Lo “spostamento” tra le immobilizzazioni della partecipazione va motivato
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365La società non può appellarsi ad una generica necessità di ricondurre a realtà sostanziale la rappresentazione formale del bilancio per poter “spostare” le partecipazioni di controllo dall’attivo circolante alle immobilizzazioni finanziarie e riapprovare successivamente il bilancio.
Sono queste, in sintesi, le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40692, depositata ieri, 20 dicembre.
Il caso riguarda una Spa che aveva acquisito la quota di partecipazione di controllo in un’altra Spa, iscrivendola nell’attivo circolante di bilancio, tra le attività finanziarie non immobilizzate.
Cinque anni dopo, nel 2003, la Spa ha ceduto la partecipazione azionaria, iscrivendo in bilancio una plusvalenza in luogo di un ricavo e optando per l’applicazione dell’imposta sostitutiva prevista dall’articolo 1, comma 3, D.Lgs. 358/1997 (successivamente abrogato dall’articolo 3 D.Lgs. 344/2003, e quindi oggi non vigente).
La richiamata previsione prevedeva la possibilità di applicare un’imposta sostitutiva alle “plusvalenze realizzate mediante la cessione di partecipazioni di controllo o di collegamento, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, contenente disposizioni in materia di società controllate e collegate, che risultano iscritte come tali nelle immobilizzazioni finanziarie degli ultimi tre bilanci”.
La cedente, anche al fine di poter beneficiare dell’appena richiamata previsione, aveva quindi sottoposto all’assemblea societaria nuovi bilanci da riapprovare, relativi alle ultime annualità, nei quali la partecipazione non veniva più iscritta tra l’attivo circolante ma tra le immobilizzazioni finanziarie. I pregressi dati contabili venivano quindi corretti.
Ad avviso della stessa, infatti, si rendeva necessario ricondurre la realtà formale del bilancio alla realtà sostanziale del fatto economico, trattandosi di un mero errore contabile. Doveva inoltre ritenersi pienamente riconosciuta, al contribuente, la facoltà di emendare la dichiarazione dei redditi.
I Giudici, investiti della questione, hanno ritenuto necessario richiamare il principio contabile Oic 29 (nella versione all’epoca vigente), evidenziando come non vi fosse alcun presupposto per poter correggere il bilancio.
Mentre gli errori “non determinanti” possono essere corretti mediante una semplice rettifica della posta patrimoniale, gli errori “determinanti”, idonei a rendere il bilancio inattendibile, possono richiedere, in alcuni casi, la correzione dei bilanci degli esercizi precedenti.
La società, però, non ha mai specificato per quale motivo l’errore dovesse essere ritenuto rilevante.
D’altra parte, la “destinazione alla rivendita” e l’iscrizione della partecipazione nell’attivo circolante, tra le attività finanziarie non costituenti immobilizzazioni, appaiono essere riconducibili esclusivamente alla volontà dell’imprenditore; tale comportamento, tra l’altro, è stato ripetuto anche per diverse annualità.
Deve quindi escludersi la possibilità di beneficiare dell’imposta sostitutiva a seguito della cessione.