Plusvalenza accertabile anche se il valore non è rideterminato ai fini del registro
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365Con l’ordinanza n. 9584, depositata ieri, 12 aprile, la Corte di Cassazione è tornata nuovamente a pronunciarsi sul rapporto tra l’accertamento del valore di mercato dell’azienda determinato in sede di applicazione dell’imposta di registro e l’accertamento della plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito della cessione dell’azienda stessa.
Il caso riguarda un’impresa individuale, nei confronti della quale l’Agenzia delle entrate aveva accertato una plusvalenza di euro 81.218 (che sottoponeva a ripresa Irpef) a seguito della cessione dell’azienda.
Più precisamente, l’Ufficio applicava i criteri per l’individuazione dei maggiori valori di cui all’articolo 2, comma 4, D.P.R. 460/1996 (che regola l’attuazione delle disposizioni previste in materia di accertamento con adesione con riferimento all’imposta di registro, sulle successioni e donazioni, ipotecaria e catastale) senza però contestare la congruità dei valori della cessione dell’azienda ai fini dell’imposta di registro.
L’Ufficio accertava inoltre una sopravvenienza attiva conseguente alla cessione dei contratti di leasing aventi ad oggetto due autocarri; si difendeva il contribuente evidenziando che i beni erano parte del complesso aziendale, e, quindi, il loro valore doveva essere inglobato nel valore dell’intero complesso aziendale.
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha innanzitutto evidenziato che, sebbene il valore stabilito in sede di applicazione dell’imposta di registro possa essere considerato come un dato di per sé idoneo a fondare l’accertamento della plusvalenza della cessione (richiamando, a tal fine, Cassazione, n. 10552/2012), ciò non impedisce che la plusvalenza stessa possa essere determinata anche in mancanza di contestazione dell’atto.
La Corte di Cassazione evidenzia inoltre che, più recentemente, è intervenuto l’articolo 5, comma 3, D.Lgs. 147/2015 a disciplinare questi profili, prevedendo che le maggiori plusvalenze da cessione di immobili e di aziende non è presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro o delle imposte ipotecarie e catastali.
Nell’ordinanza in esame, pur venendo richiamata la normativa in esame, viene ribadito “il valore presuntivo della determinazione di mercata fatta nell’ambito dell’imposta di registro”.
Invero, le richiamate modifiche normative erano state oggetto anche della precedente ordinanza della Corte di Cassazione n. 16393 del 30.07.2020, che era giunta a qualificare la novella legislativa come norma di interpretazione autentica della previgente disciplina: in forza della nuova disposizione, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, deve ritenersi esclusa, per l’Amministrazione, la possibilità di procedere a determinare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro.
Pertanto, come precisato anche in precedenza dalla stessa Corte di Cassazione (si veda Cassazione, n. 2610/2019), l’automatica trasposizione del valore dato ai fini dell’imposta di registro in sede di accertamento della plusvalenza per la tassazione Irpef, non trova più ingresso in sede di valutazione della prova: non è dunque possibile ricondurre a quel solo dato il fondamento dell’accertamento, dovendo invece provvedere l’ufficio a individuare ulteriori indizi, dotati di precisione, gravità e concordanza, che supportino adeguatamente il diverso valore della cessione rispetto a quanto dichiarato dal contribuente.
Con riferimento, invece, alla seconda questione (avente ad oggetto la cessione dei contratti di leasing), la Corte di Cassazione ha ricordato che, ai sensi dell’articolo 88, comma 5, Tuir, in caso di cessione del contratto di leasing, il valore normale del bene costituisce sopravvenienza attiva. La disposizione ha una chiara finalità antielusiva, essendo volta ad evitare la cessione (anche a prezzi irrisori) di contratti di leasing in prossimità della data di esercizio del riscatto, al sol fine di sottrarre dal reddito di impresa le plusvalenze prodotte.
La richiamata disposizione, però, non può trovare applicazione nell’ambito di una cessione d’azienda: in questo caso, infatti, tale componente entra a far parte del valore unitario dell’azienda stessa e, pertanto, non è necessario rilevare una sopravvenienza attiva autonoma.