Il vincolo: aspetti fiscali alla luce della riforma dello sport – prima parte
di Biagio GiancolaGuido MartinelliDa lunghi anni uno degli aspetti più controversi del mondo dello sport è la disciplina giuridico – fiscale del c.d. “vincolo” o “cartellino”.
Con tali termini si identifica la facoltà unilaterale concessa, dai regolamenti dell’ente affiliante di appartenenza, alla società sportiva di rinnovare automaticamente il tesseramento di un atleta, impedendogli di poter svolgere la propria prestazione per soggetto diverso, in assenza di espressa autorizzazione da parte della società per la quale era stato tesserato.
Espressa autorizzazione che veniva di solito configurata con la definizione “cessione del cartellino” che, quando fosse avvenuta a titolo oneroso, dava titolo alla necessità di qualificare, sotto il profilo fiscale, la transazione economica (sul punto si veda l’ancora attuale contributo “Cessione dei diritti sulle prestazioni degli atleti: aspetti fiscali” in EcNews del 30.05.2018).
Con il vincolo le società sportive si vedevano assicurato il diritto a che il loro atleta realizzasse un’obbligazione negativa, di non fare, ossia di non svolgere attività sportiva per una società sportiva diversa da quella per la quale era tesserato.
L’articolo 16 L. 91/1981 ha abolito il vincolo sportivo relativo agli atleti professionisti, passando dal vincolo al rapporto contrattuale a tempo determinato e introducendo la c.d. indennità di preparazione e promozione, stabilita secondo i criteri oggettivi previsti dalle norme federali.
Con la sentenza Bosman del 15.12.1995, causa C-415/93, la Corte di Giustizia Europea ha però provveduto al c.d. “azzeramento dei parametri”: le società sportive professionistiche non avrebbero più potuto pretendere alcun corrispettivo per i trasferimenti dei giocatori con contratto ormai estinto.
E così, con il D.L. 485/1996 (c.d. Decreto Bosman o “Decreto spalma perdite”), convertito nella L. 586/1996 è stato novellato l’articolo 6 L. 91/1981, ossia la norma avente ad oggetto l’indennità di preparazione e promozione.
L’attuale formulazione dell’articolo 6 prevede l’obbligo del pagamento di un’indennità, il “premio di addestramento e formazione tecnica”, soltanto in caso di stipula del primo contratto professionistico in favore dell’ultima società in cui il giocatore ha svolto la sua attività sportiva dilettantistica, realizzando in tal modo la piena liberalizzazione del mercato degli atleti lavoratori professionisti, che circolano come qualsiasi altro lavoratore.
Tale indennità mantiene, anche con la riforma Spadafora, per i suoi aspetti fiscali, la natura di attività equiparata: “alle operazioni esenti dall’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633” già contenuta nella vigente L. 91/1981.
La circostanza che l’articolo 36, comma 4, D.Lgs. 36/2021 preveda che il ricevimento di tale premio per le associazioni che abbiano optato per la L. 398/1991 non concorra alla determinazione del reddito di tali enti, porta a ritenere che l’importo del premio sia di natura “istituzionale” anche per le sportive dilettantistiche che non abbiano i requisiti o che non abbiano optato per gli adempimenti di cui alla citata legge.
Si porrà il problema, che auspichiamo sarà risolto a livello di circolare ministeriale interpretativa, se la natura di operazione “esente iva” imporrà comunque ai sodalizi sportivi che ad esempio siano privi di posizione iva, di doverla aprire.
L’ordinamento sportivo aveva già previsto, per il dilettantismo, che il vincolo non potesse più essere a tempo indeterminato, ma rimangono vigenti regole che impediscono l’applicazione del principio, già presente nella L. 91/1981 e ribadito all’articolo 3 D.Lgs. 36/2021 che: “l’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero”.
Pertanto appariva necessario portare anche il mondo del dilettantismo alla libera esplicazione dell’attività sportiva, già presente per l’attività professionistica eliminando ogni residua forma di ostacolo alla libera determinazione del lavoratore sportivo.
Il regime di vincolo, infatti, nel “post riforma Spadafora” non diventa solo illegittimo per la disposizione appena citata ma anche in seguito alla acquisita qualificazione di lavoratore del prestatore di attività sportiva dilettantistica retribuita ulteriormente.
Si pone il problema che il testo novellato dell’articolo 31 D.Lgs. 36/2021, i cui effetti come è noto decorreranno a far data dal prossimo 1° gennaio, prevede che le limitazioni “alla libertà contrattuale dell’atleta, individuate come vincolo sportivo, sono eliminate entro il 01 luglio 2023”.
Lo slittamento in avanti di sei mesi dell’abrogazione del vincolo ha molteplici ragioni.
La prima è stata quella di farlo coincidere con l’inizio della stagione della maggioranza degli sports di squadra, maggiormente coinvolti dalla abrogazione del vincolo.
Il secondo motivo è stato quello di consentire alle Federazioni di adottare una regolamentazione che possa eliminare l’effetto distorsivo sulla eguaglianza competitiva. Si pensi alla circostanza che una società, alla vigilia di un incontro importante, faccia una offerta economica all’atleta di maggior talento della squadra avversaria che quindi possa cambiare maglia alla vigilia dell’incontro o addirittura una squadra impegnata in una finale “acquisti” solo per quella gara i migliori atleti delle squadre non coinvolte. O società che programmino una attività giovanile e che a metà campionato si potrebbero trovare senza più atleti perché trasferiti altrove, magari seguendo un allenatore che era stato esonerato. Inoltre molte società sportive di capitali patrimonializzano come bene immateriale la titolarità del diritto sulle prestazioni sportive dell’atleta. Il venir meno, ex lege, di detto valore, potrebbe avere effetti travolgenti sui bilanci di molti club. Ecco perché appare positivo aver concesso un termine per disciplinare i casi sinteticamente descritti.
Le novità in regime di “svincolo” sono contenute nei commi 2 e 3 dell’articolo 31 del decreto Spadafora.