Giornalismo: la percezione è la chiave di tutto
di Assunta Corbo - giornalista, autrice e Founder Constructive NetworkIl grande illusionista Harry Houdini affermava “Quello che gli occhi vedono e le orecchie sentono, la mente crede”. In questa frase è racchiuso il concetto della percezione della realtà che, spesso, è molto lontano dalla realtà stessa. È sufficiente fare un piccolo esperimento per rendersi conto di quanto sia lontana la realtà dalla percezione che ci costruiamo attraverso l’informazione. Basterebbe prendersi il tempo per fare un elenco dei titoli letti o ascoltati sui media nell’ultima settimana prendendo consapevolezza delle emozioni e dei pensieri che ci hanno provocato. Con questo bagaglio di esperienze, poi, proviamo a verificare quanto di quello che abbiamo letto ha avuto riflesso nella nostra quotidianità. Questo non vuol dire che l’informazione sia sbagliata, sia chiaro. È però innegabile che abbia il mirino puntato su quello che più ci turba e non sull’altra parte della storia. Quella parte, per intenderci, che aiuterebbe a raccontare l’umanità nella sua interezza.
Il giornalista e politologo americano Walter Lippmann, nel suo libro “Pubblica Opinione”, scrive che:
“Il solo sentimento che una persona può provare
circa un evento che non ha vissuto
è quello che nasce dalle immagini mentali
che lui stesso si è costruito”.
Dal momento che molte delle storie che leggiamo sui media non sono quelle che viviamo in prima persona, dipendiamo fortemente dai media e ci costruiamo la realtà sulla base di quello che ci viene raccontato. Questo pensiero apre una riflessione importante: i giornalisti hanno una grande responsabilità nei confronti dei lettori e delle lettrici.
Verrebbe da esprimere un desiderio: una stampa obiettiva il più possibile capace di rappresentare la realtà quasi come fosse davanti a uno specchio. Solo che, quello specchio, dovrebbe essere senza “curve ed essere tenuto con mani molto ferme” come afferma il giornalista americano Edward R. Murrow.
In sostanza, qualcosa di impossibile per una ragione principale: i giornalisti sono persone ed è impossibile che la narrazione non venga modificata dalle curve delle opinioni personali o della storia che appartiene a ognuno di noi.
Presa consapevolezza di queste riflessioni resta uno spazio per abbracciare soluzioni possibili. Mentre i giornalisti dovrebbero impegnarsi a selezionare le notizie allargando lo sguardo e cercando anche ciò che probabilmente non racconterebbero, cosa possiamo fare come lettori e lettrici?
Possiamo scegliere di:
- Affezionarci alle firme piuttosto che alle testate giornalistiche. Esistono giornalisti che lavorano con cura e dedizione al lettore e che sono impegnati nel fornire approfondimenti e articoli che aiutano a comprendere la realtà dei fatti.
- Cercare sempre dati che contestualizzano il racconto. Se non sono presenti nell’articolo che abbiamo intercettato cerchiamoli altrove prima di costruirci la nostra opinione. Il contesto ci offre sempre una visione più ampia.
- Apriamoci a nuovi punti di vista. Usciamo dalla logica che ci basta avallare le nostre opinioni: leggendo altri punti di vista non necessariamente cambiamo idea ma di certo abbiamo una maggiore completezza di informazione.
- Smettiamo di informarci sui social media. La news feed dei social network è determinata dall’algoritmo che seleziona le notizie che sicuramente apprezziamo. Ecco perché rischiamo di polarizzare le informazioni e di dare linfa alla nostra tesi senza aprirci ad altro.
Nell’era che stiamo vivendo ognuno di noi deve consumare le notizie in modo critico. Non possiamo più pensare di informarci in modo passivo. Lo dobbiamo alla nostra intelligenza prima di tutto.