CFC Rule: nuovi chiarimenti per la determinazione della tassazione effettiva
di Marco BargagliL’Agenzia delle entrate, nella recente circolare 18/E/2021, ha chiarito che la disciplina relativa alle c.d. “Controlled Foreign Companies” (CFC Rule) contenuta nell’articolo 167 Tuir ha la finalità di rendere imponibili in capo ai soggetti residenti o stabiliti in Italia gli utili prodotti dalle società estere controllate, nonché dalle stabili organizzazioni all’estero di imprese residenti in Italia per le quali è applicabile il regime di branch exemption (ex articolo 168-ter Tuir), che beneficiano di una tassazione ridotta nello Stato di insediamento e che, al tempo stesso, risultano titolari di determinate categorie di proventi (c.d. passive income), senza svolgere un’attività economica effettiva.
L’imposizione derivante dall’applicazione delle disposizioni previste dalla disciplina CFC viene subita dal soggetto controllante italiano, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili e a tassazione separata, indipendentemente dall’effettiva percezione degli stessi utili sotto forma di dividendi.
La normativa CFC, introdotta inizialmente nel nostro ordinamento con l’articolo 1, lettera a), L. 342/2000, è stata oggetto di numerose modifiche intervenute nel corso degli anni.
La medesima CFC legislation è stata ulteriormente modificata ad opera dell’articolo 4 D.Lgs. 142/2018 (c.d. “Decreto Atad”), attuativo della Direttiva Atad UE 2016/1164, recante norme di contrasto alle pratiche di elusione fiscale attuate a livello transnazionale.
In particolare, a decorrere dall’esercizio 2019, il regime fiscale CFC si applica al ricorrere congiunto di una duplice condizione pregiudiziale (prevista dall’articolo 167, comma 4, Tuir), che riguarda i soggetti controllati esteri quando gli stessi:
- sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;
- oltre un terzo dei proventi realizzati oltre frontiera rientra in una o più delle seguenti categorie:
- interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
- canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
- dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
- redditi da leasing finanziario;
- redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
- proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
- proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente.
Il legislatore ha altresì previsto una specifica condizione esimente che consente di disapplicare la normativa in rassegna.
In particolare, la tassazione dei redditi esteri non si applica qualora il soggetto residente in Italia dimostra che il soggetto controllato non residente svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.
Con questo primo speciale analizziamo, di seguito, le indicazioni diramate dall’Agenzia delle entrate, utili a determinare il livello di tassazione effettiva estera, con particolare riferimento alla tipologia di imposte sul reddito da considerare.
Anzitutto, per verificare l’applicazione della CFC rule, il soggetto controllante residente in Italia dovrà necessariamente accertare il livello di tassazione effettiva dell’impresa controllata estera rispetto a quello “virtuale domestico”.
In merito, si ricorda che:
- per “tassazione effettiva estera” si intende il rapporto tra l’imposta estera corrispondente al reddito imponibile e l’utile ante-imposte risultante dal bilancio della controllata;
- per “tassazione virtuale domestica” si intende il rapporto tra l’imposta che la controllata avrebbe pagato in Italia, corrispondente al reddito imponibile rideterminato secondo le disposizioni fiscali italiane in materia di reddito d’impresa (con variazioni RF), e l’utile ante-imposte risultante dal bilancio della controllata.
A tale fine, si rammenta che la disposizione di cui all’articolo 167, comma 4, lettera a), Tuir prevede che la disciplina CFC, tra le altre condizioni, si applichi “se i soggetti controllati non residenti […] sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia”.
Ciò posto, nella determinazione della tassazione effettiva estera occorre considerare:
- le imposte sul reddito effettivamente dovute dall’entità estera controllata nello Stato di localizzazione, al netto dell’utilizzo di eventuali crediti d’imposta per i redditi prodotti in Stati diversi da quello di insediamento;
- le imposte dovute sui redditi della medesima entità estera in altre giurisdizioni (ad esempio, le ritenute d’imposta prelevate negli Stati della fonte del reddito diversi dallo Stato di localizzazione);
- le imposte dovute dalla entità estera in relazione ai redditi attribuibili all’attività svolta attraverso una stabile organizzazione in regime di credito di imposta localizzata in altra giurisdizione includendo, in entrambi i casi, tra le altre giurisdizioni anche l’Italia.
A tal fine, assumono rilevanza solo le imposte assolte a titolo definitivo e non suscettibili di rimborso, neanche in virtù dell’applicazione dell’eventuale Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra lo Stato di localizzazione dell’entità estera controllata e lo Stato della fonte.
A livello internazionale, in presenza di una Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato di residenza della controllata, le imposte sul reddito sono quelle ivi individuate, nonché quelle di natura identica o analoga che siano intervenute successivamente in sostituzione di quelle individuate nella medesima Convenzione.
Infine, nell’ipotesi di Confederazioni di Stati, nel computo della tassazione effettiva estera si devono considerare, oltre alle imposte federali, anche le imposte sul reddito proprie di ciascuno Stato federale e delle amministrazioni locali.
Come chiarito dalla citata circolare 18/E/2021:
- tenuto conto della natura di imposte sul reddito, queste rilevano anche se non espressamente incluse nell’eventuale Convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e lo Stato di localizzazione della controllata;
- analogamente, per le imposte prelevate sui redditi della controllata a titolo definitivo in Stati diversi da quello di residenza o localizzazione, si farà riferimento alle imposte sul reddito individuate nelle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con detti altri Stati, nonché quelle di natura identica o analoga che siano intervenute successivamente in aggiunta o in sostituzione di quelle individuate nella medesima Convenzione;
- in assenza di una Convenzione per evitare le doppie imposizioni, la verifica sulla natura del tributo estero assolto nello Stato di residenza o localizzazione della entità estera (o in un altro Stato diverso da questo) andrà effettuata alla stregua dei principi e delle nozioni evincibili dall’ordinamento tributario nazionale. Sul punto, come indicato nella circolare 9/E/2015, il contribuente potrà comunque presentare un’istanza d’interpello nel caso in cui sussistano obiettive condizioni d’incertezza sulla qualificabilità del tributo estero quale imposta sul reddito.