Contratto stipulato dell’amministratore in conflitto di interessi: il punto della Cassazione
di Lucia Recchioni - Comitato Scientifico Master Breve 365Con l’ordinanza n. 9054, depositata ieri, 21 marzo, la Corte di Cassazione si è soffermata su un’ipotesi di contratto stipulato dall’amministratore in conflitto di interessi, fornendo interessanti precisazioni.
Una società stipulava contratti di consulenza ed agenzia pubblicitaria con un’altra società nella cui compagine societaria aveva una partecipazione rilevante (pari al 25%) il direttore generale della prima. Il suddetto direttore generale rivestiva anche la carica di amministratore nell’altra società.
Il contratto stipulato prevedeva un corrispettivo notevolmente superiore a quello di norma praticato tra società per servizi analoghi, assicurando quindi un significativo vantaggio per l’altra società.
Si poteva pertanto ritenere che il direttore generale avesse sottoscritto i richiamati contratti proprio in vista della sua fuoriuscita dalla prima società, potendosi in questo modo garantire un’elevata redditività nella seconda, di cui era sia socio che amministratore.
Nell’analizzare la questione la Corte di Cassazione ha dapprima ritenuto necessario soffermare l’attenzione sulla corretta interpretazione di tre distinte norme:
- l’articolo 1394 cod. civ., disciplinante l’istituto della rappresentanza, in forza del quale “il contratto concluso dal rappresentante in conflitto d’interessi col rappresentato può essere annullato su domanda del rappresentato, se il conflitto era conosciuto o riconoscibile dal terzo”;
- gli articoli 2773 e 2391 cod. civ., il primo dei quali disciplinante i casi di delibera di assemblea dei soci di SpA approvata con il voto determinante di coloro che presentano un interesse in conflitto con quello della società, mentre, il secondo, dedicato agli interessi degli amministratori delle SpA, in virtù del quale l’amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l’origine e la portata; se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi dal compiere l’operazione, investendo della stessa l’organo collegiale, se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile.
A tal proposito la Corte di Cassazione evidenzia che, nella fattispecie prevista dall’articolo 1394 cod. civ., il conflitto di interessi si manifesta al momento dell’esercizio del potere rappresentativo (e, quindi, la disposizione trova applicazione in assenza di preventiva deliberazione), mentre le fattispecie previste dalle altre due disposizioni codicistiche, ovvero gli articoli 2773 e 2391 cod. civ. si manifestano al momento dell’esercizio del potere deliberativo (rispettivamente, in sede di assemblea e di consiglio di amministrazione).
Nel caso di specie, non essendovi stata alcuna deliberazione da parte di un organo collegiale, può ritenersi pienamente operate l’articolo 1394 cod. civ..
Ai sensi della richiamata disposizione, pertanto, i giudici d’appello hanno correttamente attribuito rilievo alla potenzialità del pregiudizio per la parte rappresentata, non essendo invece necessario provare che l’atto sia stato effettivamente vantaggioso per una parte e svantaggioso per l’altra.
Il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato costituisce quindi causa di annullabilità del contratto quando il rappresentante, anziché tendere alla tutela degli interessi del rappresentato, persegua interessi propri o di terzi, comunque inconciliabili con quelli del rappresentato.
A nulla rileva, poi, la circostanza che la società fosse a conoscenza del negozio giuridico annullabile, non potendo l’esecuzione del contratto essere idonea a garantire la convalida dello stesso. Nel caso in esame, infatti, non trova applicazione il disposto dell’articolo 2391 cod. civ., e, comunque, l’approvazione del bilancio non costituisce ratifica tacita dell’operato dell’amministratore in conflitto di interessi.
Per la convalida degli atti posti in essere dagli amministratori in conflitto di interesse deve infatti risultare accertata, univocamente, la volontà specifica di fare proprio l’atto posto in essere dal rappresentante.