Concorso dei sindaci nel reato di indebita compensazione
di Emanuel MonzeglioIl parere favorevole, da parte dei sindaci di una società o di uno solo di essi, all’acquisto di un credito fiscale inesistente o di un compendio aziendale contenente un credito fiscale inesistente può porre in essere una condotta rilevante tale da coinvolgerli in concorso nel reato di indebita compensazione.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, può sussistere il concorso nel reato di indebita compensazione (articolo 110 c.p.) del consulente fiscale e/o del terzo, in quanto rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento della volontà dell’autore principale (SS. UU. n. 45276/2003 e n. 36258/2012).
Nello specifico, il collegio sindacale e i singoli componenti di esso, secondo le disposizioni del codice civile sono in condizione di confortare le scelte degli organi sociali e, al contrario, di attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della società, ove le ritengano illegittime.
A tal proposito, ai sensi dell’articolo 2403 cod. civ., il collegio sindacale, tra l’altro, ha il dovere di vigilare «sul rispetto dei principi di corretta amministrazione».
Inoltre, secondo quanto disciplinato dall’ex articolo 2407 cod. civ., i sindaci «sono responsabili della verità delle loro attestazioni» nonché «responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità agli obblighi della loro carica».
Il tutto reso ancora più rilevante dal fatto che, i sindaci, sono titolari di specifici poteri e facoltà per poter influire sulla corretta gestione della società, ovvero essi possono:
- convocare l’assemblea per segnalare irregolarità di gestione (articolo 2406 cod. civ.);
- far ricorso al tribunale per la riduzione del capitale sociale per perdite (articoli 2446 e 2447 cod. civ.);
- impugnare le delibere sociali ritenute illegittime (articoli 2377 e 2388 cod. civ.);
- chiedere al tribunale la nomina dei liquidatori (articolo 2487 cod. civ.);
- presentare denuncia al tribunale nei confronti degli amministratori (articolo 2409 cod. civ.).
Affinché possa sussistere la responsabilità dei sindaci a titolo di concorso nel reato, sopra citato, occorrerebbe però anche accertare la loro consapevolezza. Ne deriva che è necessario accertare che il medesimo soggetto abbia espresso il parere favorevole nella consapevolezza sia dell’inesistenza del credito fiscale, sia della strumentalità all’acquisto di tale credito al successivo utilizzo a fini di compensazione.
La Corte di Cassazione Penale con sentenza n. 40324/2021, depositata in data 9 novembre dell’anno corrente, è tornata ad esprimersi in merito alla questione della configurabilità del reato di cui all’articolo 10 – quater D.Lgs. 74/2000 in capo ai membri del collegio sindacale.
Nel caso di specie, il Tribunale di Palermo riteneva il ricorrente gravemente indiziato nel reato di indebita compensazione ex articolo 10-quater D.Lgs. 74/2000, in virtù del parere favorevole espresso in relazione alla delibera di acquisto del ramo d’azienda da una Srl contente un importante credito fiscale inesistente. Delibera successivamente approvata con conseguente utilizzo in compensazione di detto credito. L’indagine lo vedeva coinvolto, nella sua qualità di presidente del collegio sindacale, nella medesima qualità e in concorso con il presidente del consiglio di amministrazione.
La Suprema corte ha ribadito che gli indizi indicati dal Tribunale di Palermo, in ordine all’evidente anomalia dell’operazione di acquisto del ramo d’azienda contenente il credito inesistente nonché alla volontà del ricorrente di ignorarli e all’interesse alla realizzazione delle operazioni illecite, sono “plurimi, gravi, precisi e concordati” per poter affermare, in termini di gravità indiziaria, la sussistenza del dolo eventuale.
In particolare si evidenzia che la dimostrata inclinazione degli organi amministrativi di ricorrere al sistema dell’acquisto di “scatole” societarie contenenti crediti fasulli è stata resa nota al presidente del collegio sindacale prima che esprimesse il suo parere favorevole.
Questo di per sé, secondo quanto scritto nella sentenza della Corte di Cassazione, costituiva un primo evidente “campanello d’allarme”. Nonostante ciò, il ricorrente ha prestato la sua espressa adesione all’acquisto del ramo d’azienda contenente il credito “fasullo”, per di più facendo espressa rinuncia all’acquisizione della documentazione di supporto per determinare l’effettiva esistenza di codesto credito fiscale.
Il ricorrente era, altresì, perfettamente a conoscenza che tale acquisto era funzionale a ripianare la situazione debitoria della società anche dal punto di vista fiscale come chiaramente pronunciato sia dal presidente del consiglio di amministrazione sia da lui medesimo.
Stante quanto sopra descritto, i giudici di legittimità hanno rigettato il ricorso, confermando quindi le misure cautelari.