Il regime dei neo-residenti: profili di incostituzionalità?
di Luigi FerrajoliLa Legge di Bilancio 2017 (L. 232/2016) ha introdotto l’articolo 24-bis Tuir, il quale ha previsto un nuovo regime fiscale per le persone fisiche che trasferiscono in Italia la propria residenza fiscale, il c.d. regime dei neo-residenti o net worth individuals, che rappresenta un regime opzionale di imposizione sostitutiva dell’Irpef.
Esso è ispirato al regime del “resident but not domiciled” inglese, il quale prevede una tassazione piena dei redditi prodotti in Inghilterra, mentre i redditi di fonte estera e già tassati in altri Paesi sono assoggettati ad imposizione in Inghilterra solo se ivi rimpatriati.
Nello specifico, il primo comma della disposizione in questa sede considerata dispone che “Le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva, di cui al comma 2 del presente articolo, dei redditi prodotti all’estero (…) a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia (…) per un tempo almeno pari a nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti l’inizio del periodo di validità dell’opzione”.
In particolare, i redditi di fonte estera prodotti da tali soggetti scontano un’imposta sostitutiva pari ad euro 100.000 per ciascun periodo d’imposta in cui è valida l’opzione, mentre tale importo è ridotto ad euro 25.000 annui per ciascun familiare.
È evidente, sin da una prima lettura della norma, che il suddetto trattamento fiscale costituisce una deroga al principio di tassazione mondiale del reddito (c.d. worldwide taxation principle) di cui all’articolo 2 Tuir e secondo il quale “Soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato”.
L’articolo 24-bis Tuir specifica inoltre che, ai fini di verificare sia il trasferimento di residenza sia il numero di periodi di imposta in cui il soggetto ha avuto la residenza all’estero, è necessario considerare quanto disposto dall’articolo 2, comma 2, Tuir.
In tal senso, è utile richiamare la circolare 17/E/2017, nella quale l’Agenzia ha specificato che “tenuto conto della rilevanza del solo dato dell’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, il soggetto che non si è mai cancellato da tale registro non può essere ammesso alle agevolazioni in esame. L’accesso ai regimi agevolativi è consentito, altresì, alle persone fisiche, in grado di vincere la presunzione di residenza in Italia di cui al comma 2-bis dell’articolo 2 del Tuir”.
La medesima circolare chiarisce inoltre che “(…) l’eventuale istanza di cui al comma 3 dell’articolo 24-bis del Tuir sarà dichiarata inammissibile sia se è in corso un’attività di verifica, sia in caso di accertamento definitivo che attesti la residenza fiscale in Italia del contribuente che pretende di essersi trasferito da altro Stato”.
È un regime che presenta indubbi vantaggi sotto il profilo fiscale, soprattutto per quei soggetti a cui è imputabile un elevato reddito di fonte estera (si pensi, ad esempio, agli sportivi professionisti).
Stante il cumulo di agevolazioni previsto dal regime in esame, può sorgere il dubbio se esso presenti o meno profili di incostituzionalità, ed in particolare se violi il principio di uguaglianza previsto dall’articolo 3 Cost., non essendo in nessun caso prevista, per i soggetti residenti in Italia – non trasferitisi dall’estero – alcuna imposta sul reddito in misura fissa e predeterminata.
È doveroso evidenziare, difatti, che il trattamento fiscale di cui all’articolo 24-bis Tuir, contrariamente alla regola generale della tassazione progressiva dei redditi prodotti dalle persone fisiche, prevede l’applicazione di un’imposta fissa, indipendentemente dall’ammontare del reddito estero imputabile al neo-residente.
Tuttavia, da tale aspetto vantaggioso, ne discende un altro foriero di altrettanti benefici: in particolare, dal momento che i redditi esteri non concorrono alla formazione del reddito complessivo con quelli di fonte italiana, l’aliquota da applicare verrà calcolata unicamente su quest’ultimi, ed essa potrebbe dunque risultare di gran lunga inferiore rispetto a quella che verrebbe applicata se venisse calcolata sul totale dei redditi mondiali.
Ciò significa, dunque, che, sebbene i redditi prodotti dai neo-residenti all’interno dello Stato italiano risultino tassabili in via ordinaria, essi beneficeranno di un trattamento fiscale più favorevole, essendo inevitabilmente assoggettati ad un’aliquota inferiore rispetto a quella che verrebbe considerata ai fini del worldwide taxation principle.