Patti parasociali e nomina dell’amministratore
di Luigi FerrajoliIl patto parasociale disciplinato dagli articoli 2341 bis cod. civ. e ss. consiste in un accordo avente effetto, ex articolo 1372 cod. civ., solo tra i soci che vi partecipano ed è finalizzato all’assunzione preventiva nonché all’adozione delle successive delibere dell’assemblea dei soci, quale organo destinato a provvedervi.
Con tale contratto, evidentemente di natura plurilaterale con comunione di scopo, i soci si obbligano ad esercitare diritti che derivano loro dall’adesione al patto di società secondo modalità concordate, di modo da stabilire in anticipo un indirizzo unitario all’organizzazione sociale.
Nella prassi, accade frequentemente che, tramite la nominata pattuizione, i soci designino un determinato soggetto per la futura attribuzione assembleare della carica di amministratore di società, circostanza che ha permesso alla giurisprudenza di legittimità di qualificare, sulla base di determinate condizioni, il patto come contratto a favore di terzo.
In particolare, con la sentenza n. 9846/2014, la Corte di Cassazione ha sottolineato come il patto parasociale in forza del quale taluni soci si impegnano ad eseguire prestazioni a beneficio della società integri la fattispecie del contratto a favore di terzo ex articolo 1411 cod. civ., in relazione al quale sia la società, quale terzo beneficiario, sia i soci stipulanti, moralmente ed economicamente interessati a che l’obbligazione sia adempiuta nei confronti della società di cui fanno parte, sono legittimati a pretendere l’adempimento (in tal senso anche Cassazione Civile, n. 17200/2013 e n. 2493/1993).
Da ciò discende come la funzione tipica del patto di sindacato sia quella di vincolare i soci ad una determinata espressione di voto in assemblea, facendo così sorgere in capo ai medesimi – quali promittenti e stipulanti – un obbligo in favore del terzo futuro amministratore, quest’ultimo divenuto titolare di una prestazione immediata e diretta, ossia del diritto ad una data manifestazione di voto in assemblea da poter autonomamente azionare, sia pure sotto il profilo risarcitorio.
Sul punto, la Suprema Corte ha oltretutto ritenuto valido il patto avente ad oggetto l’espressione del voto nell’assemblea chiamata a nominare gli amministratori, anche se non sia stata prefissata la durata del vincolo assunto dalle parti ed operativo, perciò, “il principio generale in forza del quale ad ogni partecipante spetta il diritto di recedere unilateralmente dal patto per giusta causa o con congruo preavviso, da valutarsi, in difetto di previsione normativa o convenzionale, come tempo utile in relazione alla natura del rapporto e al tipo di interessi in gioco”.
Conseguentemente, il partecipante – il quale presenti all’assemblea una lista di candidati alla carica di amministratori di contenuto incompatibile con il rispetto del patto e poi esprima il proprio voto in contrasto con gli obblighi derivanti dall’adesione al patto medesimo – può essere chiamato dalle altre parti a risarcire i danni conseguenti al suo inadempimento, dovendosi escludere che tali comportamenti integrino una manifestazione tacita della volontà di recesso (Cassazione Civile, sent. n. 6898/2010).
Il tema in esame è stato altresì oggetto della recente sentenza n. 36092/2021, con cui la Cassazione, al fine di inquadrare la fattispecie nel contratto a favore di terzo, ha chiarito come risulti necessario ricostruire l’effettiva volontà dei contraenti onde determinare se gli accordi siano stati raggiunti allo scopo di attribuire un diritto soggettivo all’amministratore designato o soltanto per regolare tra i soci la rispettiva espressione di voto in assemblea senza, però, spogliarsi della facoltà di modificare o revocare le intese definite, secondo le regole interne al patto, con effetti che non travalichino la sfera giuridica dei contraenti.
Sul punto, la Suprema Corte ha quindi precisato che “la sola menzione nel patto parasociale stipulato tra i soci, del nome, del compenso e della durata della carica di un futuro amministratore non integra il significato di una manifestazione di volontà diretta a conferire efficacia vincolante verso il terzo, tra le parti del patto, al reciproco obbligo di nominarlo, né tantomeno con quelle date modalità e clausole”.
Occorre accertare, perciò, se dall’accordo risulti chiaramente che i soci intendessero attribuire all’amministratore il diritto ad esigere quella determinata prestazione a loro carico (la manifestazione di voto) ovvero se essi volessero semplicemente dettare regole comportamentali destinate a valere esclusivamente tra di loro.
In nessun caso, pertanto, potrà meramente presumersi la volontà di attribuzione immediata del diritto allo stesso amministratore designato.
Spetta, in buona sostanza, “al giudice del merito individuare, in concreto, se si tratti di patto parasociale con effetti solo per i soci oppure se sussista una manifestazione di volontà delle parti di attribuire direttamente al futuro amministratore un diritto soggettivo” ad una data manifestazione di voto in assemblea, ai sensi dell’articolo 1411 cod. civ., nel senso che i soci stessi, nella qualità di contraenti, abbiano previsto e voluto la prestazione di voto a favore di un terzo estraneo al contratto, come elemento della funzione nel contratto perseguita.