello avesse erroneamente mancato di considerare che l’attrice sostanziale era l’amministrazione opposta e, in quanto tale, quest’ultima avrebbe dovuto fornire prova compiuta del credito.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la suddetta doglianza.
Innanzitutto, i giudici di vertice hanno rammentato che: «la più recente giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che l’amministrazione convenuta in giudizio di opposizione ad ingiunzione ex art. 3 del r.d. n. 639 del 1910 per l’accertamento di un credito, assume la posizione sostanziale di attrice, sicché ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., è tenuta a fornire la prova dei fatti costitutivi della propria pretesa, mentre l’opponente deve dimostrare la loro inefficacia ovvero l’esistenza di cause modificative o estintive degli stessi (Cfr. Cass. civ., sez. V, 13 ottobre 2006, n. 22027 . Cass. civ., sez. V, 16 giugno 2006, n. 14051 e Cass. civ., sez. I, 19 gennaio 2006, n. 1054)».
La Suprema Corte, poi, ha precisato che a nulla rileva l’obiezione dell’amministrazione secondo cui l’ingiunzione opposta cumuli in sé la natura e funzione di titolo esecutivo unilateralmente formato dalla pubblica amministrazione nell’esercizio del suo peculiare potere di autoaccertamento, e di atto prodromico all’inizio dell’esecuzione coattiva.
Ciò, sulla base della considerazione per la quale la fattispecie in esame, in una prospettiva costituzionalmente orientata, è suscettibile di essere accostata non ad un’azione di accertamento negativo, ma alle “opposizioni ai titoli definiti in dottrina paragiudiziali, quali le ordinanze ingiuntive”. In questi casi, ha spiegato la Cassazione, è la parte pubblica che, dopo aver ragionevolmente fruito della possibilità di adottare un provvedimento esecutivo, deve provare la fondatezza di ciò che pretende, laddove questa venga ritualmente contestata (cfr., Cass. 16/05/2016, n. 9989; Cass., 26/09/2019, n. 24040).
Per tali ragioni, in questi casi «la suddetta prova … non potrà essere evidentemente offerta mediante dichiarazioni della stessa parte, come quelle dei propri organi contabili, né potrà essere elusa rievocando la presunzione di legittimità degli atti amministrativi».
In definitiva, quanto al caso di specie, la Corte ha sottolineato che chi allega di avere effettuato un pagamento non dovuto o dovuto solo in parte e proponga l’azione d’indebito oggettivo per la somma versata in eccedenza, ha l’onere di provare sia l’inesistenza della causa giustificativa del pagamento che quello di provare l’esborso di cui chiede la restituzione (cfr., Cass., 12.06.2020, n. 11294).
Sulla scia di tali argomentazioni ed in applicazione dei generali principi in tema di onere della prova, il ricorso in parola è stato accolto con conseguente cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione affinché si attenga al suesposto principio di diritto.