Rilevanza Iva dei ristorni delle cooperative agricole di conferimento
di Luigi ScappiniIn agricoltura, una forma particolarmente utilizzata, anche in ragione della grande frammentazione della proprietà terriera che comporta un sottodimensionamento delle aziende agricole, è quella della cooperativa.
In tale contesto, è necessario distinguere le cooperative a seconda del momento in cui si manifesta lo scopo mutualistico, potendosi riconoscere:
- le cooperative di lavoro agricolo;
- le cooperative di servizi agricoli; e
- le cooperative di conferimento e trasformazione prodotti agricoli e allevamento.
A loro volta, le cooperative agricole, sia di supporto o conferimento sia di lavoro, possono essere suddivise, in ragione del rispetto o meno del parametro della prevalenza come declinato dall’articolo 2514 cod. civ.:
- cooperative agricole di conferimento a mutualità prevalente;
- cooperative agricole di tipo diverso o a mutualità non prevalente.
Limitando l’analisi alle cooperative di conferimento e trasformazione che rappresentano, molto probabilmente, nel campo agricolo una delle forme più diffuse, si pensi alle cantine o alle latterie sociali, la mutualità si manifesterà “a valle” attraverso il riconoscimento di un maggior prezzo rispetto a quello che si sarebbe ottenuto se si fosse proceduto alla collocazione sul mercato del proprio prodotto in forma individuale.
Nell’ambito delle cooperative, assume particolare rilevanza il ristorno, definibile come la parte di “utile” (parziale) che si origina nell’ambito del rapporto mutualistico in ragione dell’attività svolta dalla cooperativa con i soci. La distribuzione dl ristorno, di fatto, remunera la quantità e la qualità dello scambio mutualistico.
Ne deriva che, in ragione della tipologia di cooperativa, sia essa di lavoro o di conferimento, il ristorno assume una “natura” differente: restituzione di parte del prezzo corrisposto per l’acquisizione di servizi, la maggior remunerazione del lavoro prestato o, da ultimo, il maggior prezzo riconosciuto per i beni o i servizi conferiti.
Proprio in riferimento alla natura dei ristorni, in passato si è espressa l’Agenzia delle entrate con la circolare 37/E/2003 affermando che “i ristorni rappresentano quella parte del vantaggio mutualistico attribuita al socio, non già contestualmente al rapporto di scambio con la società cooperativa, ma al termine del periodo di gestione. Tale vantaggio si concretizza con la «restituzione di una parte del prezzo pagato per acquistare beni e servizi, nonché sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati»”.
Ne deriva che ristorni devono essere considerati non come un utile, bensì quali parte del surplus dello scambio mutualistico che viene restituito a mezzo del riconoscimento di un maggior prezzo del prodotto conferito.
La natura del ristorno declinandosi “sotto forma di eventuali maggiori compensi per i conferimenti effettuati”, comporta la rilevanza Iva; infatti, a decorrere dal 1° settembre 1993, si è passati da un regime di disconoscimento a uno di riconoscimento normativo della natura di “cessioni di beni” per i conferimenti dei prodotti da parte dei soci alla cooperativa.
Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 34, comma 7, D.P.R. 633/1972 “I passaggi dei prodotti di cui al comma 1 [prodotto rientranti nella Prima parte, Tabella A allegata al Decreto Iva] agli enti, alle cooperative o agli altri organismi associativi indicati al comma 2, lettera c), ai fini della vendita, anche previa manipolazione o trasformazione, si considerano effettuati all’atto del versamento del prezzo ai produttori agricoli soci o associati. L’obbligo di emissione della fattura può essere adempiuto dagli enti stessi per conto dei produttori agricoli conferenti; in tal caso a questi è consegnato un esemplare della fattura ai fini dei successivi adempimenti prescritti nel presente titolo.”.
In ragione di ciò, come affermato dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 25495/2022, “In tema di cooperative agricole, in relazione alle quali sia previsto che il vantaggio mutualistico venga attribuito sotto forma di maggiori compensi per i conferimenti dei prodotti agricoli e ittici, i ristorni ripartiti ai soci conferenti in conformità dell’atto costitutivo soggiacciono a fatturazione o auto-fatturazione, in quanto, essendo volti a conguagliare corrispettivi sinallagmaticamente spettanti a detti soci a chiusura d’esercizio per la loro partecipazione all’attività sociale, anche con riferimento ad essi trova applicazione l’articolo 34, comma 7, D.P.R. 633/1972”.