14 Settembre 2021

Operazioni rese da soggetti esteri non stabiliti e reverse charge

di Luca Caramaschi
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La scheda di FISCOPRATICO

Il nostro ordinamento interno contempla, ai fini Iva, una previsione in base alla quale “Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7 ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti. Tuttavia, nel caso di cessioni di beni o di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro dell’Unione europea, il cessionario o committente adempie gli obblighi di fatturazione di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427”.

Si tratta, in particolare, dell’articolo 17, comma 2, D.P.R. 633/1972 che, in presenza di soggetti passivi non residenti che agiscono in qualità di cedenti/prestatori, ribalta l’obbligo di assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto sul cessionario/committente, se quest’ultimo riveste la qualità di soggetto passivo stabilito nel territorio nazionale (si fa presente che potrebbe trattarsi anche in questo caso di soggetto estero non residente).

La finalità di tale disposizione appare evidente e si concretizza nell’agevolare il meccanismo di liquidazione e conseguente riscossione dell’imposta, ponendolo in capo a soggetti che già per loro natura risultano assoggettati agli obblighi imposti dalla normativa Iva Italia, evitando nel contempo un aggravio di adempimenti per i soggetti esteri non residenti che si trovano a compiere operazioni territorialmente rilevanti nel nostro Paese.

Va in ogni caso tenuto presente che la vigente normativa prevista ai fini Iva già offre ad un soggetto passivo non residente che opera in Italia diverse opzioni per poter assolvere agli adempimenti previsti nel nostro Paese. Si tratta delle possibilità di:

  1. nominare un rappresentante fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 17 D.P.R. 633/1972;
  2. identificarsi direttamente ai sensi dell’articolo 35 ter D.P.R. 633/1972 (nel solo caso di soggetti comunitari o di soggetti di paesi extra-Ue con i quali sussistono rapporti di reciproca assistenza con il nostro Paese);
  3. istituire una stabile organizzazione in Italia.

A parte quest’ultima opzione (l’esistenza di una stabile organizzazione in Italia ai fini Iva mette il soggetto passivo estero sullo stesso piano di un soggetto passivo residente in Italia), nella prima e seconda ipotesi sopra elencate (rappresentante fiscale e identificazione diretta) il soggetto estero mantiene la natura di soggetto non residente in Italia.

Ed è proprio in relazione a tale fattispecie che l’Agenzia delle entrate, con la recente risposta all’istanza di interpello n. 549/2021 ha avuto modo di ribadire concetti che si rivelano particolarmente utili sotto il profilo operativo degli adempimenti da effettuare ai fini Iva.

Il caso preso in esame, e tutt’altro che infrequente, presentava questi elementi:

  • servizio territorialmente rilevante in Italia,
  • reso da un soggetto passivo estero non stabilito in Italia (prestatore),
  • a un soggetto passivo stabilito in Italia (committente).

La soluzione, ribadita nel citato documento di prassi, è che l’Iva relativa alla prestazione di servizi territorialmente rilevante in Italia, effettuata dal prestatore estero non stabilito, nei confronti del committente italiano, va obbligatoriamente assolta da quest’ultimo tramite il meccanismo dell’inversione contabile (o reverse charge); e questo anche se il prestatore estero fosse identificato ai fini Iva in Italia mediante l’identificazione diretta o la nomina di un rappresentante fiscale (su questo punto si riscontrano numerose pronunce del passato, tra queste si vedano la circolare 14/E/2010, la circolare 36/E/2010 quesito n. 31, la risoluzione 21/E/2015).

Anche in virtù delle non esaustive indicazioni fornite nel recente documento di prassi, si ritiene utile fornire, infine, alcune precisazioni in merito alle differenti modalità attraverso le quali viene attuato il sistema dell’inversione contabile a seconda che il fornitore estero sia un soggetto passivo Iva

  • stabilito fuori dall’Ue,
  • stabilito nella Ue (fattispecie richiamata nel secondo periodo del riportato comma 2 dell’articolo 17 del Decreto Iva).

Nel primo caso il soggetto estero non stabilito nella Ue dovrà emettere un documento con la propria posizione extracomunitaria e spetterà al committente italiano assolvere l’imposta in Italia mediante un’autofattura cartacea che risulta quindi esclusa dall’obbligo di fatturazione elettronica e che andrà riepilogata nella comunicazione delle operazioni transfrontaliere (esterometro).

Nel caso invece di soggetto passivo stabilito ai fini Iva in uno Stato Ue, è il committente italiano che deve adempiere agli obblighi di fatturazione e di registrazione secondo le disposizioni degli articoli 46 e 47 D.L. 331/1993 (decreto che regola la disciplina degli scambi intracomunitari), integrando con l’Iva “italiana” ai sensi dell’articolo 17, comma 2, secondo periodo, del decreto Iva la fattura ricevuta senza addebito dell’imposta, e annotandola nei propri registri acquisti e vendite.

Anche quest’ultima fattura sarà cartacea, in quanto esclusa dall’obbligo di fatturazione elettronica, mentre dovrà essere comunicata nell’esterometro (e nel modello Intra-2, ma solo al superamento delle soglie di rilevanza, e sempre che l’adempimento non sia già stato assolto dalla posizione Iva italiana del soggetto estero).