L’interpello preventivo quale strumento di ausilio per decisioni informate
di Domenico SantoroGianluca CristoforiCome noto, l’articolo 11 L. 212/2000 riconosce ai contribuenti il diritto di interpellare l’Amministrazione finanziaria al fine di conoscerne, in via preventiva, il parere in merito a fattispecie concrete e personali nei casi in cui, dalle stesse, possano derivare dubbi in ordine:
a) all’applicazione delle disposizioni tributarie connotate da obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione da assumere e/o sulla corretta qualificazione di talune fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili (cd. interpello ordinario di tipo interpretativo o di tipo qualificatorio);
b) alla sussistenza delle condizioni e all’idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi / esimenti fiscali (cd. interpello probatorio);
c) all’applicazione, a una certa fattispecie concreta, della disciplina in materia di contrasto dell’abuso del diritto (cd. interpello anti-abuso);
d) alla possibilità di disapplicare le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento (cd. interpello disapplicativo).
Tale strumento assume, quindi, particolare utilità per i contribuenti in genere e, in particolare, per i lavoratori autonomi, gli imprenditori e gli organi amministrativi di società ed enti, in quanto consente di acquisire un elemento conoscitivo importante per assumere una decisione informata in merito – ad esempio – all’opportunità di porre in essere una certa operazione secondo un determinato schema, ovvero in ordine alla qualificazione di una determinata fattispecie ai fini del corretto assolvimento dell’obbligazione tributaria.
L’utilità di ricorrere all’istituto dell’interpello risiede, infatti, proprio nella possibilità di conoscere in via preventiva – ovverosia prima di porre in essere una certa operazione ovvero, comunque, prima di assolvere all’obbligazione tributaria che ne deriva – il parere dell’Amministrazione finanziaria, così da conoscerne in anticipo l’interpretazione e assumere, conseguentemente, le decisioni ritenute più appropriate in ragione di un quadro informativo il più possibile preciso anche sul piano tributario, riservandosi infine di conformarvisi, oppure – ove non se ne condividessero le conclusioni – di disallineare la propria condotta, consapevoli delle conseguenze che da ciò derivano, da valutarsi caso per caso.
Ciò premesso, il modus operandi adottato dall’Agenzia delle Entrate in risposta a talune istanze di interpello finisce talvolta per mortificare un po’ la ratio dell’istituto, quando questa si disinteressa del tutto delle questioni sottoposte alla sua attenzione, ritenendole “assorbite” da preliminari considerazioni, talvolta forse nemmeno ben meditate e, comunque, non costituenti oggetto d’interpello.
Ciò emerge, per esempio, leggendo la risposta a istanza d’interpello n. 730 del 19 ottobre 2021, in materia di bonus aggregazioni di cui all’articolo 11 D.L. 34/2019.
L’istanza traeva origine da un’operazione di aggregazione aziendale posta in essere da due autonomi gruppi d’impresa: il gruppo 1, intervenuto nell’operazione di aggregazione con la società Alfa (la conferitaria), e il gruppo 2, intervenuto nell’operazione con le società Beta ed Epsioln (le conferenti), entrambe sotto comune controllo della società Delta.
Per effetto del conferimento dei rami d’azienda, da parte delle società Beta ed Epsilon, nella società Alfa, era stata realizzata una concentrazione delle due aziende prima di esclusiva pertinenza del gruppo 2 con quella già condotta da Alfa (gruppo 1).
In relazione a detta operazione di aggregazione aziendale, nonché in merito alla ricorrenza dei presupposti per la legittima fruizione del bonus aggregazioni, nessun dubbio parrebbe essere stato paventato dal contribuente all’Amministrazione finanziaria, essendo infatti questi interessato a comprendere solo gli effetti di una successiva operazione di riorganizzazione aziendale posta in essere (la fusione delle società conferenti Beta ed Epsilon) in termini di eventuale decadenza dall’agevolazione.
I dubbi rappresentati nell’istanza di interpello afferivano, infatti:
1) all’inclusione, oppure no, tra le fattispecie di automatica decadenza dall’agevolazione (ex articolo 11, comma 6, D.L. 34/2019) della successiva operazione di fusione per incorporazione della società Epsilon nella società Beta, il cui controllo totalitario è rimasto in capo alla società Delta (gruppo 2);
2.1) in caso di risposta negativa al quesito sub. 1) (ovverosia, l’operazione di fusione posta in essere rientra tra le fattispecie di automatica decadenza dall’agevolazione), alla possibilità di disapplicare, nel caso di specie, tale disciplina anti-elusiva specifica;
2.2) in caso di risposta positiva al quesito sub. 1) (ovverosia, l’operazione di fusione posta in essere non rientra tra le fattispecie di automatica decadenza dall’agevolazione), alla non configurazione di una fattispecie in abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis L. 212/2000, in quanto dalle operazioni poste in essere non è derivato alcun “aggiramento” delle condizioni per fruire legittimamente del cd. “bonus aggregazioni”, né la predetta operazione di fusione per incorporazione ha determinato alcun indebito “trasferimento” del beneficio fiscale ad altri soggetti privi dei requisiti richiesti per legge.
