Storia della frittura: caratteristiche e curiosità
di Paola Sartori – Foodwriter e bloggerChi ha inventato la frittura? È la domanda che spesso ci poniamo per benedire o maledire quel genio culinario che inventò una tecnica di cottura che piace a tutti.
Sulla frittura si sono costruite ricchezze, basti pensare alle quantità di fish and chips vendute in tutto il mondo. Verrebbe da pensare che la frittura sia stata inventata nei Paesi anglosassoni oppure direttamente oltreoceano, ma non è così.
Tre i popoli che si contendono il primato di aver scoperto come friggere gli alimenti:
- Egiziani,
- Ebrei,
- Cinesi.
Gli storici della gastronomia hanno diverse teorie su chi si contenda il primato di aver scoperto come friggere gli alimenti.
Gli Egizi, ottimi panificatori, sembra che friggessero nel grasso la pasta di pane dolcificata con il miele. Inoltre, nella tomba del faraone Ramses III è stata trovata una raffigurazione dei dolcetti fritti a forma di spirale. Dolce che in molte regioni italiane ancora oggi viene preparato in occasione del carnevale e non solo.
La seconda tesi sostiene che gli inventori della frittura furono gli ebrei quando in fuga dall’Egitto si trovarono nel deserto del Sinai. Nel Levitico si impone che i sacerdoti offrano a Dio un impasto di farina e grasso.
La terza tesi attesta che furono i Cinesi ad inventare la frittura nel XV secolo dopo aver fabbricato il Wok, padella dal fondo concavo adatta a raggiungere alte temperature. Adatta quindi alla frittura con gli oli vegetali estratti dai Cinesi: sesamo, soia e canapa.
Troviamo la frittura anche a Roma, nel “De re coquinaria” di Apicio, vissuto sotto Tiberio nel I secolo d.C. L’unico problema è che l’autore usa spesso il verbo frigere anche per il significato di tostare.
Dobbiamo attendere il Medioevo per vedere la frittura entrare a pieno diritto nei ricettari dell’epoca. Sono del 1380 (Viander di Taillevent) le prime ricette di Luccio fritto, frittate e frittelle. Ci furono poi le ricette di due cuochi marchigiani, Venanzio Mattei di Camerino, nel 1669, che tra le sue preparazioni parla di pane fritto dorato e formaggio fritto, ricette queste che ancora figurano nella tradizione marchigiana.
L’altro cuoco marchigiano fu Antonio Latini di Fabriano che nel 1692 diede alle stampe Lo scalco alla moderna, dove descrive i pranzi preparati per il Governatore spagnolo a Napoli.
Descrive ricette come: “gran piatto di fritto con fegato di vitello, bocconi di animalle, fegatelli di diversi polli, cervelle di vitelle, fette di zinna con sparaci fritti sopra, funghi soffritti, fette di provola fritte e braciolette di vitella battute e fritte”.
Con il passare degli anni apparvero sempre più ricette preparate friggendo gli ingredienti in grasso animale, lo strutto. Si iniziarono a friggere arance, mele, pollo, uccelletti, gobbi, cardi e carciofi, formaggio fresco, riso, selleri, pesce sfoglia.
Polpette di stoccafisso fritte, animelle di agnello fritte, gnocchetti di semolino fritti, gnocchetti di crema fritta, olive ripiene fritte, sfrappe, uova fritte e frittelle sono invece le ricette descritte nel libro “La guida in cucina” del 1927 di Cesare Tirabasso, il cuoco di Montappone.
Per trovare la ricetta delle famose patate fritte dobbiamo invece arrivare alla fine del ‘700 e la paternità se la contendono più nazioni. Nella popolazione dei Valloni, regione del Belgio, le mogli dei pescatori della Mosa sembra che friggessero le patate a forma di piccoli pesci durante l’inverno quando il fiume era ghiacciato e i loro mariti non si riuscivano a pescare nulla.
La Francia, però, assegnò la paternità al famoso Parmentier e alla sua campagna per sostenere il consumo delle patate nel 1789.
Gli Stati Uniti, invec,e ne pretesero la paternità assegnandola al cuoco americano George Crum che, per fare un dispetto ad un facoltoso cliente troppo esigente, concepì l’idea di tagliare le patate a fette sottilissime e di friggerle pensando così di renderle immangiabili. Creò, invece, delle patate leggerissime e croccanti al punto giusto rendendo felice il cliente.