Agevolata la verifica delle attività di interesse generale degli Enti di Terzo Settore
di Luca CaramaschiCon l’articolo 26 D.L. 73/2022 (c.d. Decreto Semplificazioni), convertito nella L. 122/2022 (in vigore dallo scorso 19 agosto), il legislatore ha introdotto significative modifiche alle disposizioni di carattere fiscale contenute nel titolo X del Codice del Terzo Settore (il D.Lgs. 117/2017 o CTS) con il dichiarato fine di “preparare” l’impianto normativo dei nuovi ETS all’attesa valutazione circa l’ottenimento dell’autorizzazione da parte della Commissione Europea che, ai sensi dell’articolo 104 CTS, dovrebbe sancire la definitiva applicazione delle regole di carattere fiscale applicabili a tutti gli ETS.
Sotto questo profilo, se è vero che le modifiche migliorano le disposizioni contenute nel Codice, precisandone meglio i contenuti e limitandone taluni effetti negativi, non si può non rilevare come la mancata risoluzione di alcune criticità, peraltro ampiamente segnalate in dottrina, porti ad un complessivo giudizio sul nuovo impianto fiscale degli ETS che ancora deve considerarsi negativo.
Sempre in occasione della conversione del citato Decreto Semplificazioni, il legislatore ha poi introdotto due articoli, 25-bis e 26-bis, al fine di, rispettivamente, introdurre con la modifica dell’articolo 54 CTS la sospensione feriale dei termini (1° luglio – 15 settembre 2022) nel processo di trasmigrazione di ODV e APS oggetto di verifica da parte degli Uffici del RUNTS, nonché estendere al 31 dicembre 2022 (il precedente, già scaduto, era stabilito al 31.05.2022) il termine entro il quale sarà possibile fare ricorso alle assemblee con le maggioranze previste per le deliberazioni assunte in via ordinaria per adeguare gli statuti dei futuri ETS alle sole disposizioni inderogabili secondo quanto previsto dall’articolo 101, comma 2, CTS.
Da ultimo, con una modifica all’articolo 104 CTS è stato esteso a tutti i nuovi ETS, nelle more di una disciplina fiscale che come detto in precedenza stenta ancora a decollare in quanto subordinata all’ottenimento dell’autorizzazione UE, il cosiddetto “regime transitorio” applicabile ad ODV, APS e Onlus già dal lontano 1° gennaio 2018.
In conclusione, sempre l’articolo 26 del recente Decreto Semplificazioni ha apportato modifiche anche al D.Lgs. 112/2017, che contiene la disciplina delle imprese sociali (ETS commerciali per definizione).
Anche qui le modifiche attengono alle disposizioni di carattere fiscale contenute, in particolare, negli articoli 16 e 18 del D.Lgs. 112/2017 che, al pari di quelle indicate nel titolo X del Codice del Terzo Settore, attendono l’autorizzazione della Commissione Europea per esplicare la loro efficacia, secondo quanto stabilito dal comma 9 dello stesso articolo 18 D.Lgs. 112/2017.
Un tema sul quale è intervenuto positivamente il legislatore attiene alla verifica della natura delle attività di interesse generale, passaggio prodromico e indispensabile al fine di pervenire alla successiva valutazione riguardante la natura commerciale o non commerciale dello stesso ETS.
L’articolo 79 D.Lgs. 117/2017 rappresenta infatti la disposizione che all’interno delle previsioni di carattere fiscale applicabili a tutti gli ETS riveste un ruolo di centralità: è ad esso, infatti, che il legislatore delegato ha affidato il compito di “definire” la natura commerciale o non commerciale dei nuovi Enti del Terzo Settore, passando in via preliminare dall’individuazione della natura commerciale o meno delle attività svolte (in primis quelle di interesse generale) e dei proventi conseguiti dai medesimi soggetti.
Sotto questo profilo è interessante rilevare come il legislatore abbia nel recente Decreto Semplificazioni provato ad “agevolare” il criterio basato sul confronto tra corrispettivi e costi effettivi per definire la “natura” dell’attività di interesse generale svolta dall’ETS.
In primis arrivando ad offrire una definizione di “costi effettivi” decisamente inclusiva e comprensiva di tutte le tipologie di costo riferibili alle attività di interesse generale, in secondo luogo incrementando dal 5 al 6 per cento la soglia di tolleranza dello scostamento tra entrate e costi effettivi e portando da 2 a 3 periodi d’imposta consecutivi il tempo nel quale, in presenza del richiamato scostamento, poter conservare la natura non commerciale dell’attività di interesse generale svolta dallo stesso ETS.
La nuova definizione
La nuova definizione di “costi effettivi” risulta essere la seguente: “I costi effettivi sono determinati computando, oltre ai costi diretti, tutti quelli imputabili alle attività di interesse generale e, tra questi, i costi indiretti e generali, ivi compresi quelli finanziari e tributari”.
Seppur apprezzabile sotto un profilo sistematico, tuttavia, la nuova definizione non risolve tutte le problematiche legate alla precisa individuazione di questa grandezza, indispensabile per poter operare il richiamato confronto.
Una di queste riguarda la riconducibilità dei costi indiretti e generali alle attività di interesse generale di cui all’articolo 5 CTS rispetto alle altre attività esercitabili dall’ETS (e cioè lo svolgimento di attività diverse di cui all’articolo 6 CTS e le attività di raccolta fondi definite dal successivo articolo 7).
Sul punto sarà certamente la prassi ufficiale a dover fornire indicazioni circa i criteri da adottare per operare questa imputazione, anche se a tal fine si ritiene ci si possa pacificamente riferire ai criteri già definiti dal legislatore per la ripartizione dei costi promiscui nell’ambito della disciplina applicabile agli enti non commerciali (si veda in proposito quanto dispone l’articolo 144, comma 4, Tuir).
Resta un tema, infine, sul quale invece il recente Decreto Semplificazioni non ha contribuito a dissipare i dubbi: si tratta del caso, tutt’altro che infrequente, nel quale un ETS svolga contemporaneamente più attività di interesse generale riconducibili a diverse lettere tra quelle elencate nell’articolo 5 D.Lgs. 117/2017.
In questo caso occorre chiedersi se la verifica tra ricavi e costi effettivi imposta dal comma 2 del citato articolo 79 CTS vada operata sul complesso delle attività (con una evidente e possibile “compensazione” tra attività condotte con logiche commerciali e attività svolte con criteri non commerciali) piuttosto che sulla singola attività.
Se dalla lettura del citato comma 2 non paiono emergere indicazioni a favore dell’una o dell’altra soluzione, chi scrive ritiene che la procedura corretta non possa che essere quella da ultimo richiamata e cioè la valutazione di commercialità/non commercialità effettuata sulla singola attività e non sul complesso delle attività svolte.
A meno di ammettere la possibilità di lasciare agli amministratori dell’ETS la scelta dell’uno o dell’altro criterio.
In assenza di una chiara previsione normativa sul punto, sarebbe comunque opportuna una conferma ufficiale da parte dell’Agenzia delle entrate.