Acconto Imu 2021: tornano le regole “a regime”
di Fabio GarriniAccantonata la disciplina transitoria prevista lo scorso anno, dal 2021 diventa applicabile la regola a regime nel calcolo dell’Imu, regola peraltro analoga a quella già vigente sino al 2019, prima della revisione delle regole di funzionamento del tributo locale introdotte con la L. 160/2019 (Legge di bilancio per il 2020).
Nel presente contributo andiamo a riepilogare le modalità di calcolo dell’acconto e l’individuazione delle aliquote applicabili, rinviando ad altri contributi che saranno pubblicati nei prossimi giorni l’esame delle disposizioni di esenzione introdotte in relazione ai contribuenti che hanno subito gli effetti negativi della pandemia.
L’acconto 2021
Come detto, nel 2021 torna applicabile la “tradizionale” regola che presidia il calcolo dell’Imu in autoliquidazione.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 762, L. 160/2019 i soggetti passivi effettuano il versamento dell’imposta dovuta per l’anno in corso in due rate:
- entro il 16 giugno sarà dovuto il versamento in acconto, facendo riferimento all’imposta dovuta per il primo semestre, applicando l’aliquota e la detrazione approvata per l’anno precedente;
- entro il 16 dicembre i contribuenti dovranno invece provvedere al versamento a saldo. Il versamento della seconda rata è eseguito, a saldo dell’imposta dovuta per l’intero anno, con eventuale conguaglio sulla prima rata versata, sulla base degli atti pubblicati sul sito internet del Mef alla data del 28 ottobre di ciascun anno di imposta. In caso di mancata pubblicazione delle delibere entro il 28 ottobre 2021, ai sensi del comma 767, si applicano le aliquote e le detrazioni Imu vigenti nel comune per l’anno 2020.
Ai sensi del comma 762, in occasione della scadenza di giugno è possibile il versamento in unica soluzione, applicando quindi già da subito le aliquote dell’anno in corso; in tal caso, a saldo non si dovrà effettuare alcun ulteriore versamento (salvo che le aliquote 2021 non vengano modificate successivamente alla scadenza di versamento di giugno).
Come di consueto, per eseguire il versamento è possibile utilizzare gli appositi bollettini postali, ovvero in alternativa il modello F24 nella sezione “Imu e altre imposte locali”, ricordando che gli importi da indicare sul modello F24 devono essere arrotondati all’unità di euro e occorre verificare sul regolamento comunale quale sia la soglia per il minimo di versamento.
Il modello F24 offre la possibilità di utilizzare in compensazione eventuali crediti d’imposta vantati dal contribuente (anche qualora sia stato presentato il modello 730, se il contribuente ha indicato nel quadro “I” l’ammontare del credito che si è tenuto a disposizione).
Le aliquote
L’accorpamento della Tasi ha comportato l’incremento dell’aliquota base Imu, che è salita dallo 0,76% allo 0,86% (non che questo si noti, visto che spesso i comuni approvano delibere ben oltre il livello standard). L’aliquota di base può essere incrementata dall’ente impositore sino al 1,06%; viene concesso, ai comuni che hanno già esercitato in passato la facoltà di aumentare l’aliquota Tasi dello 0,8 per mille, di incrementare l’aliquota Imu fino all’1,14%.
L’aliquota di base per i fabbricati rurali ad uso strumentale è pari allo 0,1% e i comuni possono solo ridurla fino all’azzeramento.
Fino all’anno 2021, l’aliquota di base per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, è pari allo 0,1% e i comuni possono aumentarla fino allo 0,25% o diminuirla fino all’azzeramento. Dal 2022, i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, finché permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, diverranno esenti dall’Imu.
L’aliquota di base per i terreni agricoli è pari allo 0,76% e i comuni possono aumentarla sino all’1,06% o diminuirla fino all’azzeramento.
Per gli immobili ad uso produttivo classificati nel gruppo catastale D l’aliquota di base è pari allo 0,86%, di cui la quota pari allo 0,76% è riservata allo Stato; il Comune può aumentarla sino all’1,06% o diminuirla fino al limite dello 0,76% (quindi per tali immobili l’imposta non può mai essere azzerata, proprio per salvaguardare la quota di spettanza dell’erario).
Quindi, a parte i fabbricati di categoria D, il comune potrà generalmente provvedere alla riduzione di tali aliquote sino all’azzeramento, soluzione che prima dell’avvento della L. 160/2019 non era consentita.
Per le abitazioni locate a canone concordato di cui alla L. 431/1998 è prevista una specifica riduzione: l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal comune, è ridotta al 75%.