La nuova certificazione degli investimenti in R&S&I&D
di Debora ReverberiIn uno scenario caratterizzato da sempre più frequenti contestazioni dell’Amministrazione finanziaria sull’inquadramento delle attività svolte nei periodi 2015-2019 nell’ambito della ricerca e sviluppo ammissibile al credito d’imposta ex articolo 3 D.L. 145/2013 e ss.mm.ii. e dalla possibilità, da attivare entro il 30.09.2022, di sanare le indebite compensazioni effettuate entro il 22.10.2021 con la procedura di riversamento spontaneo prevista dall’articolo 5, commi 7–12, D.L. 146/2021, era improrogabile un intervento decisivo atto a consentire alle imprese l’applicazione della nuova disciplina del credito d’imposta R&S&I&D “in condizioni di certezza operativa”.
Un primo tentativo in tale direzione, seppur parzialmente infruttuoso, è ravvisabile nelle modifiche apportate dalla lettera g) del comma 1064, articolo 1, L. 178/2020 (c.d. Legge di Bilancio 2021) all’onere di relazione tecnica del comma 206 dell’articolo 1, L. 160/2019 (c.d. Legge di Bilancio 2020), che ha imposto l’obbligo di asseverazione del documento col fine di “assicurare maggiore certezza alle imprese sull’ammissibilità delle attività svolte e delle spese sostenute”.
La mancanza di ulteriori chiarimenti sulla modifica normativa introdotta dalla Legge di Bilancio 2021 ha indotto le imprese ad adottare soluzioni difformi, che spaziano dall’asseverazione ad opera del medesimo legale rappresentante e/o del responsabile delle attività, fino al rilascio di una perizia tecnica asseverata da parte di un soggetto terzo.
L’articolo 23, commi 2-8, D.L. 73/2022 (c.d. Decreto Semplificazioni fiscali) è intervenuto sul tema delineando un vero e proprio sistema di certificazione degli investimenti in ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e design e ideazione estetica incardinati nella disciplina dell’articolo 1, commi 198-207, L. 160/2019.
La certificazione degli investimenti rappresenta uno strumento liberamente azionabile dal contribuente a propria tutela, in virtù del suo effetto vincolante nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
In attesa della pubblicazione del DPCM su proposta del Mise e di concerto con il Mef, previsto entro il 22.07.2022, che dovrà definire i requisiti dei certificatori, le modalità di vigilanza sulle attività esercitate dai certificatori, le modalità e le condizioni di richiesta della certificazione, gli oneri a carico dei richiedenti parametrati ai costi della procedura, analizziamo nel dettaglio le caratteristiche del nuovo sistema di certificazione.
L’ambito applicativo della certificazione comprende tutte le attività ammissibili al nuovo credito d’imposta R&S&I&D (in vigore a decorrere dal periodo d’imposta 2020 per la generalità delle imprese), ivi incluse le attività di innovazione tecnologica con obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica, già effettuate o da effettuarsi, purché non siano già state contestate violazioni relative all’utilizzo del credito o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento in relazione alle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza.
Il contenuto della certificazione attiene alla qualificazione degli investimenti effettuati o da effettuare ai fini della loro classificazione nell’ambito delle attività ammissibili al credito d’imposta.
L’aspetto di maggiore appeal del sistema risiede nell’effetto vincolante della certificazione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, che comporta la nullità degli atti, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, difformi da quanto attestato nelle certificazioni.
Unica deroga a questo effetto vincolante è rappresentata dal caso in cui la certificazione venga rilasciata per un’attività diversa da quella concretamente realizzata, sulla base di una non corretta rappresentazione dei fatti.
Legittimati al rilascio della certificazione saranno i soggetti abilitati secondo i requisiti da definirsi dall’apposito DPCM.
Sulla natura e le caratteristiche dei soggetti il testo del comma 3 dell’articolo 23, D.L. 73/2022 resta generico, precisando soltanto che si tratterà di:
- soggetti pubblici o privati;
- in possesso di requisiti, idonei anche a garantire professionalità, onorabilità e imparzialità;
- iscritti all’apposito albo dei certificatori, tenuto dal Mise.
Ulteriore aspetto che dovrebbe garantire l’efficacia del sistema di certificazione è l’ingerenza del Mise sui procedimenti valutativi adottati dai certificatori: i soggetti abilitati dovranno infatti attenersi, nell’espletamento dell’incarico, a quanto previsto da apposite linee guida del Mise, periodicamente elaborate ed aggiornate e saranno soggetti ad attività di vigilanza.
Il sistema di certificazione così delineato prevede dunque un ruolo pervasivo del Mise, che potrà contare su una spesa autorizzata al comma 8 di euro 307.000 per il 2022 ed euro 614.000 annui a decorrere dal 2023 per costituire una task force dedicata mediante ampliamento del proprio organico con le seguenti figure:
- un dirigente di livello non generale;
- dieci unità di personale non dirigenziale.