Per combattere il gender gap bisogna partire da noi donne
di Mariangela Campo - Giornalista, blogger e copywriter freelanceCentotrentacinque: sono gli anni che servono per combattere il gender gap. Lo dice il “Global Gender Gap Report 2021” del World Economic Forum.
Il tema è complesso: da una parte, infatti, lo abbiamo combattuto quasi del tutto riguardo ai temi della sopravvivenza, della salute e dell’istruzione (siamo tra il 95 e il 96% su tutti i tre aspetti), dall’altra, la battaglia è ancora lunga riguardo alla partecipazione economica e l’accesso alle opportunità da parte delle donne.
Ma anche su questi ultimi due punti ci sono condizioni particolari: le donne continuano ad acquisire competenze professionali molto specifiche e fanno grandi progressi riguardo alla parità degli stipendi con gli uomini che svolgono il loro stesso ruolo professionale, tuttavia le disparità di reddito totale continuano a essere enormi.
Allo stesso modo, c’è una persistente mancanza di donne nelle posizioni professionali apicali, soprattutto nei settori altamente tecnologici e nella politica.
Il gap si percepisce soprattutto in settori come il Cloud Computing (gap del 58%) e dell’Ingegneria (gap del 42%).
In politica le donne ricoprono solo il 22,6% delle oltre 35mila posizioni in Parlamento e delle 3.400 cariche ministeriali nel mondo.
Detto questo, come possiamo contribuire a combattere il gender gap?
Di certo, bisogna partire da noi donne.
La prima cosa da fare è smettere di essere vittime di pregiudizi e stereotipi come, ad esempio, la teoria secondo cui le donne odiano le altre donne.
Ci sono spiegazioni scientifiche al riguardo, ma la soluzione mi sembra comunque unica: la consapevolezza.
Se diventiamo consapevoli degli stereotipi e dei pregiudizi di cui cadiamo vittime, possiamo scegliere di non usarli.
Valorizziamo le ragazze che frequentano lauree STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica): esistono buone ragioni a livello individuale e a livello di sistema paese per sostenere e incoraggiare la partecipazione femminile ai corsi di studio STEM e, di conseguenza, a occupazioni STEM.
Cresciamo figli che non conoscono differenze di genere.
Partiamo dalle piccole cose: niente fiocchi azzurri per la nascita di un maschio, né rosa per la nascita di una femmina. Usiamo tutti i colori per entrambi.
Facciamo la stessa cosa con i giocattoli: se non consentiamo ai maschi di giocare con le bambole, o a fare i cuochi, non svilupperanno abilità specifiche che potrebbero servire nella loro vita di adulti. Lo stesso vale per le femmine: lasciamole andare all’avventura, a sbucciarsi le ginocchia, a sperimentare.
La vita non è facile, bisogna contare soprattutto su sé stessi e sulle proprie risorse interne: è bene che lo imparino fin da piccole che non esiste nessun principe azzurro che regalerà loro la felicità.
La felicità si fa, da soli con sé stessi.
Abbiamo il dovere di crescere figli che non hanno immagini mentali di differenze tra maschi e femmine, se non quelle specificatamente fisiche.
La parità tra maschi e femmine deve essere la normalità, solo così daremo loro la possibilità di cogliere le opportunità della vita a tutti i livelli.
Infine, facciamo le mamme senza sensi di colpa e, soprattutto, non facciamo passi indietro.