7 Luglio 2021

Sì all’omessa dichiarazione se l’imputato non chiede al commercialista conferma sull’invio

di Angelo Ginex
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Nel reato di omessa dichiarazione, laddove il soggetto obbligato si sia avvalso dell’operato di un professionista, il dolo specifico di evasione è provato dalla mancanza di ulteriori contatti con questo diretti a verificare l’invio della dichiarazione ovvero ad accertare l’esistenza di ulteriori adempimenti, così come dalla ripetizione del medesimo comportamento nel successivo periodo di imposta.

Sono questi gli interessanti principi desumibili dall’iter argomentativo espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 25530, depositata ieri 6 luglio.

Nel caso di specie, il legale rappresentante di una s.r.l. veniva condannato alla pena di otto mesi di reclusione (oltre sanzioni accessorie), per il reato di cui all’articolo 5 D.Lgs. 74/2000 relativamente all’omessa presentazione delle dichiarazioni annuali dei redditi e IVA per il periodo di imposta 2012.

La Corte di appello di Milano confermava integralmente la pronuncia resa all’esito del primo grado di giudizio e, pertanto, l’imputato proponeva ricorso in Cassazione, adducendo sia il vizio di motivazione che di travisamento della prova. In particolare, questi deduceva l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato di omessa dichiarazione evidenziando che dalle due sentenze di merito non fosse possibile ravvisare la prova certa della sussistenza del dolo specifico in capo a lui e che, piuttosto, dagli atti emergeva la sua buona fede.

Secondo la difesa, inoltre, l’elemento soggettivo non poteva dirsi integrato sia perché il legale rappresentante non poteva avere piena contezza dell’imposta dovuta e del superamento della soglia di punibilità, sia perché la decisione di affidare la tenuta della contabilità ad un professionista offriva la prova dell’insussistenza di elementi sintomatici di una condotta finalizzata all’evasione fiscale, anche nel caso di eventuale consapevolezza della mancata adeguata compilazione della dichiarazione fiscale.

Ebbene, la Corte di Cassazione ha rammentato che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, l’affidamento ad un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione.

Infatti, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale e non delegabile il relativo dovere. Tuttavia, la prova del dolo specifico di evasione non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo, né da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento anti-doveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale (cfr., Cass. sent. 29.05.2020, n. 16469; Cass. sent. 18.06.2015, n. 37856).

Dunque, la Corte ha affermato che «l’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi, incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità. Il fatto che il contribuente (la persona giuridica nel caso di specie) possa avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione non vale a trasferire su queste ultime l’obbligo dichiarativo che fa carico direttamente al contribuente, il quale, in caso di trasmissione telematica della dichiarazione, è comunque obbligato alla conservazione della copia sottoscritta della dichiarazione».

Detto in altri termini, il solo fatto di aver affidato ad un professionista il compito di predisporre e trasmettere la dichiarazione dei redditi, non è una circostanza in grado di giustificare la violazione dell’obbligo o di escludere la consapevolezza della inutile scadenza del termine (cfr., Cass. sent. 14.01.2020, n. 9417).

Ciò detto, con specifico riferimento all’elemento soggettivo del reato, è stato evidenziato che la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione, può essere desunta dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente, unitamente alla piena consapevolezza, da parte del soggetto obbligato, dell’esatto ammontare dell’imposta dovuta (cfr., Cass. sent. 19.01.2016, n. 18936).

A tal proposito, la Corte di Cassazione ha osservato che, sulla base degli elementi fattuali emersi, dovesse ritenersi che il legale rappresentante era al corrente della situazione contabile della società, dal momento che non risultavano esserci stati ulteriori contatti con il professionista, quantomeno al fine di verificare l’invio della dichiarazione e di accertare l’esistenza di ulteriori adempimenti.

Inoltre, sempre secondo i giudici di vertice, la sussistenza del dolo specifico in capo al contribuente veniva altresì confermata dal fatto che egli avesse continuato a non adempiere alle obbligazioni fiscali anche nell’anno di imposta successivo, con ciò confermando la sua volontà preordinata di non presentare la dichiarazione.

Sulla scorta di tali argomentazioni, quindi, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile.