7 Settembre 2021

Acquisto prima casa ed impossibilità per il contribuente di trasferire la residenza

di Caterina Bruno
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La scheda di FISCOPRATICO

Tra i requisiti previsti per fruire dell’aliquota agevolata dell’imposta di registro per l’acquisto della prima abitazione non di lusso, l’articolo 1, nota II bis, lett. a) della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 131/1986, tra le altre condizioni, stabilisce che: “l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza”, aggiungendo che “la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto”.

La residenza dell’acquirente nel comune in cui si trova l’immobile è, dunque, un elemento costitutivo del beneficio “prima casa”, che viene provvisoriamente accordato anche quando l’acquirente risieda altrove, purchè nell’atto di acquisto dichiari di voler trasferire in quel comune la sua residenza.

In quest’ultimo caso, l’acquirente assume nei confronti del Fisco l’obbligo di provvedere ad effettuale tale trasferimento nel termine di 18 mesi, determinandosi, in caso di inadempimento, la decadenza dal beneficio (Cassazione, n. 28860/2017; Cassazione, n. 2527/2014).

La realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il Fisco, nella cui valutazione non può, però, non tenersi conto – proprio perché inerente ad un suo comportamento – della sopravvenienza di un caso di forza maggiore, e cioè di un ostacolo all’adempimento dell’obbligazione, caratterizzato dalla non imputabilità alla parte obbligata, e dall’inevitabilità ed imprevedibilità dell’evento.

La giurisprudenza di legittimità ha, dunque, riconosciuto che il mancato stabilimento nel termine di legge della residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa” non comporta la decadenza dall’agevolazione qualora tale evento sia dovuto ad una causa di forza maggiore, sopraggiunta in un momento successivo rispetto a quello di stipula dell’atto di acquisto dell’immobile stesso (Cassazione, n. 14399/2013).

Nell’attuale contesto pandemico che ha determinato negli ultimi 18 mesi restrizioni di spostamento e interruzioni delle attività economiche è lecito domandarsi se possano ravvisarsi le condizioni di forza maggiore necessarie ad impedire la decadenza dalla prevista agevolazione anche nei casi di mancato trasferimento entro il termine previsto dal legislatore.

E ciò a prescindere dal periodo di sospensione riconosciuto dal legislatore in considerazione dell’attuale situazione di eccezionalità in corso.

È, infatti, d’obbligo ricordare che in forza del combinato disposto dell’articolo 24, comma 1, D.L. 23/2020 (convertito in L. 40/2020) e dell’articolo 3, comma 11-quinquies, D.L. 183/2020 (convertito in L. 21/2021) i termini previsti dalla nota II bis all’articolo 1 della Tariffa Parte Prima allegata al T.U. dell’imposta di registro (agevolazioni prima casa) e il termine previsto dall’articolo 7 L. 448/1998 (riconoscimento del credito d’imposta per il riacquisto della prima casa) sono sospesi tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2021. Riprenderanno a decorrere a partire dal 1° gennaio 2022.

Ci si riferisce, ad esempio, alle ipotesi in cui la sospensione dei lavori di ristrutturazione e/o di completamento di un immobile unita all’eventuale situazione di crisi economica dell’acquirente/contribuente in difficoltà nella prosecuzione dell’intervento edile, possano impedire a quest’ultimo di adempiere all’obbligazione assunta con il Fisco.

Sul caso del mancato trasferimento della residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile, la Cassazione ha in più di un’occasione affermato “che la forza maggiore non è ravvisabilein caso di mancata ultimazione di un appartamento in costruzione né in caso di protrazione di lavori di straordinaria manutenzione di un immobile già edificato” (così Cassazione, n. 5015/2015; Cassazione, n. 8641/2016; Cassazione, n. 28838/2019).

D’accordo con tale soluzione interpretativa, recentemente la Cassazione, con la sentenza n. 17629/2021 ha escluso che la revoca dell’agevolazione “prima casa” potesse essere considerata illegittima a causa della maggiore durata dei lavori di completamento dell’abitazione, acquistata allo stato grezzo; circostanza non ritenuta dai Supremi giudici avente le caratteristiche della forza maggiore tale da poter giustificare il mancato trasferimento della residenza nel termine previsto.

Ciò in quanto l’articolo 1, nota II bis, comma 1, lett. a), della Tariffa, Parte Prima, allegata al D.P.R. 131/1986 subordina il riconoscimento dell’agevolazione alla circostanza che la residenza sia trasferita, nel termine di 18 mesi, nel comune in cui è ubicato l’immobile e non necessariamente nell’abitazione acquistata, sicché possono assumere rilevanza, al fine della configurabilità della forza maggiore, solo fatti che abbiano impedito il trasferimento della residenza nel comune.

Seguendo tale indirizzo interpretativo sembrerebbe non potersi invocare l’ipotesi della forza maggiore in una fattispecie in cui il legislatore ha già derogato al termine ordinario prevedendone specificamente la sospensione causa Covid-19.

In base a tali considerazioni e fatti salvi futuri e differenti approdi giurisprudenziali, i neo-acquirenti di “prima casa” a decorrere dal prossimo 1° gennaio 2022 dovranno essere pronti a fronteggiare il cambio di residenza assolvendo all’impegno assunto con il Fisco nei termini previsti dal legislatore, onde non incorrere nella decadenza dei benefici acquisiti in sede di compravendita.