24 Novembre 2022

Il ruolo delle STP nelle aggregazioni professionali

di Goffredo Giordano di MpO Partners
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La spinta aggregativa nel mondo delle professioni

Abbiamo già più volte avuto modo di evidenziare come in questo ultimo decennio la tendenza dei professionisti italiani ad esercitare individualmente la sua attività sta riscontrando sempre maggiori ostacoli.

L’incremento della concorrenza, la richiesta da parte delle imprese di servizi sempre più complessi e veloci, la crisi economica e, non da ultimo, l’emergenza sanitaria  sono i principali motivi di tale inversione di marcia ed hanno determinato una significativa spinta per gli studi professionali, che ancora oggi operano sotto forma di ditta individuale, ad organizzarsi secondo modelli più complessi.

In altre parole: aggregarsi per competere!

Uno dei modi per aggregarsi è quello di costituire una Società Tra Professionisti anche attraverso operazioni di trasformazione o conferimento nelle stesse di studi professionali (associati e non).

Le norme in materia in vigore agevolano tali modelli aggregativi alla stessa stregua delle riorganizzazioni aziendali?

Come è ben noto la legge istitutiva delle Società tra Professionisti “STP” è la Legge 183/2011, il cui art. 10, al comma 3, dispone che “E’ consentita la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del Codice Civile.

Tale norma, quindi, prevede che solo i professionisti iscritti ad un ordine professionale possano dar vita ad una delle seguenti società:

  • Società di persone;
  • Società di capitali;
  • Cooperativa (costituite da un numero di soci non inferiore a tre).

Ai fini fiscali, così come chiarito più volte dall’Amministrazione Finanziaria, il reddito prodotto dalle STP è da considerarsi reddito d’impresa e non reddito di lavoro autonomo così come previsto dagli articoli 6, comma 3 e 81 del T.U.I.R. con la conseguente applicazione del principio di competenza e non quello di cassa (Cfr. Agenzia delle Entrate, Risposte n. 954-93/2014, n. 107/2018 e n. 125/2018 secondo le quali prevale l’elemento soggettivo e non oggettivo delle STP).

A tal proposito si evidenzia che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7407 del 17 marzo 2021,  ritiene che la qualificazione del reddito di una società tra professionisti dipenda dalla presenza, da accertarsi caso per caso, di un autonomo profilo organizzativo rispetto al lavoro professionale, “capace di spersonalizzare l’attività svolta” rinviando, infine, all’art. 2238 del Codice Civile in tema di professioni intellettuali non potendo far riferimento agli articoli 6 e 81 del TUIR (indicati dall’Agenzia delle Entrate) in quanto essi sarebbero stati formulati “in un’ottica puramente soggettiva” mentre “sul piano oggettivo il medesimo reddito andrebbe più correttamente qualificato come da lavoro autonomo”, attesa la “natura eminentemente professionale dell’attività svolta”, la quale “ai sensi di quanto disposto dall’art. 53  del TUIR, genera […] redditi di lavoro autonomo”.

A seguito di tale sentenza l’Agenzia delle Entrate è nuovamente intervenuta sull’argomento con la risposta n. 600 del 16.9.2021 con la quale ha chiarito che

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