Sono deducibili gli interessi di mora da tardivo pagamento di tributi?
di Fabio LanduzziAveva affrontato poco tempo fa la questione controversa relativa alla deduzione fiscale del costo sostenuto dalle imprese a fronte del pagamento degli interessi di mora dovuti in relazione al pagamento di tributi oggetto di accertamento; compiuto un excursus storico delle interpretazioni susseguitisi in dottrina, nella prassi ed in giurisprudenza nel corso di diverse decine di anni, avevamo osservato come apparisse prevalente e più ragionevole concludere in senso favorevole al riconoscimento della deduzione ai fini della determinazione del reddito imponibile Ires del costo in oggetto, e di come la deduzione fosse corretto che avesse luogo nel periodo d’imposta in cui il costo si manifesta con certezza.
È quindi da guardare con favore il chiarimento che, avallando questa interpretazione, viene fornito dall’Amministrazione Finanziaria in occasione della risposta ad interpello n. 541/2022.
Il caso che ha formato oggetto dell’interpello succitato riguarda una società che aveva subito un accertamento con cui le veniva contestata l’indetraibilità dell’Iva assolta su alcune fatture relative a prestazioni di servizi in quanto eccepite come “soggettivamente inesistenti”.
La vertenza era stata quindi definita mediante conciliazione giudiziale in cui, seppur riconoscendo la genuinità delle prestazioni, per una parte di esse era stata ammessa la indetraibilità della relativa Iva per l’impresa committente, sicché la società domandava chiarimenti in relazione alla deduzione ai fini Ires del costo sostenuto per il pagamento in sede conciliativa dell’Iva indetraibile e dei relativi interessi di mora.
Da una parte, l’Amministrazione non riconosce la deduzione del costo rappresentato dall’Iva indetraibile in quanto lo ritiene onere non avente una fonte oggettiva, bensì figlio di un comportamento erroneo tenuto dalle parti non coerente con il regime Iva applicato alle speculari operazioni attive; in sostanza, il costo rappresentato dall’Iva assolta sulle fatture in questione e resa indetraibile in sede di accordo conciliativo, non sarebbe deducibile in quanto onere che non rappresenta un “fattore produttivo dell’attività del soggetto”.
Con riguardo invece alla deduzione degli interessi dovuti per effetto del pagamento delle somme definite in sede di conciliazione, l’Amministrazione, a partire dai principi di cui alla risoluzione 178/E/2001, ricorda che gli interessi passivi, in quanto oneri generati dalla funzione finanziaria dell’impresa, sono assimilabili ad un costo generale non specificamente riferito ad una particolare attività aziendale, e né qualificabile come accessorio ad un particolare onere.
Ne deriva che la deducibilità degli interessi passivi, ivi inclusi quelli di cui si tratta, va determinata solo applicando le modalità indicate dal Tuir avendo riguardo al loro importo complessivo, e quindi prescindendo dal fatto aziendale che li ha generati, come pure senza che abbia rilevanza la deducibilità, o meno, del costo al quale sono in qualche misura collegabili (si veda anche Cassazione n. 12990/2007).
Gli interessi passivi che sono correlati alla riscossione e all’accertamento delle imposte non differiscono in nulla dagli oneri finanziari comunque collegati ad un ritardo nell’adempimento di un’obbligazione, con la conseguenza che anche questi rientrano nella disciplina generale prescritta per gli interessi passivi e gli oneri finanziari assimilati, assumendo perciò ai fini fiscali un trattamento separato rispetto a quello a cui soggiace il componente di reddito a cui afferiscono (ad esempio, l’Iva indetraibile ed indeducibile, come era nel caso di specie).
Richiamando i principi tratti dalla succitata sentenza della Cassazione, si sottolinea che gli interessi passivi correlati alle imposte, od alle maggiori imposte dovute in base alla liquidazione, al controllo formale della dichiarazione o anche all’accertamento, assolvono ad una funzione “compensativa” del ritardo nell’esazione, in quanto sono originati dal fatto oggettivo rappresentato dal ritardo con cui le somme entrano nelle casse dell’Erario rispetto a quanto sarebbe stato fisiologicamente previsto. Per questa ragione, anche tali interessi, vanno trattati in modo autonomo rispetto al regime fiscale a cui soggiace il tributo a cui afferiscono.
Ulteriore considerazione conclusiva è che, poiché gli interessi in parola non derivano evidentemente da un’operazione di finanziamento, essi non hanno una causa finanziaria; sicché agli stessi non sono neppure soggetti alla disciplina di cui all’articolo 96 Tuir, bensì sono integralmente deducibili secondo le regole generali di deducibilità del reddito d’impesa.
Quanto al periodo d’imposta in cui gli interessi si rendono deducibili, è chiarito che questo corrisponde al periodo in cui sono stati sottoscritti gli accordi conciliativi che ne hanno previsto il pagamento. Anche da questo punto di vista, quindi, si conferma che la deduzione avverrà in un’unica soluzione nel periodo in cui l’obbligazione di pagamento degli interessi si rende certa, come per effetto della sottoscrizione dell’accordo conciliativo, o ad esempio del perfezionamento dell’atto di adesione nel caso del procedimento di accertamento con adesione.