7 Settembre 2022

Come individuare la natura paradisiaca del dividendo estero – seconda parte

di Ennio Vial
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La scheda di FISCOPRATICO

Nel precedente intervento abbiamo esaminato i test che devono essere implementati per valutare se un dividendo va considerato come paradisiaco o come non paradisiaco.

Abbiamo, quindi, illustrato come, in alcuni casi, si debba valutare la natura “paradisiaca” del paese estero al momento della maturazione dell’utile o, in altri casi, al momento della percezione.

In questo intervento, invece, illustriamo quelle che sono le regole che, nelle varie annualità, sono state utilizzate dal legislatore per individuare la natura paradisiaca della società estera che paga i dividendi.

L’evoluzione normativa è riportata nella seguente tabella che propone un quadro di sintesi distinto per annualità.

Fino al 2014 2015 2016 2017 e 2018 Dal 2019
Regime ordinario Regime speciale Partecipazione di controllo Assenza di controllo
Società estera localizzata in Paesi elencati nel D.M.21.11.2001 Livello impositivo nel Paese estero inferiore al 50% di quello italiano Livello impositivo nominale estero inferiore al 15.7% Livello impositivo nominale estero inferiore al 13.95% Livello impositivo effettivo estero inferiore al 50% di quello italiano (ragionevolmente solo Ires) Livello impositivo nominale estero inferiore al 50% di quello italiano (ragionevolmente solo Ires)

È opportuno fornire alcuni commenti alla tabella precedente.

 

Annualità fino al 2014

Fino al 2014 un Paese è considerato paradisiaco se incluso nella black list di cui al D.M. 21.11.2001. La mancata inclusione rende il Paese white.

 

Anno 2015

Per il 2015, la regola vigente fino al 2014 trova applicazione anche per il 2015, ma solo se la società estera è soggetta nel proprio Paese ad un regime fiscale ordinario.

Diversamente, se la società è soggetta ad un regime fiscale speciale, la black list viene abbandonata a favore di un criterio che considera paradisiaco il paese che presenta un regime impositivo inferiore al 50% di quello italiano.

 

Anno 2016

Dal 2016 la black list viene abbandonata e, sia per i regimi ordinari che per quelli speciali, si considera la soglia del 50% del livello impositivo domestico.

La circolare 35/E/2016 ha chiarito che si deve considerare sia l’Ires che l’Irap nelle misure ordinarie. L’aliquota di riferimento è quindi il 15.7% ossia la metà della somma di Ires (27.5%) ed Irap (3.9%).

 

Anno 2017 e 2018

Per il biennio 2017 e 2018 vale la medesima regola del 2016 solo che la riduzione dell’Ires dal 27.5% al 24% fa scendere la soglia di riferimento al 13.95%.

 

Anni dal 2019

Dal 2019 le regole cambiano nuovamente e sono differenziate a seconda che sussista o meno un rapporto di controllo. Va, innanzitutto, segnalato come il controllo sia quello definito dal comma 2 dell’articolo 167 Tuir.

La norma prevede che “si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

a) sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ., da parte di un soggetto di cui al comma 1;

b) oltre il 50 per cento della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ. o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto di cui al comma 1”.

In presenza di controllo si deve considerare il livello effettivo della tassazione del Paese estero, mentre in assenza di controllo si considera il livello nominale di tassazione. Ragionevolmente l’imposta da considerare sarà solamente l’Ires.