6 Settembre 2022

La nozione di volume d’affari nella verifica dello status di esportatore abituale

di Sandro Cerato - Direttore Scientifico del Centro Studi Tributari
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La scheda di FISCOPRATICO

La qualifica di esportatore abituale ai fini Iva si realizza quando un soggetto Iva realizza un ammontare di operazioni non imponibili con l’estero (esportazioni, cessioni intracomunitarie, ecc.) maggiore del 10% del volume di affari Iva “rettificato”.

Ai fini che qui interessano, il parametro del volume d’affari è dato dall’ammontare delle operazioni imponibili, non imponibili, esenti (al netto delle cessioni di beni ammortizzabili materiali e di beni immateriali: diritti di brevetti industriali, di utilizzazione delle opere dell’ingegno, di concessioni e marchi di fabbrica) registrate nell’anno solare precedente (plafond fisso) o nei dodici mesi precedenti (plafond mobile), escluse:

In buona sostanza, ai soli fini della verifica della qualifica di esportatore abituale, il volume d’affari deve essere rettificato delle predette cessioni.

La ragione di tale esclusione è logica, in quanto se da un lato le operazioni fuori campo Iva per carenza del presupposto territoriale non rilevano per la verifica dello status di esportatore abituale, dall’altro incidono nella determinazione del volume d’affari.

Per un confronto omogeneo, quindi, le predette operazioni devono essere depurate dal volume d’affari.

In buona sostanza, solo nell’ipotesi in cui il totale operazioni “con l’estero” effettuate e registrate nell’anno solare precedente (o dei dodici mesi precedenti) sia superiore al 10% del volume d’affari rettificato dell’anno solare precedente (o dei dodici mesi precedenti), sarà possibile definire il soggetto passivo Iva un “esportatore abituale”.

Il volume d’affari “rettificato” che assume dunque rilievo per il confronto con le operazioni non imponibili (indicate nel rigo VE 30 del modello Iva) per la verifica dello status di esportatore abituale è dato dalla differenza tra i seguenti righi del quadro VE del modello Iva 2022 (per l’anno 2021): VE50 (Volume d’affari) e VE34 (Operazioni non soggette all’imposta di cui agli articoli da 7 a 7-septies D.P.R. 633/1972).

Se l’importo delle operazioni non imponibili indicate nel rigo VE30 è superiore al 10% della predetta differenza, il soggetto passivo è considerato esportatore abituale, ed il suo plafond disponibile (quale importo di acquisti senza applicazione dell’Iva) è pari al predetto importo indicato nel rigo VE30.

Le operazioni da considerare ai fini dell’acquisizione dello status di “esportatore abituale” (e che andranno considerate anche ai fini della quantificazione del plafond) sono solamente quelle registrate nell’anno solare (o nei dodici mesi precedenti), ivi comprese le fatture relative ad acconti per operazioni non ancora effettuate.

La L. 28/1997 ha introdotto, infatti, un’importante semplificazione al riguardo, stabilendo che, anziché fare riferimento alle operazioni “effettuate(dove l’effettuazione andava verificata sulla base della normativa doganale), occorre verificare le operazioni “registrate(circolare 145/E/1998).

È necessario, quindi, che la fattura di vendita sia stata registrata, nei modi e nei termini previsti dalle disposizioni del D.P.R. 633/1972.

Infine, con particolare riguardo alle fatture differite va precisato che queste, invece, rilevano con riferimento all’anno della consegna dei beni.

Ad esempio, una fattura differita emessa il 15 gennaio 2022 a fronte di una consegna dei beni effettuata nel mese di dicembre 2021, rileva come volume di affari nell’anno 2021 (l’imposta relativa confluisce infatti nell’anno 2021). In questo modo, il plafond “coincide con le risultanze contabili e con i dati evidenziati in sede di dichiarazione annuale Iva”.