Il sindaco della società di calcio concorre nel reato di indebita compensazione
di Angelo GinexNel caso in cui il sindaco di una società esprima parere favorevole all’acquisto di un credito fiscale inesistente, oppure di un compendio aziendale contenente un credito fiscale inesistente, e successivamente tale credito venga utilizzato ai fini di compensazione, questi pone in essere una condotta causalmente rilevante a titolo di concorso ex articolo 110 cod. pen., quantomeno in termini agevolativi e di rafforzamento del proposito criminoso, rispetto alla realizzazione del reato di indebita compensazione di cui all’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000.
È questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 40324, depositata ieri 9 novembre.
Nel caso di specie, il giudice per le indagini preliminari applicava le misure dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche e imprese o professioni per la durata di un anno nei confronti del presidente del collegio sindacale di una società di calcio professionistica.
Era emerso, infatti, che egli avesse espresso parere favorevole all’adozione della delibera di acquisto del ramo di azienda di una s.r.l. del quale faceva parte un credito IVA inesistente e che, in seguito all’approvazione di tale delibera, tale credito fosse stato utilizzato ai fini di compensazione Irpef e Irpeg.
Pertanto, il sindaco veniva ritenuto gravemente indiziato dei reati di indebita compensazione ex articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000 e di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza ex articolo 2638, commi 1 e 2, cod. civ. Il Tribunale, in seguito ad istanza di riesame (che veniva riqualificata come appello), confermava il provvedimento del g.i.p.
Il prevenuto proponeva ricorso in Cassazione, deducendo la violazione di legge in riferimento agli articoli 292 e 309 cod. proc. pen. con riguardo alla mera apparenza di motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, che si baserebbe sull’erroneo presupposto della evidenza dell’inesistenza del credito rientrante nel patrimonio del ramo di azienda acquistato dalla suddetta società di calcio.
Veniva osservato altresì che il contributo concorsuale non potesse essere affermato sulla base del mero parere del presidente del collegio sindacale (non essendo vincolante per l’acquisto di ramo d’azienda) e che, comunque, non sussistesse una consapevolezza del ricorrente circa l’inesistenza del credito fiscale e la strumentalità dell’acquisto all’effettuazione di compensazioni ex articolo 17 D.Lgs. 241/1997.
Ebbene, i giudici di vertice hanno affermato che, se è vero che la condotta di un componente del Collegio sindacale di una società di calcio professionistica (ma il discorso non muta per una qualsiasi altra società) che esprime un parere favorevole all’acquisto di un credito inesistente è diversa da quella tipizzata dall’articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000, non vi è dubbio che questa può assumere rilievo a norma dell’articolo 110 cod. pen., quale partecipazione a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione (cfr., Cass. sent. 14.11.2017, n. 1999).
Infatti, come costantemente osservato dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità della partecipazione nel reato, rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento dell’autore c.d. “principale”, compresa la partecipazione morale nelle sue varie forme del mandato e dell’incitamento (cfr., SS.UU. sent. 24.05.2012, n. 36258).
Peraltro, secondo quanto si evince dalle disposizioni del codice civile, il collegio sindacale di una società e i singoli componenti di esso, sono in condizione di “confortare” le scelte degli organi sociali e, dall’altro lato, di attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della persona giuridica, qualora le ritengano illegittime. In particolare, i sindaci, che «sono responsabili della verità delle loro attestazioni» (articolo 2407 cod. civ.) possono, tra le altre cose, influire sulla corretta gestione della società, ad esempio convocando l’assemblea per segnalare irregolarità di gestione (articolo 2406 cod. civ.) o impugnare le delibere sociali ritenute illegittime (articoli 2377 e 2388 cod. civ.).
Sulla base di tali argomentazioni, la Corte di Cassazione ha concluso che è senz’altro punibile, a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione, la condotta del componente del collegio sindacale di una società, che esprime parere favorevole all’acquisto di un credito fiscale inesistente.
Conseguentemente, i giudici hanno dovuto accertare la consapevolezza dell’inesistenza del credito e della strumentalità al successivo utilizzo ai fini di compensazione, ai sensi dell’articolo 17 D.lgs. 241/1997.
Così come evidenziato dalla Suprema Corte, tale consapevolezza, in capo al sindaco, è stata ritenuta sussistente in considerazione di una pluralità di elementi correttamente evidenziati e ben argomentati dal Tribunale.
Pertanto, il ricorso è stato rigettato con conferma delle adottate misure dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e del divieto di esercitare imprese o uffici direttivi di persone giuridiche e imprese o professioni per la durata di un anno.