L’autofattura per le lavorazioni eseguite in extra Ue
di Clara PolletSimone DimitriLe prestazioni di servizi effettuate da prestatori extracomunitari richiedono l’assolvimento dell’Iva da parte del committente nazionale del servizio, con emissione di un’autofattura ai sensi dell’articolo 17, comma 2, primo periodo, D.P.R. 633/1972.
Gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato, compresi i soggetti indicati all’articolo 7-ter, comma 2, lettere b) e c), sono adempiuti dai cessionari o committenti.
L’emissione dell’autofattura dovrà rispettare il termine del 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione coincidente con l’ultimazione del servizio o il pagamento se precedente, per quanto riguarda i servizi generici resi da soggetti esteri.
Lo stesso termine dovrà essere rispettato, obbligatoriamente dal 1° luglio 2022, per comunicare i dati dell’operazione transfrontaliera inviando il file xml con codice Tipodocumento TD17 all’Agenzia delle entrate: entro il 15 del mese successivo all’effettuazione dell’operazione.
Nel file xml si riportano i dati del prestatore estero, quelli del committente, la data di effettuazione dell’operazione, imponibile, l’Iva (o la natura dell’operazione) e gli estremi della fattura di riferimento (il codice IdSdi se disponibile).
La procedura dovrà essere considerata insieme al regime doganale scelto per effettuare l’operazione. Le alternative sono state recentemente riepilogate nella risposta 855/2021 dell’Agenzia delle entrate.
Una prima soluzione è quella del perfezionamento passivo (o esportazione temporanea), possibile agevolazione che consente di esportare temporaneamente merci unionali fuori dal territorio doganale dell’Unione Europea per sottoporle a trasformazione e reimportare i prodotti compensatori in esonero totale/parziale dei dazi all’importazione.
Il regime di perfezionamento passivo deve essere autorizzato dall’ufficio doganale competente sul luogo ove è tenuta la contabilità ai fini doganali dell’operatore e dove vengono svolte parte delle attività oggetto dell’autorizzazione (articolo 22 del Regolamento UE 952/2013). All’atto della reimportazione dei prodotti trasformati, vengono pagati i diritti doganali (dazio e Iva) relativi al maggior valore acquisito dalle merci per effetto delle lavorazioni o trasformazioni ricevute all’estero (compenso di lavorazione), inserendo la dicitura in applicazione dell’articolo 86 p.5 del Regolamento UE 952/2013.
La seconda soluzione riguarda il regime di esportazione definitiva, senza passaggio della proprietà, dei beni oggetto delle operazioni di compensazione. Tali operazioni non possono essere considerate, ai fini Iva, cessioni all’esportazione ai sensi dell’articolo 8 D.P.R. 633/1972 (circolare 156/E/1999 e nota 1248/1997 Dogane).
La valenza solo doganale e non fiscale dell’esportazione senza trasferimento del diritto di proprietà implica che, all’atto dell’importazione dei prodotti compensatori, la relativa operazione doganale si configuri come “immissione in libera pratica” dei beni medesimi. In linea di principio, anche relativamente al “servizio di lavorazione” reso dal fornitore extra UE, l’Iva deve essere assolta in dogana al momento della reimportazione dei prodotti compensatori.
Dal momento che non c’è il passaggio di proprietà, per quanto riguarda gli oneri documentali e di registrazione da osservare al fine di superare la presunzione di cessione di cui all’articolo 1 D.P.R. 441/1997, non è sufficiente l’emissione di una fattura “pro-forma”, ma può essere utilizzato un documento contabile, consistente in un’apposita “lista valorizzata su carta intestata” (elenco descrittivo dei beni con i rispettivi valori) da registrare in uno specifico registro tenuto e conservato ai sensi dell’articolo 39 D.P.R. 633/1972. In alternativa si può conservare il documento di trasporto o di consegna.
Al fine di evitare effetti distorsivi, secondo l’Agenzia delle entrate (circolare 37/E/2011) il committente – che anteriormente alla reimportazione, ha già applicato l’Iva sulla lavorazione al momento di effettuazione della prestazione stessa tramite emissione di autofattura – in occasione della reimportazione potrà documentalmente dimostrare l’avvenuto adempimento e, in tal caso, dall’Iva calcolata in dogana dovrà essere sottratta l’imposta già assolta per effetto del predetto meccanismo di autofatturazione. In tal modo, viene scongiurata anche la possibilità che, in caso di mancato rientro del bene nel Paese, l’imposta sul servizio in questione non venga assolta.
Diversamente, nel caso in cui l’avvenuto assolvimento dell’Iva non possa essere dimostrato, può continuare ad essere applicata la procedura che prevede la liquidazione e l’assolvimento dell’Iva in dogana, all’atto della reimportazione.
Gli eventuali “disallineamenti” tra la base imponibile del servizio di lavorazione indicata nell’autofattura e la base imponibile del medesimo servizio calcolata in dogana, al momento della reimportazione dei “prodotti compensatori”, dovranno essere regolarizzati mediante l’emissione di note di variazione ai sensi dell’articolo 26 D.P.R. 633/1972.