L’Agenzia delle Entrate, invece che rispondere ai quesiti posti, ha ritenuto che “[…] all’operazione di aumento di capitale mediante conferimento di beni in natura (aziende) deliberato da Alfa hanno partecipato due società, Beta e Epsilon, integralmente partecipate dalla medesima società, Delta. Ciò è sufficiente a ritenere che la “società risultante dall’aggregazione” (ossia, la conferitaria Alfa) non poteva ab origine beneficiare del c.d. bonus aggregazioni per mancata di requisito dell’“indipendenza” in capo alle società partecipanti all’operazione. […] In base al riportato comma 3, appare chiaro l’intento del legislatore di assicurare l’indipendenza (alle condizioni ivi indicate) delle “imprese che partecipano alle predette operazioni”, ossia, di tutte le società partecipanti alle operazioni di aggregazione; per le operazioni di conferimento, ciò si traduce nella necessità di sussistenza del requisito dell’indipendenza sia tra conferente/i e conferitaria (nella specie, tra Beta/Epsilon e Alfa), sia tra i soggetti conferenti”.
Anche prescindendo dall’interpretazione preliminare resa dall’Agenzia delle Entrate che – a un lettore esterno – non può che destare qualche perplessità, visto che, dal tenore della stessa risposta:
- pare evidente che fosse stata posta in essere un’operazione di aggregazione aziendale tra soggetti riconducibili a due autonomi gruppi d’imprese, coerentemente con la ratio della disciplina agevolativa;
- è palese che, anteponendo l’operazione di fusione ai conferimenti d’azienda, stando alla tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, sarebbe stato pienamente rispettato il requisito dell’indipendenza, nonostante l’evidente invarianza sostanziale del risultato ottenuto (la concentrazione di aziende riconducibili a due soggetti economici “terzi”);
ciò che un po’ stride – se si guarda alla ratio dell’istituto – è che nessun chiarimento sia stato fornito in merito ad alcuno dei dubbi rappresentati dal contribuente nell’istanza d’interpello. In tal senso, infatti, è stato solo laconicamente osservato che “[…] ogni richiesta in merito all’applicazione (o meno) della decadenza dal c.d. bonus aggregazioni a seguito della Fusione posta in essere tra i soci (Beta e Epsilon) della società risultante dall’aggregazione (Alfa) e ai presupposti per valutare la sua eventuale “disapplicazione” risulta assorbita dalla constata inapplicabilità ad origine del c.d. bonus aggregazioni per i motivi sopra evidenziati”.
Sarebbe stato forse più corretto e coerente con la ratio dell’istituto che l’Agenzia delle Entrate, fermo ovviamente il diritto di rappresentare ogni altro elemento informativo utile per il contribuente, anche ulteriore rispetto ai quesiti dallo stesso formulati, come l’asserita non sussistenza del requisito dell’indipendenza ab origine, avesse comunque risposto ai quesiti posti, così da fornirgli un quadro conoscitivo idoneo ad assumere una decisione informata, anche ove questi avesse ritenuto di non condividere la questione preliminarmente “assorbente”.
Detto in altri termini, lascia un po’ perplessi la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di non rispondere alle questioni dubbie sottoposte alla sua attenzione, in quanto risulterebbe in tal modo frustrata la ratio legis, ovverosia quella di consentire al contribuente di assumere tutti gli elementi informativi utili al fine di assumere una decisione informata sul trattamento fiscale dell’operazione posta in essere, al più anche disallineando scientemente la propria condotta rispetto al parere reso dall’Amministrazione finanziaria che, come noto, di per sé non vincola il contribuente istante.
Sarebbe quindi auspicabile che alle questioni dubbie sottoposte alla propria attenzione, l’Agenzia delle Entrate fornisse sempre e comunque un riscontro, anche nei casi in cui tali dubbi fossero ritenuti (a torto o a ragione) “assorbiti” da circostanze preliminari magari non adeguatamente tenute in considerazione dal contribuente, così che lo stesso sia comunque messo nelle condizioni di valutare la propria condotta, con riguardo al caso di specie, anche ove non condividesse il parere dell’Amministrazione finanziaria.