Le sportive e l’Iva: prestazioni di servizi esenti o escluse?
di Guido MartinelliHa sollevato notevoli dibattiti, in questi giorni, la novella approvata dal Senato, in sede di approvazione della legge di conversione del D.L. 146/2021, con la quale, in recepimento delle indicazioni provenienti da una procedura di infrazione comunitaria, si prevede la modifica della disciplina fiscale delle prestazioni di servizi degli enti su base associativa trasferendoli, con modifiche, dall’area delle prestazioni poste fuori campo Iva a quelle esenti da imposta ex articolo 10 D.P.R. 633/1972.
Si ricorderà che analogo tentativo era stato fatto nella Legge di bilancio dell’anno scorso. L’opposizione che era nata dal mondo del non profit aveva portato il Parlamento a non approvare detta proposta.
Ci si riprova quest’anno. Sono anche in questo caso emerse le condivisibili perplessità dal mondo dello sport e del terzo settore che fanno apparire assai probabile che il provvedimento, pur approvato, veda un rinvio della entrata in vigore con un emendamento, presumibilmente, della Legge di bilancio di altrettanto imminente approvazione.
In attesa di esaminarla al momento della sua effettiva entrata in vigore ci siano consentite, in questo momento di iter di approvazione in corso, alcune considerazioni, diciamo così, “laterali”.
Un primo aspetto al momento assai poco analizzato è relativo alle conseguenze che questo potrebbe avere per le grosse organizzazioni sportive quali Federazioni, discipline sportive associate ed enti di promozione sportiva.
È noto che questi enti, ai fini fiscali, rientrano tra quelli di natura “non commerciale” e che hanno applicato le disposizioni legate a tale qualificazione, tra le quali l’articolo 148 Tuir e il collegato articolo 4 D.P.R. 633/1972.
A riforma approvata la domanda che ci si pone è come classificheremo ai fini Iva proventi quali iscrizione campionati, tasse gara, iscrizioni stage di aggiornamento, sanzioni sportive, ecc, riscossi dalle Federazioni e dagli enti di promozione sportiva dai propri associati. Siamo proprio sicuri che la novella sia priva di conseguenze per l’inquadramento fiscale di tali attività?
Ma facciamo un’altra considerazione affrontando il problema non dal punto di vista contabile ma fiscale.
Il nuovo punto 2 dell’articolo 10, comma 3, D.P.R. 633/1972, per come novellato nell’emendamento, prevede che siano esenti le prestazioni sportive rese “alle persone”. Quindi, in armonia con la giurisprudenza comunitaria, chiunque pratica attività sportive ha diritto a godere di questa agevolazione.
In realtà fino ad oggi l’attuale esclusione da Iva non era per tutti ma solo per soggetti predeterminati: soci e tesserati. Analogo limite pone l’articolo 148 Tuir ai fini reddituali.
La circostanza che i soggetti destinatari della norma di esenzione, ai fini iva e ai fini dei redditi, non siano i medesimi, costringerà, a norma approvata, o a continuare a limitare l’accesso alle prestazioni di servizi solo ad associati e tesserati, di modo che si possa godere della esenzione da Iva e della decommercializzazione ai fini dei redditi, oppure a dover distinguere (e questa diventa la prova diabolica) tra provento esente versato da associato o tesserato (esente Iva e decommercializzato ai fini dei redditi) e provento versato da terzo (esente Iva e soggetto a imposta sui redditi).
Secondo problema: le società sportive di capitali. Non sono specificatamente citate nella norma. Fino ad ora siamo arrivati a determinare il non assoggettamento a Iva dei corrispettivi versati da tesserati di una Ssd in virtù del richiamo contenuto nell’articolo 90, comma 1, L. 289/2002. La fattispecie reggeva appunto sul presupposto che fosse attività decommercializzata.
Nel momento in cui diventa attività commerciale e non vengono le Ssd espressamente citate nella norma di esenzione, il fortissimo rischio è che trovino applicazione i commi 2 e 3 del citato articolo 4 del decreto Iva che indicano che le prestazioni di servizi fatte dalle società di capitali “si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese” e che sono tali anche quelle fatte “ai propri soci, associati e partecipanti”.
Ma vi è anche un altro passaggio che preoccupa (molto), perché in questo caso coinvolgerebbe anche le Asd.
L’esenzione da Iva trova applicazione “a condizione di non provocare distorsioni della concorrenza a danno delle imprese commerciali soggette all’Iva”.
Ricordiamoci che sul mercato dei servizi sportivi operano sia società commerciali a tutti gli effetti che società sportive professionistiche
Fino ad ora il problema era stato “in parte” evitato in quanto si sosteneva che diversi erano i destinatari dei servizi: l’utenza indiscriminata per le società commerciali e quelle professionistiche, gli associati e i tesserati per quelle dilettantistiche.
Nel momento in cui i destinatari dei servizi diventano i medesimi, la generalità dei soggetti interessati, appare pacificamente lesiva della concorrenza la circostanza che la leva calcio della società professionistica preveda quote soggette a Iva e la medesima attività offerta da società dilettantistiche ne sia esente.
Analogamente il corso di ginnastica della palestra commerciale rispetto al medesimo corso di una Asd.
La rivoluzione per la disciplina fiscale delle associazioni e società sportive dilettantistiche forse sta per iniziare.