4 Giugno 2021

Il prelievo dal conto di studio salva il professionista dal versamento sospetto

di Angelo Ginex
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In tema di accertamento bancario, costituisce valida prova contraria per il professionista, cui sia stato contestato un maggior reddito in applicazione della presunzione legale di cui all’articolo 32 D.P.R. 600/1973 per aver effettuato un versamento sul proprio conto personale, quella attestante che tale somma è stata prelevata solo qualche giorno prima dal conto corrente dell’attività professionale.

Sono queste le conclusioni rassegnate dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 15353, depositata ieri 3 giugno.

In seguito ad indagini finanziarie aventi ad oggetto le movimentazioni sui conti correnti bancari, l’Agenzia delle entrate notificava ad un professionista un avviso di accertamento mediante il quale gli contestava un maggior reddito a fronte di quello dichiarato, con conseguente recupero a tassazione delle maggiori imposte Irpef ed Iva.

Il contribuente proponeva ricorso, che veniva accolto dalla competente Commissione tributaria provinciale, sul presupposto che era stata fornita la prova delle giustificazioni addotte. L’Amministrazione finanziaria impugnava la sentenza di primo grado e la Commissione tributaria regionale della Sicilia accoglieva l’appello rilevando che l’accertamento fiscale era fondato sulle presunzioni di reddito dei versamenti bancari, mentre il contribuente non aveva fornito elementi probatori a giustificazione dei versamenti.

Pertanto, il professionista proponeva ricorso in Cassazione, deducendo, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 cod. civ., in riferimento agli articoli 32, 37 e 38 D.P.R. 633/1973, dell’articolo 51 D.P.R. 633/1972 in relazione all’articolo 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ., oltre che l’inosservanza dell’articolo 360, comma 1, n.5, cod. proc. civ.

In particolare, il ricorrente lamentava una applicazione errata dei principi del riparto dell’onere della prova, evidenziando che fosse onere dell’Amministrazione finanziaria dimostrare i fatti costitutivi posti a fondamento dell’accertamento e che i giudici di secondo grado non avevano considerato, errando, che il versamento sul conto del professionista derivava da un prelevamento fatto pochi giorni prima dal conto dello studio.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dal professionista, ritenendo fondata la suddetta doglianza.

Innanzitutto, i giudici di vertice hanno affermato che la presunzione legale “iuris tantum” prevista dall’articolo 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973, può essere vinta dal contribuente «soltanto se offre la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che gli accrediti e gli addebiti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che vengano indicati e dimostrati dal contribuente la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti e dei prelievi». (cfr., Cass. sent. 30.12.2015, n. 26111; Cass. ord. 20.09.2017, n. 21800).

Come evidenziato dai giudici di legittimità, ciò comporta l’inversione dell’onere della prova, spettando il superamento di suddetta presunzione al contribuente, il quale, nell’adempimento dell’onere di dimostrare l’estraneità delle movimentazioni bancarie alle operazioni imponibili, deve fornire una prova analitica della diversa riferibilità di ogni versamento bancario. È poi onere del giudice verificare in modo rigoroso l’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie (cfr., Cass. ord. 2.02.2018, n. 2649).

Infine, la Suprema Corte ha rammentato che, in mancanza di un espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, dovendo in questo caso il giudice di merito individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo (cfr., Cass. ord. 5.05.2017, n. 11102).

Sulla scorta di tali argomentazioni, quindi, la Cassazione ha affermato che: «La Commissione non ha … proceduto ad una valutazione rigorosa delle prove apportate dalla contribuente a giustificazione delle operazioni bancarie oggetto di contestazione», dal momento che non sono stati valutati gli elementi documentali dai quali si evince che i versamenti sul conto personale erano avvenuti a qualche giorno di distanza dai prelevamenti dai conti dell’attività professionale.

Pertanto, il ricorso è stato accolto con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia in diversa composizione.