Scudo fiscale: due anni per il rimborso dell’imposta straordinaria
di Angelo GinexIn tema di rimborso, la domanda di restituzione dell’imposta straordinaria per l’adesione allo scudo fiscale disciplinato dall’articolo 12, comma 1, D.L. 350/2001, deve essere presentata, in mancanza di una disposizione specifica, nel termine di due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione, ai sensi dell’articolo 21, comma 2, D.Lgs. 546/1992.
È questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 495 depositata ieri 11 gennaio, la quale consolida il filone giurisprudenziale esistente in materia di rimborso fiscale e termine di decadenza (cfr., ex multis Cass. Sent. n. 15840/2006; Cass. Ord. n. 6900/2014; Cass. Sent. n. 7069/2015).
La vicenda trae origine dalla presentazione, in data 16 gennaio 2013, di un’istanza di rimborso dell’imposta straordinaria per l’adesione allo scudo fiscale di cui all’articolo 12, comma 1, D.L. 350/2001.
Constatato il silenzio-rifiuto opposto dall’amministrazione finanziaria, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla competente commissione tributaria, che però lo rigettava. Così, questi proponeva appello e la Commissione tributaria regionale della Lombardia, in accoglimento del gravame, riteneva dovuto il rimborso.
Pertanto, l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso in Cassazione lamentando, tra gli altri motivi, la violazione dell’articolo 38, comma 1, D.P.R. 602/1973 e dell’articolo 21, comma 2, D.Lgs. 546/1992, in quanto il giudice di secondo grado non avrebbe rilevato l’intervenuta decadenza.
Al fine di meglio comprendere la doglianza avanzata dall’Ufficio, si precisa che dalla lettura della pronuncia in esame emerge che il pagamento dell’imposta straordinaria per l’adesione allo scudo fiscale di cui all’articolo 12, comma 1, D.L. 350/2001, sia avvenuto in data 27 febbraio 2002, a seguito della presentazione all’intermediario della dichiarazione in forma riservata; e che, in data 10 dicembre 2010, l’Agenzia delle entrate, disconoscendo i benefici connessi allo scudo fiscale, abbia notificato all’odierno resistente, in qualità di erede della sorella defunta (ovvero, colei che aveva aderito allo scudo fiscale), avviso di accertamento per i redditi esteri non dichiarati relativamente all’anno di imposta 2002.
Quindi, secondo quanto sostenuto dall’Ufficio, l’istanza di rimborso, poiché presentata in data 16 gennaio 2013, doveva considerarsi tardiva, essendo ampiamento decorso il termine di 48 mesi dal pagamento, che è avvenuto in data 27 febbraio 2002.
Inoltre, la stessa rilevava come, anche ove si volesse ritenere che il termine di decadenza debba essere computato dalla data di notifica dell’avviso di accertamento che disconosce gli effetti dell’adesione, e quindi, nella specie, dalla data del 10 dicembre 2010, assumendo che è questo il momento in cui sorge il diritto alla restituzione, il termine di decadenza sarebbe comunque decorso.
La Corte di Cassazione, esaminando tale doglianza prima delle altre, perché ritenuta assorbente delle altre questioni, l’ha ritenuta fondata e, conseguentemente, ha accolto il ricorso proposto dall’Ufficio.
In particolare, i giudici di vertice, dopo aver ripercorso le tappe degli eventi sopra indicati, hanno rammentato il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di rimborso fiscale, secondo cui: «Nell’ordinamento tributario vige, per la ripetizione del pagamento indebito, un regime speciale basato sull’istanza di parte, da presentare, a pena di decadenza, nel termine previsto dalle singole leggi di imposta (in specie, per i rimborsi di versamenti diretti attinenti alle imposte sui redditi, dall’art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602) o, comunque, in difetto, dalle norme sul contenzioso tributario (art. 16, comma sesto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 e, ora, artt. 19, comma primo, lett. g, e 21, comma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), regime che impedisce, in linea di principio, l’applicazione della disciplina prevista per l’indebito di diritto comune. Ne discende che, da un lato, all’istituto del rimborso su istanza di parte deve riconoscersi carattere di regola generale in materia tributaria – idonea, come tale, ad orientare anche l’interprete -, e, dall’altro, le norme che contemplano l’istituto del rimborso ufficioso (che, ove applicabile, esclude ovviamente l’operatività del primo), data la loro natura eccezionale, vanno considerate di stretta interpretazione».
Successivamente, in merito all’eccezione avanzata dall’Ufficio, la Cassazione ha precisato che nella specie non può trovare applicazione l’articolo 38, comma 1, D.P.R. 602/1973, ma – come dallo stesso evidenziato – l’articolo 21, comma 2, D.Lgs. 546/1992, disposizione di carattere residuale secondo cui, in mancanza di disposizione specifiche, la domanda di restituzione dei tributi non può essere presentata decorsi due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
Pertanto, si è concluso che l’istanza di rimborso, presentata in data 16 gennaio 2013, è tardiva, in quanto il termine di due anni deve farsi decorrere dalla data di versamento dell’imposta straordinaria, avvenuta in data 27 febbraio 2002. Né, tantomeno, può assumere rilevanza, secondo la Corte, la data del 22 luglio 2011, in cui il contribuente ha prestato acquiescenza al suddetto accertamento, dovendosi tenere conto del fatto che egli non ha mai rimpatriato nel territorio nazionale le attività detenute all’estero.
Sulla scorta delle suesposte argomentazioni, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso originario del contribuente.