Compenso dell’avvocato del Comune al netto degli oneri contributivi e dell’IRAP
di Angelo GinexI compensi professionali, dovuti ai sensi dell’articolo 27 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del 14 settembre 2000 per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, successivo a quello del primo settembre 1999, spettano, in conformità alla disposizione contenuta nell’articolo 2115 cod. civ., nei casi non regolati ratione temporis dall’articolo 1, comma 208, L. 266/2005, al netto degli oneri contributivi previdenziali ed assistenziali, della spesa dell’assicurazione Inail e della imposta IRAP gravante sulla Pubblica Amministrazione datrice di lavoro.
È questo il principio di diritto sancito dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 27315, depositata ieri 7 ottobre.
La fattispecie disaminata dai giudici di vertice trae origine dalla richiesta di un avvocato (in servizio presso l’Avvocatura civica di un Comune) della rideterminazione dell’esatto ammontare dei compensi professionali a lui spettanti, al netto di IRAP, CPDEL ed INAIL a carico del Comune e la condanna di quest’ultimo alla ricostruzione della propria posizione retributiva, contributiva e previdenziale conseguente alla rideterminazione dei compensi.
Il giudice di primo grado accoglieva la domanda riguardante la corretta liquidazione dei compensi professionali, ma solo in relazione alla richiesta di determinazione degli stessi al netto dell’IRAP ed obbligava l’Amministrazione all’integrale ricostituzione della posizione retributiva, contributiva e previdenziale del ricorrente. Al fine di vedere accolte le domande rigettate in primo grado, l’avvocato proponeva appello, che veniva rigettato, mentre veniva accolto l’appello incidentale del Comune, con il quale era stata impugnata la statuizione che aveva accertato il diritto alla rideterminazione dei compensi professionali con conseguente condanna alla restituzione della somma indebitamente trattenuta.
Il professionista, pertanto, proponeva ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, deducendo, tra gli altri motivi, la violazione dell’articolo 3, D.Lgs. 446/1997, asserendo che il fatto che il Comune avesse versato l’IRAP, attingendo la somma dalla retribuzione del dipendente (con il sistema della trattenuta alla fonte), determinasse una inversione del soggetto passivo d’imposta non consentita dall’articolo 3, D.Lgs. 446/1997.
Preliminarmente, i giudici di legittimità hanno rammentato che l’IRAP è un’imposta che colpisce non i redditi personali, ma il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate e, pertanto, non può che gravare sul datore di lavoro (cfr., C. Cost. sent. 21.05.2001 n. 156; Cass. Sez. Un. Sent. 26.05.2009 n. 12111; Cass. sent. 24.06.2016 n.23333).
Come anche affermato dalla Corte dei Conti, il presupposto impositivo dell’IRAP si realizza in capo all’ente che eroga il compenso di lavoro dipendente, il quale rappresenta il soggetto passivo dell’imposta e l’onere fiscale non può gravare su di lui in relazione agli oneri di natura retributiva, bensì unicamente sull’ente datore di lavoro (Sezioni Riunite di Controllo della Corte dei Conti, 7.06.2010 n.33).
Pertanto, come correttamente rilevato dal ricorrente, la disposizione contenuta nell’articolo 1, L. 266/2005 (precisato che essa non regola, ratione temporis, la fattispecie dedotta in giudizio) nell’interpretazione data dalla Corte dei Conti, esclude la riconducibilità dell’IRAP nell’ambito degli oneri riflessi. Infatti, pur essendo l’Amministrazione tenuta ad erogare i compensi professionali senza trattenere la quota necessaria a pagare l’IRAP, essa è, nondimeno, obbligata al rispetto della disciplina sulla copertura dei fondi e, quindi, della regola della copertura finanziaria imposta dall’articolo 81, comma 4, Cost.; «con la conseguenza che –afferma la Corte- essa è tenuta a quantificare le disponibilità destinabili ad avvocati e professionisti accantonando le somme necessarie per fronteggiare l’onere IRAP, al pari di quanto è tenuta a fare per il pagamento delle altre retribuzioni al personale pubblico».
Trattasi infine di principi che si pongono in continuità con quanto recentemente affermato dalla Cassazione che, seppur con riguardo ad una fattispecie diversa da quella in esame, per il principio di necessaria copertura della spesa pubblica, le amministrazioni devono quantificare le somme che gravano sull’ente a titolo di IRAP, rendendole indisponibili, e successivamente procedere alla ripartizione dell’incentivo, corrispondendo lo stesso ai dipendenti interessati al netto degli oneri assicurativi e previdenziali (cfr. Cass. civ. sent.13.08.2019 n. 21398).
In virtù delle suesposte argomentazioni, la Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Venezia in diversa composizione affinché decida nel merito, alla luce del principio di diritto enunciato.